STORIE DAL MIO GARAGE

Cronache (vere, o ispirate dal vizio di scrivere) di una motociclista italiana emigrata dove i locali, se possono, se ne vanno altrove.


01 luglio 2012

Basta crederci.


In alto i nobili ideali: il sogno, l’ambizione onesta. La tenacia, un po’ di incoscienza, e l’impazienza di riuscire in qualcosa di forse “non previsto” nel mio curriculum “brevis” attuale  (che vede le donne di tutto il mondo come innanzitutto madri, per destino e predisposizione naturale, malgrado le apparenze che garantiscono un’evoluzione avvenuta), venerdì scorso ho fatto qualcosa.

G. Mélies. Voyage dans la lune, 1901.
Mi sono detta: “ma perché lasciar perdere?”. La grinta dello sguardo di Yvonnie Selma, contro la strada, mentre “finge” di guidare la “sua” motocicletta in Impatience, continua a forare la superficie incerta della vecchia pellicola su cui fu girato il film, 84 anni fa. Perché resistere a mantenere occulto per altri 84 anni il suo carattere, la sua esperienza onirica e reale allo stesso tempo, a tutti quelli che non l’hanno conosciuta come me, per caso, sullo schermo di un cinema d’essai, durante una retrospettiva cinematografica di second’ordine?

A quell’epoca mi dissi: “ci scrivo la tesi, e poi la pubblico”. Facile, ah! Quando ancora uno crede che il mondo vada per il suo corso ragionevole! In seguito, senza arretrare di un passo, continuai a dirmi: “Ok. Se il regista non interessa (secondo l’editoria ottusa, perché “sconosciuto in Italia”...MA COME SI FA A CONOSCERE GLI SCONOSCIUTI SE NON FACENDOLI CONOSCERE??), lavorerò solo sul secondo film: lo inserisco in un documentario sul valore simbolico della moto nel cinema, dalle origini”.
All’epoca, mi aiutò l’ex-fidanzato della fondatrice del sito delle motocicliste (WWW.MOTOCICLISTE.IT ), Paola Furlan. Dopo che un uomo gentile di cui nemmeno ricordo il nome, mi disse, in confidenza, che anche solo l’idea di un documentario fatto di frammenti di film sarebbe venuto a costare uno sproposito, e che non avrei trovato nessun mecenate a sostenermi, ripiegai con un certo orgoglio: “Vabbè. Allora scriverò un libro sullo stesso argomento”. Come “un lavoro di ricerca”, mi spiegò l’editore, Danilo, il che giustificava l’utilizzo di TUTTE le immagini, limitandone il formato alle dimensioni di un francobollo ognuna, dal cinema americano a quello italiano famoso, SENZA CHIEDERE i diritti d’autore.  Una procedura che, vista a distanza, non smette di farmi pensare che a noi italiani piace indiscutibilmente fare un po’ i furbi.

Ed ecco qua. 9 anni d’attesa, nessuna presentazione, una distribuzione pessima, ma Due ruote e una manovella nasce. Già defunto.

Ora, non potendo partecipare quest’anno, al Secondo Congresso su Moto e Cultura, in Colorado (altra storia di cui parlare..ma a parte), quest’anno “ho ripiegato” sul Festival del Cinema Ritrovato, a Bologna. Una meta più abbordabile, vicina, comoda..
Grazie a Linkedin -  bisogna essere giusti - ho saputo che ci sarebbe andata un’americana, Kristin Thompson dell’Università del Winsconsin che, anni fa, ha scritto anche lei del mio regista belga (l’unica a intuire che il poveretto si meritava d’essere citato anche solo con poche righe in un’eciclopedia di cinema). L’ho contattata, le ho chiesto un appuntamento, lei ha accettato. Miracolo...o perché è solo un’americana, colta ma meno arrogante di noi europei?
Poi, ho anche saputo che il direttore della Cineteca di Bruxelles, Nicola Mazzanti, avrebbe presentato un film, a Bologna. Ho provato a fare la stessa cosa con lui, ma qui, EH! È stato più difficile. Un europeo!!  La sua segretaria (o segretario, un nome fiammingo..non ho capito bene, e forse questa è stata la mia mancanza) dopo la prima mail si deve essere offesa/o , e non ha voluto più rispondermi. Dall’Italia nessun aiuto, ma mi hanno gentilmente detto di tentare un approccio, lì per lì, al Festival.

E così è andata. Un giorno diverso. Al Festival del Cinema Ritrovato di Bologna, edizione 2012: un evento bellissimo!! Una proiezione dietro l’altra, in quattro sale diverse, l’emozione di sentirsi spettatori del passato davanti a cortometraggi del 1912 (in omaggio al secolo trascorso) o a lungometraggi degli anni Venti con accompagnamento al piano dal vivo: capolavori dall’aspetto fragile, restaurati come si merita qualsiasi opera d’arte in qualsiasi campo. Perché il cinema PUÒ dar luogo a un’opera d’arte, anche se fin dall’inizio è stato definito come il passatempo della gente comune (già, è più facile guardare un film che leggere un libro).

Chaplin in "Mabel at the wheels", 1914.
Beh, è stato proprio come un “happy end” in una commedia: Kristin Thompson, intercettata tra un film e l’altro con la sua Coca Cola a tracolla, ha accolto sia l’idea di collaborare con me, nel caso il mio progetto di una prossima retrospettiva su Dekeukeleire, al Festival, venga accettato, che la possibilità di considerare l’eventuale pubblicazione di  Due ruote e una manovella negli Stati Uniti, tradotto e ovviamente aggiornato, dal momento che l’individuazione di una moto in un contesto filmico interessante, non smette d’essere un lavoro senza fine....
Altrettanto miracoloso è stato l’incontro con Mazzanti. L’ho tallonato e rincorso dopo la presentazione, ma quando gli ho chiesto un minuto del suo tempo m’ha detto di sì, e questo fa sempre piacere: che il “tempo” non sia sempre lui a decidere.
Anche lui ha accettato di leggere la versione francese del mio progetto di pubblicazione all’estero (L’Europa, in fin dei conti, sarebbe il mercato più plausibile, se solo trovassi qualcuno disposto a rischiare i costi). E si è detto disponibile a fare quanto necessario se l’idea della retrospettiva, vagliata il prossimo settembre, verrà accettata dalla commissione.

Tutto qui, tutto bene. Ho seminato. Ora vediamo se nascono delle piantine. Non escludo, ovviamente, che gli stessi potranno poi ritenere “superflua”, o un po’ paranoica perfino, la mia crociata sul valore simbolico della moto nel cinema, su un presupposto valore STORICO delle due ruote, coetanee del cinematografo, e nate con la stessa finalità, curiosamente: divertire la gente durante il tempo libero. Se sarà così, comunque, è problema loro. La motocicletta non è di per sé un argomento che attrae gli intellettuali, sebbene questa sia una forma sottile di “ignoranza intellettuale”..Ma io continuerò a provarci. E ripeto:  in alto i nobili ideali, di qualunque natura siano. Basta crederci.




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