STORIE DAL MIO GARAGE

Cronache (vere, o ispirate dal vizio di scrivere) di una motociclista italiana emigrata dove i locali, se possono, se ne vanno altrove.


21 luglio 2012

The Kids Are All Right (2010)



I ragazzi stanno bene. È il titolo di un film che è la mia ultima eccezionale scoperta tra gli aggiornamenti previsti su Due ruote e una manovella, quando qualcuno si degnerà di ripubblicarlo, in Italia o all’estero.
Eccezionale perché non solo compare una moto in maniera assolutamente non casuale, e non solo per cinque minuti o meno, ma perché la moto in questione è una vecchia BMW r75/5, sorella maggiore della mia /7 – indubbiamente più elegante in certi dettagli – nonostante la storia e l’ambientazione appartengano alla nostra epoca moderna, dove questa moto è considerata un modello d’epoca, molto meno “visibile” agli occhi dei giovani di una moto sportiva, per esempio, e della gente in generale, a meno che non sia appassionata di questo genere. Eppure, viene “proposta” proprio a due giovani dal suo pilota, e in maniera splendida.
Bisogna dire, per cominciare, che se gli Stati Uniti sono stati l’esempio negativo mondiale, per aver ispirato dagli anni 50-60 tutta la morale negativa sui motociclisti , da “Il Selvaggio”  in su, con tutti quei filmacci di serie B sui centauri  violenti, il loro contributo attuale, ugualmente sporadico, certo, e con film “minori” come questo (mai arrivato in Italia purtroppo...), sta ribaltando questa mia critica: da Stati Uniti, Sudamerica e Nuova Zelanda provengono nuovi esempi che riabilitano in gran parte il motociclista agli occhi della gente comune, etichettandolo almeno con formule meno negative, ora di “diverso” ora di “originale” o “avventuroso” o “coraggioso”, tutti valori positivi che spingono a un’osservazione sorridente, quando non ammirata.
L’Europa, dal canto suo invece, se alle origini del secolo 19 aveva saputo trasmettere attraverso il cinema il valore storico, la riconoscenza o l’amore per le due ruote, attraverso validi esempi, nell’attualità ha archiviato il tema fermandosi, appunto, ai cattivi esempi dell’America anni Sessanta...Una morale insita, intatta,  nei cervelli più ignoranti di oggi, e che trapela addirittura da certe notizie assurde di cronaca locale, come quella proposta dal Corriere stamattina, che parla di un incidente avvenuto a una donna di 35 anni, incinta di sette mesi, che guidava una Kawasaki e che ha tamponato un automobile....ma che razza di notizia è questa? Forse perché una donna incinta è dichiaratamente un’ incosciente o un’idiota perché guida una moto? O perché semplicemente si tratta di una donna alla guida di una moto potente?? Che disinformazione! Che ignoranza! E che moralismo...
Comunque, in questo film, guarda caso di una regista donna, Lisa Cholodenko, i figli adolescenti di una coppia di lesbiche, che li hanno partoriti, uno ciascuna, grazie all’inseminazione artificiale con lo sperma dello stesso donante (AHAH! Ecco perché non è arrivato in Italia! Non ha passato la censura vaticana, sicuro..), decidono di andare a caccia del loro padre. Lui è uno scapolo felice, bon viveur,  proprietario di un ristorante alternativo a Los Angeles, di una bella casa...e di una moto. Inizialmente stupito dalla richiesta della figlia maggiore, di incontrarlo insieme al fratello, diventa poi gradualmente un amico per  entrambi, che in un certo senso “maturano” un po' anche grazie al contatto con il suo modo d’essere, indipendente e libero. Ah! L'impazienza! Che motore! soprattutto quando uno è giovane!


Mi fermo qui, perché il film si può vedere su YouTube a chi interessa. Ci sono due grandissime interpreti femminili (Annette Bening e Julianne Moore), che in sé rappresentano la diversità così come la può rappresentare una moto come la r75 in un film moderno (per questo, la moto NON è un caso in questo film), e anche  l’attore, Mark Ruffalo,è piuttosto bravo, soprattutto come motociclista, a mio parere: sicuro di sé senza essere arrogante né effettista, guida bene e tranquillo la sua moto tranquilla, vestito giusto, e con la giusta espressione perfino, un'opportunità eccezionale per la ragazzina, che non potrebbe vivere meglio la sua prima esperienza in sella a una moto condotta da una persona che non la spaventa, ma gliela fa leggere come il suo destino, d'essere innanzitutto una persona libera, dentro.
Quando chiede ai ragazzi “Siete mai stati su una moto?” e loro gli dicono di no – una delle madri è contraria – lui risponde semplicemente “Che peccato! Non sapete quanto può essere divertente..”, una frase perfetta, applicata a questa  BMW...A me, almeno, ha fatto venire i brividi.

08 luglio 2012

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…Quanto tempo è passato?

Non un’esclamazione, ma una domanda, che normalmente, nel mio caso almeno, apre una pagina di seghe mentali. Del resto, quando ci vuole ci vuole.
On Any Sunday, 1970.
Quanto tempo è passato da quando mi si stampò nella mente, per sempre,  l’immagine di quell’amica di mio fratello, Antonella, mentre scuoteva la testa, sorridente, in sella alla sua piccola enduro, a Castagno d’Andrea, mentre una signora che passava di lì le chiedeva “Ma non hai paura?”. Pensai  solo “un giorno anch’io”, ma confesso che allora, forse, era soltanto perché mi inorgogliva l’idea di poter negare con lo stesso sorriso, a un estraneo, di avere paura.
Successe più o meno lo stesso quando vidi un’amica di una mia amica, a Castiglioncello, più o meno nello stesso periodo, mentre inforcava la sua due tempi da corsa. Provai un brivido, anche se la voce di quella moto, sentivo che non m’apparteneva, che non era quella che io avrei scelto per me. Già, ma quando? Quanto tempo è passato da allora?
On Any Sunday, 1970.
E quanto, esattamente, da quando il mio primo fidanzato mi propose di riconvertire la piccola eredità di mio nonno, un milione di di lire, in una Yamaha SR250, una moto facile con cui iniziare? E qui in parte sto mentendo, perché lo so bene che era il 1991, eppure centrarsi sulle date, a un certo punto, non serve più a stabilire le distanze. E questo fatto mi sembra ancora più remoto, se ci penso bene, forse perché quel mio fidanzato è morto tre anni fa, e i suoi 49 anni resteranno 49, e tra 7 io che ero più giovane di lui di 10 anni lo supererò, e sarò più vecchia di lui. Con un po’ di fortuna, morirò più vecchia e vivrò cose che lui ha potuto solo immaginarsi...Sì, i numeri mi hanno sempre confusa, bisogna dire anche questo.
Non racconterei nemmeno qui sul blog che oggi compio 42 anni se non fosse stata la rete a farmi sentire come non avrei mai voluto. 
Una volta ho scritto un articolo per Motociclismo Clásico, in Spagna,  su On Any Sunday. E mi venne spontaneo iniziarlo celebrando il fatto che il film risale all’anno in cui sono nata, e che anche solo per questo, io ritenevo di avere qualcosa di valido nel mio curriculum, già in partenza.... Nel 1970, Steve McQueen, con Malcom  Smith e l’altro pilota amico di cui ora non ricordo il nome, sono protagonisti di un’indimenticabile sequenza finale (in un film-documentario capolavoro) in cui giocano a rincorrersi tra le dune, sulle loro moto. Uno schiaffo al tempo, innanzitutto, alla morte. Un’omaggio a una giovinezza imperitura, a quella parte bambina che ci mantiene vivi, che mantiene vivi anche quelli che se ne sono andati, o che se ne andranno dopo aver vissuto con intensità. 
On Any Sunday, 1970
Beh, forse quella frase d'attacco, nel mio articolo, fu un po' egocentrica malgrado l'ironia...eppure ricordo che ero sicurissima di dover segnalare quella coincidenza fortuita, che era anche l'unica cosa che mi rendeva orgogoliosa del mio anno di nascita.

Ma per tornare al fatto: tre persone, oggi, mi hanno fatto gli auguri senza avermeli mai fatti prima, non perché non volessero, ma perché non sapevano. Come io non sapevo: che facebook segnala il compleanno dei suoi iscritti a chi figura nel proprio indirizzario, o come si chiama. Ma chi glielo ha chiesto?
Non sarebbe nemmeno una cosa da raccontare, se per l’appunto questi auguri non mi fossero arrivati prima di quelli delle persone (non me ne vogliano, gli altri..) che amo di più, per le ragioni più varie: impegni domenicali, frenesia, o problematiche più personali, che oggi mi fanno restare in attesa. 

Comunque, per me  è stata dura. Mi è rimbalzato più evidente che mai il fatto che questi nuovi sistemi nascono, tra gli altri motivi, per allontanare lo spauracchio della solitudine, il rischio di non sentirsi almeno un po’ importanti per qualcuno (illusione..). Purtroppo, e  non è colpa di queste persone tanto solerti ovviamente, io mi sono sentita più sola che mai.
E ho pensato al passato, perché di solito mi riconcilio con il tempo così, provando a me stessa che ho vissuto, e che malgrado i sacrifici e le fatiche attuali (meno moto, anche..) STO VIVENDO (cogli l’attimo, perché potrebbe non esserci il successivo).
La colpa, ho pensato, in fin dei conti è degli strumenti che via via abbiamo a disposizione. Il bianco e nero  dei vecchi film, per esempio, ne stabilisce un’età che solo apparentemente sembra rimontare a un sacco di tempo “prima” di quello effettivo. Stessa cosa per le foto: quanto più è vecchia la macchina, tanto più i soggetti dei dagherrotipi e poi delle “vecchie” foto di famiglia scavalcano le date e fanno pensare “quanto tempo è passato!” (esclamazione..non domanda).  Eppure, quelle persone che agivano nei primi film muti della storia, e anche dopo, i protagonisti dei film più amati in bianco e nero, non dovevano soffrire dubbi, fatiche e inquietudini tanto diverse dalle nostre, e questa è retorica. Comunque, i loro sentimenti non dovevano essere come il bianco e nero che li ha mascherati via via, da gente di un altro tempo, più seria (?), meno pazza o stupida (?), più inconsapevole, e questa forse è l’unica realtà, di quel che avrebbe combinato il progresso di lì a qualche anno.
 Ah! Per fortuna, almeno i miei genitori hanno battuto sul tempo i “facebookisti”, questa mattina. Mia madre perché è venuta a trovarmi da qualche giorno, e stamattina all’alba è uscita a raccogliere delle margherite per me. Mio padre perché ci ha raggiunti col fresco, già alle sette e mezzo, portando pasticcini per colazione. E quando mi hanno vista, senza troppi romanticismi ma un po’ per ridere, hanno rievocato la giornata per loro indimenticabile della mia nascita, come se fosse ieri. E la vecchiaia per un attimo gli è scivolata via di dosso. Gli anni sono sembrati uno scherzo.
Già, ma quanto tempo è passato?
Conservo in bella vista, nel mio soggiorno, una minuscola fotografia  di quando erano sposati da poco: mio padre ha gli sci ai piedi, mio fratello di forse 4 anni è sullo slittino accanto a loro, e sempre mio padre ” fa le corna” dietro la testa di mia madre mentre lei sorride, ignara. Il momento, l’atteggiamento, è prepotentemente attuale, ma la mancanza del colore invecchia inevitabilmente l’attimo. Quelle corna sono il dettaglio di una giovinezza e di un entusiasmo che travalicando “la tecnica” comunicano che il tempo, in fondo, è un mistero.


01 luglio 2012

Basta crederci.


In alto i nobili ideali: il sogno, l’ambizione onesta. La tenacia, un po’ di incoscienza, e l’impazienza di riuscire in qualcosa di forse “non previsto” nel mio curriculum “brevis” attuale  (che vede le donne di tutto il mondo come innanzitutto madri, per destino e predisposizione naturale, malgrado le apparenze che garantiscono un’evoluzione avvenuta), venerdì scorso ho fatto qualcosa.

G. Mélies. Voyage dans la lune, 1901.
Mi sono detta: “ma perché lasciar perdere?”. La grinta dello sguardo di Yvonnie Selma, contro la strada, mentre “finge” di guidare la “sua” motocicletta in Impatience, continua a forare la superficie incerta della vecchia pellicola su cui fu girato il film, 84 anni fa. Perché resistere a mantenere occulto per altri 84 anni il suo carattere, la sua esperienza onirica e reale allo stesso tempo, a tutti quelli che non l’hanno conosciuta come me, per caso, sullo schermo di un cinema d’essai, durante una retrospettiva cinematografica di second’ordine?

A quell’epoca mi dissi: “ci scrivo la tesi, e poi la pubblico”. Facile, ah! Quando ancora uno crede che il mondo vada per il suo corso ragionevole! In seguito, senza arretrare di un passo, continuai a dirmi: “Ok. Se il regista non interessa (secondo l’editoria ottusa, perché “sconosciuto in Italia”...MA COME SI FA A CONOSCERE GLI SCONOSCIUTI SE NON FACENDOLI CONOSCERE??), lavorerò solo sul secondo film: lo inserisco in un documentario sul valore simbolico della moto nel cinema, dalle origini”.
All’epoca, mi aiutò l’ex-fidanzato della fondatrice del sito delle motocicliste (WWW.MOTOCICLISTE.IT ), Paola Furlan. Dopo che un uomo gentile di cui nemmeno ricordo il nome, mi disse, in confidenza, che anche solo l’idea di un documentario fatto di frammenti di film sarebbe venuto a costare uno sproposito, e che non avrei trovato nessun mecenate a sostenermi, ripiegai con un certo orgoglio: “Vabbè. Allora scriverò un libro sullo stesso argomento”. Come “un lavoro di ricerca”, mi spiegò l’editore, Danilo, il che giustificava l’utilizzo di TUTTE le immagini, limitandone il formato alle dimensioni di un francobollo ognuna, dal cinema americano a quello italiano famoso, SENZA CHIEDERE i diritti d’autore.  Una procedura che, vista a distanza, non smette di farmi pensare che a noi italiani piace indiscutibilmente fare un po’ i furbi.

Ed ecco qua. 9 anni d’attesa, nessuna presentazione, una distribuzione pessima, ma Due ruote e una manovella nasce. Già defunto.

Ora, non potendo partecipare quest’anno, al Secondo Congresso su Moto e Cultura, in Colorado (altra storia di cui parlare..ma a parte), quest’anno “ho ripiegato” sul Festival del Cinema Ritrovato, a Bologna. Una meta più abbordabile, vicina, comoda..
Grazie a Linkedin -  bisogna essere giusti - ho saputo che ci sarebbe andata un’americana, Kristin Thompson dell’Università del Winsconsin che, anni fa, ha scritto anche lei del mio regista belga (l’unica a intuire che il poveretto si meritava d’essere citato anche solo con poche righe in un’eciclopedia di cinema). L’ho contattata, le ho chiesto un appuntamento, lei ha accettato. Miracolo...o perché è solo un’americana, colta ma meno arrogante di noi europei?
Poi, ho anche saputo che il direttore della Cineteca di Bruxelles, Nicola Mazzanti, avrebbe presentato un film, a Bologna. Ho provato a fare la stessa cosa con lui, ma qui, EH! È stato più difficile. Un europeo!!  La sua segretaria (o segretario, un nome fiammingo..non ho capito bene, e forse questa è stata la mia mancanza) dopo la prima mail si deve essere offesa/o , e non ha voluto più rispondermi. Dall’Italia nessun aiuto, ma mi hanno gentilmente detto di tentare un approccio, lì per lì, al Festival.

E così è andata. Un giorno diverso. Al Festival del Cinema Ritrovato di Bologna, edizione 2012: un evento bellissimo!! Una proiezione dietro l’altra, in quattro sale diverse, l’emozione di sentirsi spettatori del passato davanti a cortometraggi del 1912 (in omaggio al secolo trascorso) o a lungometraggi degli anni Venti con accompagnamento al piano dal vivo: capolavori dall’aspetto fragile, restaurati come si merita qualsiasi opera d’arte in qualsiasi campo. Perché il cinema PUÒ dar luogo a un’opera d’arte, anche se fin dall’inizio è stato definito come il passatempo della gente comune (già, è più facile guardare un film che leggere un libro).

Chaplin in "Mabel at the wheels", 1914.
Beh, è stato proprio come un “happy end” in una commedia: Kristin Thompson, intercettata tra un film e l’altro con la sua Coca Cola a tracolla, ha accolto sia l’idea di collaborare con me, nel caso il mio progetto di una prossima retrospettiva su Dekeukeleire, al Festival, venga accettato, che la possibilità di considerare l’eventuale pubblicazione di  Due ruote e una manovella negli Stati Uniti, tradotto e ovviamente aggiornato, dal momento che l’individuazione di una moto in un contesto filmico interessante, non smette d’essere un lavoro senza fine....
Altrettanto miracoloso è stato l’incontro con Mazzanti. L’ho tallonato e rincorso dopo la presentazione, ma quando gli ho chiesto un minuto del suo tempo m’ha detto di sì, e questo fa sempre piacere: che il “tempo” non sia sempre lui a decidere.
Anche lui ha accettato di leggere la versione francese del mio progetto di pubblicazione all’estero (L’Europa, in fin dei conti, sarebbe il mercato più plausibile, se solo trovassi qualcuno disposto a rischiare i costi). E si è detto disponibile a fare quanto necessario se l’idea della retrospettiva, vagliata il prossimo settembre, verrà accettata dalla commissione.

Tutto qui, tutto bene. Ho seminato. Ora vediamo se nascono delle piantine. Non escludo, ovviamente, che gli stessi potranno poi ritenere “superflua”, o un po’ paranoica perfino, la mia crociata sul valore simbolico della moto nel cinema, su un presupposto valore STORICO delle due ruote, coetanee del cinematografo, e nate con la stessa finalità, curiosamente: divertire la gente durante il tempo libero. Se sarà così, comunque, è problema loro. La motocicletta non è di per sé un argomento che attrae gli intellettuali, sebbene questa sia una forma sottile di “ignoranza intellettuale”..Ma io continuerò a provarci. E ripeto:  in alto i nobili ideali, di qualunque natura siano. Basta crederci.