tag:blogger.com,1999:blog-50340823707906914282024-03-14T08:52:47.823+01:00Storie dal mio garage, in AsturiaMarina Cianferonihttp://www.blogger.com/profile/13344447795654523402noreply@blogger.comBlogger30125tag:blogger.com,1999:blog-5034082370790691428.post-45274918110534383552017-04-25T16:26:00.001+02:002017-04-25T16:36:20.720+02:00IN MEMORIA<div style="text-align: justify;">
La notizia che ieri a 88 anni è morto l'autore di "Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta" mi spinge a dedicare qualche pensiero ad un tema spinoso come è quello dei <b>motociclisti filosofi....</b> Mi è sempre andata male quando, negli anni passati, ho voluto comunicare ad altri motociclisti come me la passione per questo libro: sono stata attaccata, presa in giro, messa in ridicolo e infine, liquidata, da persone che ritenevano il mio approccio al libro in questione, tipico della gente arrogante, intellettualoide e che si crede d'essere chissà chi. Ero motociclista: cosa altro pretendevo di dimostrare a parte il mio saper stare in equilibrio? A parte il mio saper "scorrere" sulla strada, da chi pretendevo di voler essere seguita? Che mi limitassi a guidare!</div>
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<a href="https://4.bp.blogspot.com/-5lATF-EnVWY/WP9cJG3CX4I/AAAAAAAAAVo/ra1PDMbewUIYmBr06l7cP3dLpc262wjhQCLcB/s1600/20170425_145504.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" src="https://4.bp.blogspot.com/-5lATF-EnVWY/WP9cJG3CX4I/AAAAAAAAAVo/ra1PDMbewUIYmBr06l7cP3dLpc262wjhQCLcB/s400/20170425_145504.jpg" width="400" /></a></div>
Il libro di Pirsig è stato per la maggior parte di chi lo ha letto, almeno in Italia, una gran delusione. Dal titolo (sorvolando sullo "Zen": tre lettere che, volendo, possono anche essere trascurate da chi non ha particolare affinità o simpatia con le filosofie orientali) i più si aspettavano un solido romanzo sull'amore che lega un essere umano ad una macchina con due ruote e un motore. Sbagliato. Dopo le prime dieci pagine è chiaro, anzi chiarissimo, che non siamo davanti ad un libro SULLA MOTOCICLETTA, su quanto è bello andare in moto o su quanta soddisfazione si tragga dal fare manutenzione alla propria moto...Pirsig parla a lungo anche di questo, sulle insidie nascoste nei libretti d'istruzione e nei manuali di manutenzione in genere, ma lo fa prendendo questo spunto per parlare anche d'altro: di filosofia, di sé, della vita e della morte, della follia, della Qualità...il tutto durante un <i>coast to coast</i> negli USA con un figlio di nove anni al seguito. Le descrizioni del viaggio - svelti e intensi paragrafi che parlano di cambi di rotta su strade secondarie, di bufere improvvise, camping improvvisati eccetera - in certi punti sono una vera e propria pausa rilassante dalla difficoltà di lettura del resto del libro, e a volte uno non vede l'ora che venga la successiva.</div>
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Già, perché il romanzo di Pirsig è bello complicato: è un libro su cui c'è da rompersi la testa. È anche inquietante, soprattutto quando salta fuori l'ombra del protagonista che si scopre essere il suo passato di malato di mente che torna, a ondate, a insidiare la (relativa) normalità del presente, spingendolo a rimettere tutto in discussione, viaggio compreso.</div>
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E tanti motociclisti "poco abituati a leggere", tanto per usare un'espressione blanda, che non susciti nuove polemiche in questo nuovo mondo di permalosi, dopo quelle fatidiche 10 pagine lo hanno mollato e tanti saluti, conservando il ricordo di un'emerita fregatura.</div>
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Ora...dovremmo metterci in causa noi tutti, i motociclisti filosofi voglio dire, intellettuali o pseudo-intellettuali che, a suo tempo, lo abbiamo sbandierato come IL libro per chi si riteneva un VERO motociclista...perché anche noi eravamo lontani dall'averlo capito del tutto, e ancora lo siamo. Potevamo avere ammesso con gli altri che, sì, in effetti non era proprio un libro semplicissimo, e che in certi momenti la lettura ci era costata uno sforzo notevole. Io, da parte mia, confesso di avere a suo tempo persino saltato qualche pagina la prima volta, tanto il significato in quel punto mi era ignoto, e la lettura frustrante.... C'è da dire però, che quel che difendevamo allora era semplicemente la percezione di aver avuto tra le mani un libro differente, che per la prima volta suggeriva la possibilità che la vita potesse essere compresa ANCHE ATTRAVERSO la moto; o l'illusione di aver capito qualcosa di unico che Pirsig aveva deciso di trasmettere a noi MA ANCHE a chi di moto non se ne intendeva per nulla e magari non ne avrebbe mai guidato una: un modo di guardare la vita, forse; un modo d'essere <i>nella</i> vita, forse...un modo meno superficiale, più consapevole, più più più..."pensato".</div>
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E comunque: forse che abbiamo trovato qualche umile collega che, prima, dopo o durante un giro in moto ci ha chiesto: "Spiegami meglio. Cosa vuoi dire? Cosa credi che abbia voluto dire, il professore?" (Pirsig era professore; un'occupazione in genere non amata dai motociclisti ex-ultimi della classe). No, almeno io non ho mai incontrato un motociclista anche solo minimamente curioso di scandagliare un po' più le difficoltà oggettive di lettura di questo romanzo.</div>
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E in effetti , QUESTA è stata anche la fregatura, secondo me. Perché chissà, in due magari ce l'avremmo fatta a capire, e dopo saremmo andati avanti appaiati, senza più smettere d'imparare l'uno dall'altro...Utopie. Ma lasciamo perdere.</div>
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Oggi, io sento di dovergli tantissimo, a Robert Pirsig, 88enne morto nel Maine come un quasi sconosciuto...Non solo il libro in sé, gelosamente custodito tra i libri di e sulla moto, romanzi, saggi, biografie...ma tutto un modo d'essere che, ripeto, ritengo di aver solo lontanamente percepito dalle sue riflessioni di allora.</div>
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...Come per esempio la scelta ostinata di muoversi sulle strade secondarie, nel suo caso, alla scoperta dell'America. Io potrei dire oggi "alla scoperta dell'Asturia"...È SEMPRE meglio muoversi sulle secondarie, perché lì sta la vita vera, gli imprevisti e gli incontri più autentici; perché dove nessuno sceglie di andare se non per sbaglio, la strada è sgombra tanto per guidare come per pensare. Grazie, Pirsig.</div>
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...O come anche l'importanza degli attrezzi con cui procedere ad una riparazione o correzione o messa a punto del proprio mezzo. E parlo, sottolineo, da quasi ignorante in materia. Rispetto il principio però: che gli attrezzi sono l'unica cosa di cui disponiamo PER RAGIONARE. Fanculo al libretto d'istruzioni, quello è fatto per non capire. No: ho degli attrezzi a disposizione, penso e agisco...Magari passo due ore IN CONTEMPLAZIONE, MEDITANDO...guardando la moto finché le risposte iniziano ad arrivare. E qui sta lo Zen; quelle tre letterine tanto trascurate, che per Pirsig avevano importanza dopo aver studiato la filosofia indu e vissuto in Oriente...Ho risolto più paragrafi io finora dei miei libri, restando a meditare di fronte ad una spiaggia asturiana, lavorando dentro di me, che un meccanico vero nella sua officina! Lavorare mentalmente, autonomamente, coi propri strumenti a disposizione, è la chiave per risolvere qualunque guasto. Ma dirò di più: a volte semplicemente l'atto di stare a guardare la mia moto da vicino mi è servito a capire meglio me stessa.</div>
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E poi c'è la Qualità....le sue parole: che tutti sanno cos'è e quindi nessuno lo sa. Cioè, che tutti credono di sapere il significato della parola "qualità" ma in realtà non è con il significato che si impara a vivere..La Qualità va cercata, costantemente. A volte ci sfugge, altre la intravediamo ma non possiamo raggiungerla. Altre ancora ci imbattiamo in essa, e di botto ci viene la voglia di mandare tutto il resto a quel paese pur di perseguirla, pur di farne lo scopo della nostra vita.</div>
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Ci vogliono anni per prendere il ritmo, e poi si va avanti così: alla ricerca costante della Qualità con la Q maiuscola. Mi chiedo se lui l'abbia raggiunta, alla fine...prima di precipitare nei problemi di salute inevitabili con la vecchiaia, e che alla fine hanno avuto la meglio. Anche se l'importante, in fondo, credo sia raggiungere delle "vette" di qualità; singoli momenti irripetibili che sommati gli uni agli altri nei casi migliori arrivano a ricostruire una vita all'insegna della Qualità. Ecco. Un momento per me, è stato la lettura di questo libro unico: l'incontro con il primo motociclista filosofo della mia vita che, da lì, mi ha sgombrato la strada, e spinto a procedere dando gas. Di testa, anche.</div>
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<br />Marina Cianferonihttp://www.blogger.com/profile/13344447795654523402noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5034082370790691428.post-64977423188425777332017-02-01T22:02:00.000+01:002017-02-01T22:51:56.444+01:00Cerotti/Parches<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-2nEaucXD7nE/WJJJHCiZsJI/AAAAAAAAAVU/8_BTYjvWg_8ABaRQ0SZnIGzmjtXHejwyACEw/s1600/pic%2Bnic%2B8.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="360" src="https://3.bp.blogspot.com/-2nEaucXD7nE/WJJJHCiZsJI/AAAAAAAAAVU/8_BTYjvWg_8ABaRQ0SZnIGzmjtXHejwyACEw/s640/pic%2Bnic%2B8.jpg" width="640" /></a></div>
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Uno che non ”tiene famiglia”, come invece è il mio caso, e non ha vissuto lo stress e il collasso economico da trasloco-internazionale-in Asturia dopo 3-anni-di restauro-casa semi-distrutta, non può capire. Ci sono momenti, periodi, in cui il suddetto (o la suddetta, in questo caso io) può scordarsi della musica. Sembra una sciocchezza, ma non lo è. Solo e solamente la musica alleggerisce l’animo, e fa sembrare tutto come un gioco: sopportabile, superabile, meglio di quel che è o comunque sia, peggio ma interessante, bello, strano, buffo, misterioso..A volte penso che le coglionate di tanti politici sono così immense perché le compiono senza ascoltare musica...Donald Trump non avrebbe mai potuto impedire l’ingresso negli USA alla gente islamica se un consigliere premuroso gli avesse messo un sottofondo di Bach mentre si apprestava a firmare: Bach non appartiene a questo mondo, compone su un piano mistico quasi, e gli avrebbe quantomeno ricordato la pietà, la com-prensione..O se lo stesso consigliere caritatevole gli avesse messo a tradimento “What a wonderful world” di Louis Armstrong mentre blaterava con la Merkel al telefono: sono convinta che avrebbe cambiato tono, che avrebbe sdrammatizzato..E se i politici italiani ascoltassero ogni tanto qualche quintetto di Boccherini o Ella Fitzgerald, non lascerebbero tanto a lungo i terremotati senza casa. Comunque, le mie sono solo opinioni. Ipotesi.<br />
Nel mio caso non importa il genere, e dipende dai momenti. A volte è la classica a riportarmi a galla o a farmi scoppiare in un pianto liberatorio, a volte la moderna, il jazz o il punk o il post-punk o, e veniamo a noi, il rock...<br />
Oggi, dopo il lavoro e durante la pausa-pranzo (lavoro in casa e quindi mi impongo auto-disciplina, ore di lavoro e ore di pausa. Lo faccio seriamente, ma a volte penso che non incontrerei un capo migliore di me, soprattutto pensando che il “lavoro”, quando non si tratta di scrivere articoli per riviste di moto, è solamente...scrivere per me. Ma anche questo, chi non lo sa, non può capire quanto sia “lavoro”). Comunque, dicevo, durante la pausa-pranzo, particolarmente soddisfatta del risultato mattutino, decido di preparare rapidamente un impasto per i biscotti prima di rimettermi sotto, e RICORDO improvvisamente che POSSO – beata solitudine, benedetta scuola..._ ASCOLTARE MUSICA, che NE HO, TANTA...<br />
Corro verso l’apparato, i dischi, i CD, l’amplificatore e il giradischi di mio nonno, la radio anni ‘70 miracolosamente funzionante, e rapidamente, anche troppo, scelgo, come per paura di cambiare idea o che qualcosa me la faccia cambiare, che so, una telefonata dalla scuola...Afferro l’astuccio polveroso di una “compilation” anni sessanta auto-prodotta, cioè, registrata in casa: la colonna sonora di “Scorpio Rising”. Volume alto, senza limiti. Tanto nessuno mi sente, qui nel concejo di Valdés: non ho vicini né sopra né sotto né accanto, uno dà noia soltanto alle mucche, non c’è un’anima in giro, e le poche alla giusta distanza.<br />
Torno in cucina. Impasto...burro zucchero uova...La melodia inizia a circolare nell’aria, insieme ai ricordi. Mi ricordo che questa musica l’ascoltavo di continuo in Italia i mesi prima di partire, guidando il mio vecchio maggiolone blu con cui andavo a prendere Matilde all’asilo. Cantavo, e cantava anche la bimba, a gola spiegata insieme a me, ridendo, ed io le mimavo le frasi in inglese per fargliele capire, o gliele traducevo al volo: come “<i>I don’t know much about History, I don’t know much about Biology..”</i>; da “<i>Hit the road Jack, don’t you come back no more no more no more no more...” </i>a “<i>Blue Velvet</i>” a “<i>Love is like a Heat Wave”</i> a “<i>My boy friend’s back</i>”, battendo contro il volante il ritmo incredibile di “<i>Wipe out</i>” dei Surfario.<br />
Eravamo sul maggiolone, ma avremmo potuto essere in moto tranquillamente, tanto un senso di libertà e di sfrenata allegria dilagava letteralmente nell’abitacolo sgangherato color crema... E lei no, ma io sì: immaginavo di arrivare in Spagna, quell’estate, carica di energie da scoppiare, e di imbiancare e di finire il pavimento e il garage - futuro santuario mio e di Juan - a suon di musica, e di cucinare ovviamente, senza mai annoiarmi. La nostra avventura. La nostra fantastica avventura. Senza schizzi sui parafanghi. Neanche uno.<br />
Beh, oggi che è un giorno buono, ammetto che tanto male non mi è andata, in definitiva. Non mi posso lamentare nonostante quasi tutto sia ancora a gambe all’aria. E la musica mi raggiunge in cucina, fluida: penetra in profondità, e all’improvviso sento che me la sto sparando come una droga in vena, ma cos’è? Ah, è MU-SI-CA...”<i>mano de santo</i>” come si dice qui. Lentamente inizio a muovere i fianchi come non mi ricordavo di saper fare...Poi mi scateno: ballo, canto e ringrazio me stessa che posso ancora muovermi senza che mi vengano i crampi, e il movimento sale sale sale...Sono in moto, la stessa danza, ma tra le curve! E non ho mai guidato così bene (<i>yeees. “You look like an Angel”...but “You are a devil in Disguise!”</i>) E mi scateno, mi scateno: un occhio alla ricetta e una corsa a rimettere lo stesso brano di Elvis, che è proprio come una droga, perché ORA non mi stancherei MAI di ascoltarlo. Né m’importa di nient’altro al mondo. Quando prendo il vaso con la farina sulla madia sento che lo potrei tirare in cucina, come un <i>fresbee</i>...Mi trattengo, prendo, peso, verso, giro giro giro (corsa a rimettere..), poi lancio un legno nella stufa (centrando l’imboccatura, sportivamente, così..). Poi afferro un limone, per grattugiare la scorza. Lo tiro per aria come un giocoliere consumato, e vorrei poterne avere sei o sette per fare quel giochetto che ho sempre invidiato a chi lo sa fare...Corro: otra vez. Lo mismo. E vai! Idem come sopra: ballo, canto, ancheggio, finché con la coda dell’occhio non vedo un colore mescolarsi all’impasto, che d’istinto so che non può appartenere alla mia ricetta. Sto sanguinando. MERDA! Mi son tagliata con la grattugia! Mi son grattugiata il dorso del pollice! L’esaltazione lì per lì si trasforma in agitazione. Aiutooo! Tetano? No, sono vaccinata ancora per due anni. A malincuore lascio l’impasto e lascio che la musica corra, che il sangue coli; schizzo su per le scale, in bagno, a mettermi un cerotto. Quando arrivo su mi sento tutta allegra, di nuovo, sarà il sole che ho visto invadere la galería dalle vetrate... E continuo a cantare, e non perdo tempo a disinfettarmi perché voglio mettere di nuovo quel pezzo di Elvis che oggi mi fa sentire come se non avessi un problema al mondo, o come se quelli che ho fossero risibili sciocchezze. È bello ridimensionare ogni tanto. È terapeutico, bisogna farlo. Scendo saltellando come un’imbecille; telecomando (solo il lettore CD, di tutto l’impianto stereo, è roba moderna) e rimetto il pezzo di prima. Poi torno in cucina per terminare l’opera e metterla in frigo. Il tempo sta scadendo, lo so: l’arrivo del pulmino della scuola alle quattro e mezzo è il ponte levatoio che si alza; significa la fine della Libertà, e l’inizio della Pazienza, il riavvio di un’altra dimensione non sempre musicale; inconcepibile a volte, gradevole ma anche sgradevole. Chi non lo sa non può sapere, e la finisco qui.<br />
Ma poi, all’improvviso, lo sguardo mi ricade sulla mano ferita. E non posso credere ai miei occhi: mi son messa senza pensare un cerotto di mia figlia...di quelli con le figurine, tutti a colori; me lo sono messa convinta, forse d’essere io quella bambina. Almeno per oggi. Sopra c’è un giocatore di baseball su fondo giallo, che si appresta a lanciare la palla con espressione baldanzosa..Fin dove arriverà? Lo applaudiranno? Mi applaudiranno?<br />
Ecco. Volevo solo dire questo: cosa non riesce a fare, la musica.<br />
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<b>Parches.</b><br />
Quien no tiene familia ni ha vivido el estrés y el colapso económico que viene con una mudanza internacional Italia–Asturias después de tres años de restauración de una casa hecha un desastre, no me puede entender. Hay momentos, periodos, en los que esta persona (yo, en este caso) puede olvidarse de la música. Parece una tontería, pero no lo es. Únicamente la música aligera el alma, sugiriendo la idea de que todo sea como un juego: soportable, temporal, mejor de lo que es o en cualquier caso peor pero interesante, raro, extraordinario, misterioso…A veces pienso que las gilipolleces de muchos políticos resultan tan enormes porque las cumplen sin escuchar música…Donald Trump nunca hubiera podido rechazar de EE.UU la gente de Islam si un colaborador amable le hubiera metido algo de Bach en trasfondo mientras estaba firmando: Bach no pertenece a este mundo, compone en plan místico casi, y al menos le hubiera sugerido la piedad o la comprensión…O si el mismo consejero caritativo se hubiera atrevido en meterle sin avisar “<i>What a wonderful world</i>” de Louis Armstrong mientras amenazaba indirectamente la Merkel por teléfono, estoy convencida que hubiera dicho algo diferente o hubiera al menos modificado el tono. Aunque estas son solo opiniones mías. Hipótesis.<br />
En mi caso no importa el genero, o depende de los momentos. A veces es la música clásica la que me tira para arriba o hace que explote en un llanto liberatorio, a veces la moderna: jazz, punk, post-punk o, y de eso voy a hablar, el rock...<br />
Hoy, después del trabajo y durante la pausa para comer (trabajo en casa y me impongo cierta auto-disciplina : horas de trabajo y horas de pausa. Soy bastante implacable y a veces pienso que nunca encontraría un jefe mejor, sobre todo pensando que mi trabajo consiste en escribir artículos para revistas de moto o…en escribir para mi misma, aunque esto también no lo puede entender cualquiera si le digo que es trabajo de verdad, y muy duro. De todas formas, decía, después de comer, como me sentía satisfecha por cómo había ido la mañana, he decidido preparar rápidamente una masa para galletas antes de subir otra vez al estudio. De repente, ME ACUERDO que pues PODRÍA – beata soledad, escuela bendita - PONERME A ESCUCHAR MÚSICA…y que TENGO MUCHA…<br />
Deprisa corro hacia el mueble donde tengo discos, CD, el amplificador y el tocadiscos de mi abuelo, una radio de los años ‘70 que funciona de milagro y siempre corriendo –demasiado incluso - elijo, como por miedo de cambiar de idea o que algo me la haga cambiar, no sé, una llamada del cole…Agarro el involucro polvoriento de una recopilación casera de los años Sesenta: la banda sonora de “Scorpio Rising”. Volume alto. Sin limites. Total: ninguno me oye aquí; no tengo vecinos ni arriba ni abajo ni a lado, puedo molestar solo a las vacas y a ellas no le importa nada lo que hago.<br />
Vuelvo a la cocina y empiezo a amasar…mantequilla azúcar huevos..La melodía vuela por el aire y me trae recuerdos. Me acuerdo que esta banda en particular la escuchaba continuamente en Italia, dos meses antes de irme mientras conducía mi antiguo escarabajo azul hacía la guardería adónde iba para recoger a Matilde. Cantaba, y cantaba la niña también, en voz alta conmigo, riéndose, y yo le mimaba las frases en inglés para que ella las entendiera un poco o se las traducía improvisando: frases como “<i>I don’t know much about History, I don’t know much about Biology.</i>.”; o como “<i>Hit the road Jack, don’t you come back no more no more no more no more...</i>”, o aún como “<i>Blue Velvet</i>” , “<i>Love is like a Heat Wave” , “My boy friend’s back</i>”, a veces golpeando solo la mano contra el volante según el ritmo increíble de “<i>Wipe out” </i>de los Surfario.<br />
Estabamos dentro del escarabajo, pero hubiéramos podido tranquilamente estar a lomo de mi BMW por el sentido de libertad y la loca alegría que salía de nosotras llenando literalmente el habitáculo destartalado de color crema… Y la niña no, pero yo si: me imaginaba llegar a España, aquel verano, cargada de energías como para explotar, y pintar las habitaciones, acabar el suelo o arreglar el garaje –futuro santuario mío y de Juan - escuchando música, cocinando incluso con música, sin aburrirme nunca. Nuestra aventura. Nuestra fantástica aventura. Sin salpicaduras en los guardabarros. Ni una.<br />
Pues y como hoy es un día de los buenos puedo admitir que no ha ido tan mal todo…que no me puedo quejar, que debería estar contenta a pesar de que mucho haya todavía que arreglar. La música me alcanza, en la cocina, fluida, penetra en profundidad, y de repente siento como si me la estuviera disparando en una vena, como una droga..pero ¿QUÉ ES? Ah..es música…”mano de santo”. Y poco a poco empiezo a mover las caderas de una forma como no pensaba ser capaz ya …Luego acelero: bailo, canto y doy las gracias a mi misma porque puedo todavía moverme sin tener calambres y las notas suben suben suben…Estoy en moto, pilotando el mismo baile pero ¡entre curvas! Y nunca he ido tan bien (<i>yeees. “You look like an Angel”...but “You are a devil in Disguise!”</i>). Bailo con mucha energía, ritmo: un ojo en la receta y una carrera hacia el aparato para meter otra vez y otra vez la misma canción de Elvis ya que es exactamente como una droga, ya que AHORA no me cansaría NUNCA de escucharla. Ni me importa de nada más en el mundo. Cuando agarro el bote de harina sobre la dispensa, siento que podría <i>tirarlo</i> hacia la cocina, como un <i>fresbee</i>..Me resisto (es de porcelana). Lo cojo, mido, echo y giro giro (corro hacia el aparato) luego <i>lanzo</i> un trozo de madera dentro de la cocina de leña (así, y acierto la boca…). Luego cojo un limón para rallar la piel. Este también lo lanzo en el aire y de repente desearía tener seis o siete para jugar a aquel juego que siempre me ha dado envidia en los acróbatas…Corro…otra vez; lo mismo. Bailo, canto sin cesar, moviendo las caderas, hasta que con el rabillo del ojo veo un color mezclarse con la masa e instintivamente sé que no se trata de un ingrediente…Estoy sangrando. ¡MIERDA! ¡Me he cortado con el rallador! ¡Me he rallado el pulgar por arriba! La exaltación se convierte por un momento en agitación. <i>¡Socorro! </i>¿Tetano? No. Estoy cubierta por la vacuna todavía un par de años. A regañadientes dejo la masa y dejo que la música siga y que la sangre se derrame; vuelo hacia arriba por las escaleras, hacia el baño para meterme un parche. Subiendo ya estoy otra vez alegre quizá porque he divisado el sol que a esta hora invade la galería…Así que sigo cantando, y no pierdo tiempo en desinfectarme porque quiero meter otra vez aquella canción de Elvis, la que hoy hace que me sienta sin un problema o como si los que tengo fueran nada, una broma. Hay que redimensionar las cosas de vez en cuando. Es terapéutico, fundamental. Bajo saltando como una imbecil; cojo el mando a distancia (sólo el lector de CD, de todo el aparato, es algo moderno) y meto mi canción. Luego vuelvo a la cocina para terminar la obra y meterla en la nevera. El tiempo está acabándose, lo sé. La llegada del autobús del cole a las cuatro y medio es el puente levadizo que sube: significa el fin de la Libertad y el principio de la Paciencia, el reanudarse con otra dimensión no siempre musical; difícil de entender a veces, agradable pero incluso desagradable. Quien no lo sabe no lo puede saber, y aquí me paro.<br />
Pero en un momento la mirada se me cae en la mano herida. Y no puedo creer en lo que veo: me he metido sin pensar un parche de mi hija…de estos que tienen figuritas, de colorines..Me lo he metido convencida…quizá de ser yo aquella niña. Al menos hoy. Encima se ve un jugador de baseball en campo amarillo, mientras se prepara para lanzar y tiene una expresión gloriosa… ¿Hasta dónde llegará? ¿Le aplaudirán? ¿Me aplaudirán?<br />
Solo esto quería decir: lo que puede hacer la música, hombre...<br />
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<br />Marina Cianferonihttp://www.blogger.com/profile/13344447795654523402noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5034082370790691428.post-37972930970966593712016-12-23T23:15:00.000+01:002016-12-23T23:15:13.917+01:00Racconto di Natale - Cuento de Navidad<!--[if gte mso 9]><xml>
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<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<div align="center" class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">RACCONTO DI NATALE</span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">Di punto in bianco avevamo deciso
di andare a pranzo al nostro ristorante preferito, en La Malleza. Una vigilia
natalizia alquanto intima, la seconda in Asturia: soltanto Juan, io, e “la
niña”. Veramente, un motivo in più per uscire un pre-festivo e recarsi in un
posto a quaranta minuti buoni da casa, con la bimba appresso, che ogni dieci
minuti non avrebbe fatto che ripetere: “Papi, quanto manca per arrivare?”,
c’era. Sarebbe stato il giro inaugurale sul nostro nuovo, fantastico mezzo: una
Chrysler Voyager, tutt’altro che nuova, del ’91, comprata per pochi spiccioli,
revisionata, gommata e poco più, tutta da provare per <i style="mso-bidi-font-style: normal;">provare</i> a noi stessi, i pazzi, motoristicamente parlando, d’aver
fatto l’ennesimo acquisto ragionevole: una macchina che avrebbe condensato
l’indole viaggiatrice, elegante e veloce dell’acquattata e potente Volvo T5R che
stavamo per vendere, e la capienza generosa del furgone Transporter appena
venduto, che dal 2007 ci era servito sia per caricare moto (e sogni), che come
una stanza in più quando stavamo in Italia, vivendo noi, all’epoca, in una
colombaia, come la chiamava mia madre, di 50 metri quadri...</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">E poiché avevo il ricordo di un
percorso alternativo suggerito da <i style="mso-bidi-font-style: normal;">google
maps</i> come il più rapido, prima di partire, già in macchina, avevo dato
un’occhiata alla cartina, così, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">en
passant</i>. In effetti, anche la carta indicava un bivio a destra in località
Arcallana, sulla AS222, a circa 5 Km da casa: una secondaria o terziaria che puntava
giusto contro le pale eoliche di Salas, scollinando direttamente a La Malleza
dalla quale, in effetti, ci separa in linea d’aria solamente una delle tante
onde convertite in solide colline di sempreverdi, che sembrano staccarsi
direttamente dal mare vivo della costa asturiana.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">Il pensiero di una strada mai
vista su cui mettere gli pneumatici ci ha solleticato subito, con tutta la
curiosità da giovani esploratori ancora relativamente nuovi di questa regione,
non più così giovani magari, ma alquanto sognatori sì, e incoscienti senza
volere; costretti alle quattro ruote per spostarsi in inverno, e con prole al
seguito, va bene, ma essendo in due, faceva un paio di ruote a testa, dopotutto,
e si fa presto a sentirsi comunque motociclisti nell’anima...E così, avevamo
deciso senz’altro di inaugurare macchina e strada lo stesso giorno; tra
l’altro, con un sole splendente – di quei pomeriggi che chiamano a sentirsi
tutt’uno con il paesaggio – e sentendoci i furbi della situazione, dal momento
che secondo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">google maps</i>, quella rotta
ci avrebbe risparmiato quasi venti minuti di strada. Il pensiero di degustare
prima del solito una delle crocchette liquide all’ortica di Luis, era a dir
poco esaltante. E vai...</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">Una volta giunti ad Arcallana, svoltammo
dentro il gruppetto sparuto di case che danno il nome a questa frazioncina incantevole,
persa nella campagna. La strada, in quel punto, sembrava a malapena a senso
unico, ma poteva dipendere dal fatto che, appunto, stavamo attraversando un
centro abitato: casa-<i style="mso-bidi-font-style: normal;">horreo</i>, chiesina,
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">horreo</i>-casa, cuccia-cane, cuccia-cane,
cimitero, scuolina abbandonata... E via così, fino a scorgere un cartello
sospetto, ma che non ci insospettì abbastanza - dipinto a mano su una tavola di
legno bianco - che indicava di scendere a destra verso “La Malleza”. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Tombola!</i> Pensai. E mi misi comoda sulla
poltrona da aereo di prima classe della Voyager, pronta a godermi appieno
l’escursione dopo aver passato il tablet con i giochi del Dott. Panda a Matilde,
perché anche lei fosse impegnata. Mi ero sentita solo un po’ infastidita da un
commento poco opportuno di Juan sui freni a tamburo posteriori della Chrysler,
che <i style="mso-bidi-font-style: normal;">su una macchina lunga e pesante come
un minibus non sono proprio il massimo, soprattutto se consumati</i>...Tanto, i
soldi per cambiare <i style="mso-bidi-font-style: normal;">anche</i> i freni non
li avevamo, al momento, e quindi: perché farsi tante seghe mentali inutili?</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">“Tu pesta, fratello”, gli avevo intimato,
sottovoce.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">La strada era assolutamente
spettacolare: un canyon verdeggiante, super- selvaggio, attraverso un bosco
primordiale dove ti aspetti l’orso o il cervo sbucare dietro il tronco più
vicino; prati scoscesi, e magnifiche curve a gomito immerse ancora in un verde
brillante, nonostante fosse dicembre inoltrato. L’Asturia è proprio un
paradiso. Incorrotta, antica.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">Ai primi “oohh!” e “che
meraviglia!”, il mio <i style="mso-bidi-font-style: normal;">driver</i> ispanico,
più caratterialmente catastrofico e pessimista come i suoi connazionali, obiettò
che <i style="mso-bidi-font-style: normal;">tanta bellezza suggerirebbe d’essere
vista in sella ad una snella enduro, piuttosto che con il culo su un elefantino
largo come un armadio a tre ante</i>; poi aveva rallentato per immettersi con
circospezione su un ponticino dall’aria alquanto fragile e improvvisata, prima
di continuare <i style="mso-bidi-font-style: normal;">...o al limite in sella ad
un cavallo vero!</i></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">“Non ti distrarre” avevo ribadito
io, che lo conosco bene, senza smorzare l’entusiasmo che serve di solito ad
alimentare entrambi: avevo già visto due falchi, un’aquila <i style="mso-bidi-font-style: normal;">ratonera,</i> e intravisto quel che mi era sembrato un paio di corna di
erbivoro, in distanza. Dentro di me, tuttavia, dovevo ammettere che la strada sembrava
di quelle che, in parte, avevo già visto durante le mie escursioni con la GS, quest’estate:
con l’erba e il muschio bucando l’asfalto al posto della linea bianca di
mezzeria, segno che non era transitata, forse in disuso da anni, e che
chiamarla “a doppio senso” era concederle una qualità che, a tutti gli effetti,
non dimostrava, o che aveva perso a suon di frane mai riparate.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">In breve, giungemmo ad un altro
bivio segnalato sulla cartina, come vidi subito, seppure sia in direzione
Lendepeña che Arquillina, le due strade sembrassero interrompersi dopo pochi
chilometri. Ma di quando era la carta? Avevo deciso fin dall’inizio di
affidarmi ai vecchi sistemi, del resto, i più evocatori della sana avventura:
la signora dal tono pedante del nostro GPS non aggiornato, come previsto, era
rimasta senza parole subito dopo aver imboccato il primo bivio che, secondo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">google maps</i>, ci avrebbe portati alla
mèta in un <i style="mso-bidi-font-style: normal;">pis pas</i>, come dicono qui;
con certa dignità, devo dire, taceva come di fronte ad una decisione più grande
di lei e noi, per una volta, non potevamo rimproverarle niente. Quanto ai
nostri cellulari, il segnale andava e veniva, di curva in curva, come lampi improvvisi
di rarefatta intelligenza. Ma proprio in quel momento avevo potuto comparare la
carta con il percorso visibile sul telefono, e avevo visto che prendendo per
Arquillina saremmo giunti ad un altro microagglomerato tipo Arcallana, “Boal”,
che la cartina indicava più in là, su un tratto di strada che torceva
decisamente a sinistra e che, ricordai, era una delle ultime tappe prima de La
Malleza, elencate da <i style="mso-bidi-font-style: normal;">google</i>.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">“Tombola!” avevo esclamato. “Di
qua!”</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">Stavolta ci inerpicammo su per
una salita ripida. Il cambio automatico della Chrysler prendeva le sue
decisioni con un’autonomia che a me, personalmente – ma non l’avevo detto ad
alta voce – lasciava perplessa: su strade come queste, non so perché, anzi sì,
lo so, perché sono strade pericolose, preferirei avere l’illusione del completo
controllo.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">Oltre all’assenza di slarghi che
già iniziavano a preoccuparlo, poi, il mio compagno mi fece notare che, dalla
sua parte, oltre a non esserci alcun tipo di <i style="mso-bidi-font-style: normal;">guard-rail</i>, si apriva una serie di baratri considerevoli....”Guarda
avanti” gli dissi, lì per lì. “Ma come si fa se viene qualcuno dall’altra
parte? Eh? Come ci scambiamo, secondo te?” Dietro di me, una vocina allarmata<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> </i>proveniente da lontano (non mi ero ancora
abituata allo spazio interno sconfinato dell’abitacolo) mi fece pensare per la
prima volta che forse avrei fatto meglio a considerare l’idea del ritorno:
“Mamma, ma <i style="mso-bidi-font-style: normal;">quando</i> arriviamo?” </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">“Tu <i style="mso-bidi-font-style: normal;">non </i>ci pensare” risposi, tuttavia, recuperando d’istinto quel filo
d’autorità di moglie e di madre, il cui còmpito, malgrado tutto quel che si dica
in proposito, è quello di tenere insieme la famigliola. Volevo continuare...</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">Non l’avevo notato, il baratro.
Ora, l’occhio mi ci cascava di continuo, e iniziavano a venirmi in mente tutti
i <i style="mso-bidi-font-style: normal;">road-movies</i> d’avventura che avevo
visto. Forse per il mezzo, come dire, pesante, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Le salaire de la peur</i> fu uno dei primi...<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Sì, ma cavolo</i>, mi ero detta subito, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">noi non portiamo mica dinamite nel bagagliaio!! Siamo scarichi! E pure
dimagriti, dopo gli sforzi inumani durante il trasloco Italia-Spagna del 2015</i>.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Il verde degli alberi poi, all’ombra della
collina incombente, si era fatto scurissimo. Rassicurava, all’orizzonte,
solamente la promessa di un pasto indimenticabile, e l’orlo ricamato dalle pale
dei mulini, che promettevano la luce e la discesa dall’altra parte - nel mondo
rurale <i style="mso-bidi-font-style: normal;">civilizzato</i>, pensai - una
volta raggiunta una cima che non spaventava certo per l’altitudine quanto,
semmai, per il tipo di percorso.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">Ma poi arrivammo ad una casa che
sembrava un rudere. Scalcinata, con le sopracciglia aggrottate del tetto
spiovente, la porta rotta come un dente storto di una vecchia cattiva; una di
quelle, dissi tra me, che nel profondo Sud del mio paese erano servite ai
mafiosi per nascondere la gente rapita...Dei grossi cani pastori dei Pirenei sbucarono
fuori dal retro, all’improvviso, come se si fossero svegliati allora, latrandoci
contro come forsennati, apparendo e scomparendo intorno alla macchina, così che
dovevano esserci degli animali da vigliare, in giro; pecore o mucche, ruminando
da qualche parte, sul fondo scosceso. Di umani, però, neanche l’ombra. Del
resto, è normale, qui: questi avamposti semi-abbandonati continuano a
funzionare solo come ricoveri per le bestie. I cani sono i padroni: morti di
fame e di solitudine. Gli uomini ci vanno una volta al giorno, a mungere, a
portare fieno e resti di carne.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">L’unica cosa che sapevamo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">adesso</i> era che avremmo avuto almeno <i style="mso-bidi-font-style: normal;">una</i> possibilità di trovare qualcuno che
venisse in senso contrario! E subito dopo quell’ipotesi scomoda (sia per lo
scambio impossibile che per l’uomo in questione, losco proprietario di quel
rifugio da mafiosi..), ci accorgemmo che la macchina stava pestando terra e
sassi. Buttammo lo sguardo più in là, verso l’alto della collina, rendendoci
subito conto che il serpentello della strada serpeggiava senza distaccare il proprio
manto da quello del suolo circostante. Sterrato.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Ya está!</i>” fu il commento a Juan, sottovoce. “Ci fermiamo qui. Non
abbiamo né il mezzo giusto né le idee chiare. Non sappiamo nemmeno se questa è
la strada che porta a La Malleza.”</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">Vero. Ero d’accordo. E il mezzo,
in effetti, lasciava a desiderare in quel caso: troppo ingombrante, troppo
stradale. Ora cominciavo a provare anch’io un certo brivido, forse per colpa
dell’ombra, o della casa, o dei cani. Il punto era trovare uno slargo al più
presto dove far fare dietro front al pulmino cioè..alla Voyager. Ci adattammo,
date le circostanze, pochi metri più in là: tra il bordo a picco del sentiero e
una mulattiera di fango, reso compatto dal tempo asciutto degli ultimi giorni,
e dai solchi di un trattore invisibile, passato chissà quanto tempo prima.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">“Ecco...Aspetta che ti aiuto” dissi,
apprestandomi a scendere. E qui, il magico istinto di conservazione di mia
figlia era insorto. Mentre noi discutevamo non doveva aver <i style="mso-bidi-font-style: normal;">mai</i> perso d’occhio i cani, evidentemente, e pur senza temerli, da intrepida
mezzo sangue spagnola che guarda comunque <i style="mso-bidi-font-style: normal;">sempre</i>
al peggio, ora temeva che potessero mangiarle la madre... “Non andare! Mamma, STAI
QUI!” Il padre le aveva dato ragione, sostenendo di poter compiere la manovra
da solo, ma adesso ero <i style="mso-bidi-font-style: normal;">io</i> quella che
non si fidava di nessuno! Scesi piano, e vidi subito che la strada era tanto
stretta che era la macchina stessa, già messa di traverso, a farmi da scudo. Mentre
i cani si sgolavano e ringhiavano aldilà della carrozzeria, avevo diretto
l’operazione: una ventina di manovre millimetriche tra la mulattiera e il
baratro. E quando dopo un tempo incalcolabile il muso dell’americana era
tornato a guardare verso dove eravamo venuti, avevo tirato il fiato, pensando:
“E anche questa, è fatta”. Respirai, superando il maledetto rudere che mi aveva
fatto diventare inquieta, sentendomi già le batterie ricaricate. La delusione era
tanta, sì, ma saremmo tornati! In moto, in estate, e l’avremmo fatta tutta, quella
bella stradina; saremmo arrivati a Boal, e da lì a La Malleza.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">D’un tratto mi ricordai. Il
ristorante! Ma che ore erano? Avevamo sforato alla grande. Meglio telefonare,
sì. Rimandare il pranzo. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Oggi si va a San
Martín</i>, pensai, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">per la cara e
familiarissima AS222! Al Mesón Eduardo, dopotutto, non si mangia mica male..</i>.
E comunque, con la fame che iniziavamo a sentire, tutti e tre, qualsiasi posto sarebbe
andato bene.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">Dove ricominciava l’asfalto, acchiappai
subito il segnale. “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Pronto? Manti?<span style="color: red;"> </span>Sì, sono Marina, la giornalista italiana</i>” (mi
conoscono da quando ho segnalato il ristorante nel mio articolo per
Motociclismo). “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Siamo quelli che dovevano
arrivare alle due</i>” avevo aggiunto, mentre rapidamente cercavo una scusa che
sembrasse più verosimile di un: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Abbiamo
provato a raggiungervi per una strada che si è rivelata un tratturo per le
vacche</i>” E mi era venuto: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Mi spiace,
ma la macchina ci ha dato un problema. Dovremo venire un altro giorno...</i>”
La solida, esperta Manti, la cameriera ideale, dandomi una pacca virtuale sulla
spalla con il suo tono di voce amabile, mi aveva rassicurato, com’è il dovere
di ogni buon cameriere, e salutandomi mi disse: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Que todo os vaya bien</i>” che, a pensarci adesso, non so quanto abbia
contribuito a stabilire i fatti successivi, oltre alla mia bugia; o forse solo
a mantenerli in equilibrio.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">Già parlando del più e del meno, col
buon umore tipico dei sopravvissuti (al ritmo di: “Manca molto per arrivare,
mamma?”), tornammo sul tratto verso Arcallana che, a confronto con la seconda parte,
all’andata, ora ci sembrò facile facile. All’improvviso, avvertii un sibilo in
crescendo. Poi la voce di Juan.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">“¡Coño!</span></i><span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;"> La temperatura dell’acqua è altissima. Mi fermo.”</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">Prima che potesse aggiungere
altro, una fumata densa iniziò ad uscire dal radiatore (<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Cavolo! Proprio come quella del vecchio camion su cui viaggiano i
poveri emigranti verso la California in “Furore” </i>mi ero detta, facendo in
tempo a pensare all’andatura <i style="mso-bidi-font-style: normal;">inimitabile</i>
di Henry Fonda in quel film, come all’ultimo sprazzo d’eleganza in un mondo
brutale. E subito dopo: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Siamo fritti</i>”).</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">Un suono disarticolato, a quel
punto, ci fece tendere l’orecchio, simile a quello di un paio d’ossa artritiche
che si sciolgono, prima che il tappo del radiatore esplodesse rimbalzando sull’asfalto,
lasciandoci come in <i style="mso-bidi-font-style: normal;">trance</i>, a fissare
il fiume fosforescente di liquido mentre colava fino all’ultima goccia lungo la
strada in pendenza.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">“Tombola...” mormorai.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Nos
hemos cargado el coche</i>” fu invece la frase lapidaria del mio spagnolo.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">La bimba, da dietro, allungava il
naso senza perdersi una virgola, rispettosamente in silenzio come nei momenti
gravi, e lasciando per una volta ogni commento alla musichetta che accompagna
il gioco della gelateria del dottor Panda. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Tante
seghe</i>, pensai di nuovo tra me, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">riscaldamento
a pellet, cucina a legna, doppi vetri in casa, e dopo contribuiamo all’inquinamento
ambientale così, tutto in una volta...Ho fame...</i></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">Ed eccoci qua. Fermi per un danno
senza soluzione immediata; un bel danno, che forse avrebbe concluso prima del
tempo un altro capitolo della nostra storia intitolata: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">La macchina che ho sempre sognato di guidare e che adesso si vende a
poco</i>” (ne avevamo già salvate tante..tutte bevitrici incallite: Range
Rover, Saab, Subaru, Mini, BMW.. persino un maggiolone..Possibile che questa ci
abbandonasse già?). Ma la cosa peggiore è che sembrava un maleficio invocato, il
mio, puntuale come un fulmine! Forse con l’età stavo diventando una strega?...Mi
sentivo tanto esterrefatta e avvilita che Juan era riemerso d’istinto da dietro
il cofano aperto della Chrysler, brontolando una battuta che avrebbe dovuto servire
a risollevarmi d’umore:</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">“Ricordati di darmi sei numeri da
giocare alla lotteria, quando scendo a Madrid, la settimana prossima”.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">Già, ma non soltanto la capitale
sembrava remotissima in quel momento: persino casa nostra, a circa 6 Km, era irraggiungibile!
Ci trovavamo nel bel mezzo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">del nulla</i>,
laddove nessuna gru del servizio di soccorso stradale ci avrebbe mai raggiunti,
né un taxi<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>alle tre del pomeriggio di un
sabato, la vigilia di Natale! In <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Asturia,
poi, pensai...dove di gente ce n’è pochissima, e tutti se ne vanno a lavorare
altrove...Restano solo una manciata di anziani a paese, che in pieno dicembre
se ne staranno accanto alla stufa, dentro casa, o camminando lungo la statale sotto
gli ultimi raggi di un sole ormai pallido...oltre a qualche famiglia di
contadini o di operai alla fabbrica d’acciaio di Aviles, che in un giorno così,
avranno portato i bambini dai parenti, o al porto di Luarca...Nessuno ci
avrebbe aiutati.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">E ci mettemmo in cammino, ognuno tenendo
in mano gli unici averi che avremmo dato volentieri in cambio di un passaggio:
la mia borsa, piena di ogni cosa possibile; il telefono di Juan, con il numero
del soccorso stradale, il tablet senza più batteria di Matilde che, tornata
gaia e ciarliera lo usava ora come un vassoio, mettendoci sopra pezzetti di
bosco: bacche, rametti, foglie secche e fragranti...</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">Cos’altro ci restava da fare?
Rifare il percorso a piedi, verso Arcallana: seguire la sinuosità di quelle
curve minori a testa bassa e con i nervi tesi: salite e discese d’asfalto
muschiato, rotto dall’erba; respirando il silenzio: un silenzio più denso e totale
di quello che ho mai percepito quando vivevo in Italia, pur distante dalla
città. Nel frattempo, il cielo si faceva sempre più freddo e distaccato, come
il vetro che chiude una bacheca di miniature animate in un boschetto. Ci
eravamo muniti di grossi bastoni d’eucalipto, simili ad ossa nude, casomai
fossero emersi dal bosco i lupi, che a quanto dicono tutti, vivono in gran
numero da queste parti, e assaltano in branco qualunque preda commestibile; i
guardiacaccia li fanno fuori quando li vedono vicino alle proprietà, malgrado il
divieto tassativo degli animalisti. Ma loro si sono accordati tra sé, e lo
fanno di nascosto: in Asturia c’è gente che ancora vive unicamente dei suoi
animali: latte, formaggio, carne. E perderne degli esemplari può voler dire la
rovina.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">Camminammo e camminammo,
passandoci la bimba che, alla fine, doveva essere portata come un agnellino in
spalla, fino a scorgere le luci delle prime case, e a intravedere la 222 poco
prima che facesse buio, giusto davanti alla fermata del bus della scuola, accanto
al cassonetto. Da tempo mi dicevo che avrei dovuto approfittare di un giorno <i style="mso-bidi-font-style: normal;">così </i>per parcheggiare proprio in quel
punto, e fare una bella passeggiata per Arcallana...Ora però, sentivo solo
freddo e stanchezza.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">Con Matilde bussammo ad una casa
di paese. Ci aprirono un uomo e una donna non giovanissimi, dall’aria stupita,
come se si fossero aspettati Babbo Natale al posto nostro; intorno a loro, un
paio di ragazzi svegli, una bambina piccola, e una vecchia nonna rincantucciata
come una gatta facendo le fusa, accanto alla stufa, in cucina.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">Erano tutti increduli che ci
fossimo azzardati a prendere per Arquillina. Mescolando il morbido <i style="mso-bidi-font-style: normal;">bable</i> al <i style="mso-bidi-font-style: normal;">castellano</i>, l’uomo aveva esclamato, ridendo, che <i style="mso-bidi-font-style: normal;">quelle</i> strade erano nate per i carri, o
per andare a piedi! <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Nessuno</i> ci
passava più, aveva rincalzato sua moglie, il sorriso e le occhiaie egualmente
pronunciati: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">solo</i> i cacciatori! (Già,
pensammo solo allora. Incoscienti: erano proprio <i style="mso-bidi-font-style: normal;">quelli </i>con cui avremmo probabilmente dovuto sfidarci allo scambio
impossibile).</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">Ci tennero al caldo, ospitali, riservandoci
poche domande e senza una curiosità eccessiva, com’è la gente di qui, discreta.
Il capofamiglia poi era andato a prendere il trattore, e senza aspettare il
giorno dopo si era offerto di trainare la Chrysler come un carro di fieno, fin
sulla nazionale. Con Juan l’avevano agganciata al grosso mezzo e portata via
(lui era entusiasta come un bambino, al ritorno: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">dove può far manovra un trattore!</i> Altro che Chrysler! <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Quella, solo in autostrada!</i> La prossima
sarebbe stata un bel fuoristrada d’epoca per girare <i style="mso-bidi-font-style: normal;">anche in famiglia</i> per gli sterrati...). Matilde, recuperata
l’energia con un Colacao, era anche lei entusiasta: la casa, per l’appunto, era
proprio quella dove viveva la bimbetta dagli occhi a mandorla cui si siede sempre
accanto sul pulmino della scuola. E avevano giocato insieme, intorno ad un
albero finto pieno di luci, pesantemente addobbato.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">Io ero rimasta accanto al fuoco, a
chiacchierare del più e del meno con la nonna-gatta e la padrona di casa mentre
preparava una cena un po’<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>più ricca del
solito per la vigilia. Avrebbero avuto tre ospiti in più quella sera, del tutto
imprevisti...Mi sentivo esausta, eppure stranamente bene come se finalmente,
pensai, fossi arrivata <i style="mso-bidi-font-style: normal;">dove dovevo
arrivare</i>...alla fine del viaggio: la mia nuova terra. Mi dava da pensare
unicamente il maleficio che avevo perpetrato allegramente sulla nuova macchina,
senza pensare; e più positivamente riflettevo su quella nostra marcia in mezzo
a una natura dormiente che ci aveva lasciato passare, ben vestiti in confronto
ai locali che quel giorno non si erano mossi da casa, e carichi dei nostri più
o meno tecnologici averi. Un po’ come i Re Magi secondo la Storia: la strada,
gli abiti..quelle cose che lì per lì avremmo ceduto volentieri; il cielo
stellato. Noi, però, a questi locali che ci avevano salvato, non avevamo niente
da dargli, a parte la nostra eterna gratitudine, e la gentilezza.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT;">Avventura conclusa. Gli sguardi
puntati sui fari dell’angelo custode del soccorso stradale in arrivo, prima
della mezzanotte; i visi avvolti nella nebbia dei fiati, le mani gelate, tese a
salutare l’uomo che andava a riporre il trattore nel fienile, e che l’indomani,
per abitudine, si sarebbe comunque svegliato all’alba.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
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</div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Cuento de Navidad</span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">De repente decidimos ir a comer a nuestro restaurante
preferido en Malleza, durante la vigilia de Navidad, entre íntimos, solamente
Juan, la niña y yo; la segunda vez en Asturias, pues había otra motivación que
nos empujaba hacia fuera en un día así, a unos cuarenta minutos en coche y con
la niña que cada diez minutos pregunta: “¿Cuánto falta para llegar?” Ésta era
la vuelta inaugural con nuestro nuevo y fantástico medio de locomoción: un
Chrysler Voyager, todo menos nuevo, del ’91. Juan lo había comprado por poco
dinero, revisado, puesto nuevos neumáticos y poco más. Había que probarlo para
demostrarnos a nosotros mismos lo locos que estábamos, motorísticamente
hablando; y que sin embargo, por<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>enésima
vez habíamos hecho lo justo comprándolo, lo más razonable; un coche que aunque
viejo y barato reunía las mismas cualidades del viajero, elegante, agazapado y
poderoso Volvo T5R, puesto a la venta, con las de nuestro furgón Transporter,
recién vendido, y que desde el 2007 nos había servido tanto para cargar motos
(y sueños) como de trastero cuando vivíamos en Italia; allí tuvimos nuestra
primera casa , como decía mi madre, un nido para palomas de poco menos de 50
metros cuadrados…</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Y como yo tenía el recuerdo de una ruta alternativa, más
rápida y sugerida por <i style="mso-bidi-font-style: normal;">google maps</i>,
cuando ya estaba en el coche eché un ojo al mapa, así, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">en passant</i>. Éste también indicaba un cruce en la localidad de
Arcallana, a la derecha de la AS222, a unos 5 Km de casa: una carretera
secundaria o terciaria que parecía ir justo contra las palas eólicas de Salas,
pasando la colina rumbo a Malleza de la que nos separa en línea aérea solo una
de tantas olas convertidas en compactas colinas de árboles, y que parecen
reportar su origen directamente del mar vivo de Asturias.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">La idea de una carretera desconocida sobre la que posar los
neumáticos nos había cosquilleado al momento con la curiosidad de jóvenes
exploradores todavía nuevos en la región, puede que ya no tan jóvenes, pero
soñadores y sin saberlo un poco inconscientes. Estábamos obligados a las cuatro
ruedas por ser invierno y por ir con la niña, aunque el hecho de ser dos, hacía
al fin y al cabo que fueran dos ruedas para cada uno… y es que, a pesar de
todo,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>no es difícil sentirse motorista
en el alma.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Así que decidimos inaugurar coche y carretera al mismo
tiempo; además, en un día soleado de ésos que llaman a uno a sentirse una sola
cosa con el paisaje<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>y sintiéndonos los
más listos del mundo desde el momento que, según <i style="mso-bidi-font-style: normal;">google maps</i>, esta ruta nos ahorraba casi veinte minutos. La idea de
meternos en la boca, sin abrirla para masticar, una de las croquetas líquidas
de ortigas de Luis, sonaba como el primer premio después de una carrera. Así
que ¡Vámonos!</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Llegando a Arcallana, dimos la vuelta hacia el grupito de
lindas casas de colores que dan el nombre a esta población encantadora perdida
en el campo. La carretera, de hecho, parecía de un solo sentido y pensamos que
sería por el hecho de pasar cruzando el pueblo: casa-horreo, capilla,
horreo-casa, cementerio, casa, establo…etc. Así, hasta encontrarnos con un
cartel que no nos pareció lo bastante sospechoso -prácticamente escrito con un
pincel sobre madera –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>y que nos indicaba
una bajada hacia “Malleza” <i style="mso-bidi-font-style: normal;">¡Bingo!</i> la
hemos encontrado, pensé, y me recosté en el sillón de primera clase del avión
de la Voyager, después de haber pasado la tablet con los juegos del Doctor
Panda a Matilde para que estuviera concentrada en algo durante el trayecto,
dejándome disfrutar del momento. Lo único que me hizo sentir algo fastidiada
fue un comentario de Juan sobre los frenos de tambor traseros de la Chrysler,
que “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">en un coche largo y pesado como un
minibús no son exactamente la<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>mejor
cosa, sobre todo si están gastados…”</i> pues dinero para cambiar también los
frenos no lo teníamos, o sea que ¿para qué hacerse la vida difícil si no sirve
para nada?</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">“Tú dale fuerte con el pedal, hermano”, le dije bajando la
voz.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">La carretera estaba absolutamente espectacular: un cañón
verde, salvaje, a través de un bosque primordial donde uno sospecha que un oso
o un ciervo aparezca de improviso tras un árbol o una roca. Inmensos prados en
bajada y magníficas curvas, aunque estrechas, sumergidas entre colores brillantes
todavía, a pesar de estar ya casi a final de diciembre. Asturias es un paraíso
de verdad, incorrupta ante la modernidad, antigua por naturaleza.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">A mis primeros “¡oohh!” y “¡vaya!”, mi aficionado conductor
hispánico, más trágico de carácter y catastrófico como sus connacionales,
objetó que tanta belleza se disfrutaría más a lomo de una moto todoterreno,
esbelta y ágil, que con el culo sobre un cochazo ancho como un armario de tres
puertas; luego deceleró para cruzar con cuidado un puentecillo que parecía
improvisado, frágil, antes de seguir comentando cómo quizá la carreterita en
liza naciera "ná más" que para recorrerla a caballo.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">“No te distraigas” le dije yo, que lo conozco como a mí
misma, sin apagar ni una pizca el entusiasmo que sirve para alimentarnos a
ambos: había visto ya dos halcones, un águila ratonera y lo que en distancia me
había parecido ser un par de cuernos de herbívoro. Sin embargo, por dentro tuve
que admitir que la carretera parecía una de esas que, en parte, había visitado
ya durante mis excursiones veraniegas en moto: en el medio crece la hierba y el
musgo en lugar de la línea blanca, una señal de que nadie pasa por allí en
coche, quizá desde hace años, y que llamarla “de doble sentido” significa
concederle una calidad que en efecto no demuestra o que a lo mejor ha perdido
después de más de un desprendimiento al que nadie hizo caso.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Llegamos a otro cruce. Éste también, como vi enseguida,
estaba señalizado en el mapa, aunque vaya más en dirección Lendepeña que
Arquillina, ambas carreteras parecían interrumpirse. Pero ¿de cuándo era el
mapa éste? Desde el principio había decidido confiar en los instrumentos
clásicos, no solo por evocadores de una sana aventura: la señora antipática que
habita nuestro GPS (nunca antes puesto al día) se había quedado sin palabras
inmediatamente después del primer cruce, el que según <i style="mso-bidi-font-style: normal;">google maps</i> nos habría llevado a la meta en un pispás, como dicen
aquí en España; con cierta dignidad, debo decir, se quedaba quieta como frente
a una decisión más grande que ella y nosotros, por una vez, no podíamos
reprocharle nada. Hablando de nuestros móviles, la señal iba y venía, de curva
en curva, así como relámpagos de enrarecida inteligencia. Pero justo cuando
estábamos parados en aquel punto entre Lendepeña y Arquillina pude comparar el
mapa con el recorrido visible en mi teléfono y vi que cogiendo la carretera que
iba hacia Arquillina hubiéramos llegado hacia otra población como la de
Arcallana, Boal, que en el mapa estaba indicada un poco más adelante, sobre un tramo
de carretera que volviendo hacia la izquierda, parece bajar directo a Malleza.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">“¡Bingo!</span></i><span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">” exclamé. “¡Por aquí!” </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Subimos decididamente, con el cambio automático del Chrysler
tomando sus decisiones en plena autonomía, cosa que a mí, personalmente – aunque
no lo dije en voz alta – me dejaba perpleja: en carreteras como éstas no sé
porqué, o si lo sé, por su carácter peligroso, preferiría tener la ilusión de
ser yo misma la que elige cómo subir o bajar.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Ante la preocupante falta de recodos donde meterse en parte,
que ya empezaban a ponerle a Juan el pelo encrespado, me hizo notar que a su
izquierda, no sólo faltaban guarda raíles, sino que incluso se abrían
considerables barrancos.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">“Mira hacia delante” le dije, sin pensar. “Sí, pero ¿Cómo
hacemos si alguien viene de frente?, ¿Eh? ¿Cómo nos cruzamos entonces?” Desde
atrás y lejos, quizá debido al espacio interior, me llegó una vocecita casi tan
preocupada como la otra adulta y por primera vez dudé si dar la vuelta
enseguida: “Mami, pero ¿<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Cuándo</i> vamos
a llegar?”</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Y sin embargo...“Tú no lo pienses” contesté, después de haber
recuperado el tono y la autoridad de mujer y madre cuya tarea, ya se sabe que a
pesar de todo lo que se diga a propósito, sigue siendo la de tener unida a la
familia. Quería seguir intentándolo… </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Aunque el barranco antes no me resultara evidente, ahora el
ojo se dirigía allí continuamente y empezaban a venirme a la mente todos los
road-movies de aventuras que conocía. Quizá fuera<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>por el carácter de coche pesado <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Le salaire de la peur</i> fue uno de los
primeros. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Sí pero....</i> me dije
enseguida, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">nosotros ¡no llevamos dinamita
en el maletero! El coche está prácticamente vacío y encima nosotros hemos
adelgazado después del esfuerzo inhumano durante la mudanza desde Italia hasta
España en el 2015.</i></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">El verde de los árboles, entre tanto, bajo la sombra de la
colina se había vuelto muy oscuro. Contra la lejanía del horizonte
tranquilizaba únicamente la promesa de una comida inolvidable y la imagen del
monte bordado por las aspas de los molinos, detrás de los cuales se quedaba la
luz y se escondía la bajada al otro lado (el mundo rural civilizado, pensé).
Antes, claro, había que alcanzar la cumbre que, por cierto, no daba miedo por
la altura, pero si un poco por la carretera.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">De repente, detrás de una curva vimos una casa que parecía
una ruina destartalada, con las cejas fruncidas por el tejado pendiente, la
puerta rota como el diente torcido de una vieja mala; una de estas casas,
pensé, que en el profundo Sur de Italia habían hospedado a los raptados por la
mafia….Unos perros enormes, pastores de los Pirineos, me pareció, saltaron
fuera de improviso como si hubieran estado durmiendo y ladrando como locos, con
los morros llenos de baba, aparecían y desaparecían alrededor del coche; Así
que tenía que haber animales que vigilar: vacas u ovejas rumiando por allí
entre los árboles o a lo largo del barranco empinado. De seres humanos, sin
embargo, ni la sombra. ¡Normal! Estos sitios semiabandonados siguen funcionando
a menudo como establos, los perros son los verdaderos dueños aquí, muertos de
hambre y de soledad, y los hombres vienen una vez al día para ordeñar, llevar
paja y restos de carne.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Lo único que sabíamos <i style="mso-bidi-font-style: normal;">ahora</i>
era que podríamos haber tenido al menos <i style="mso-bidi-font-style: normal;">una</i>
posibilidad de encontrar a alguien en la carretera y encima viniendo en sentido
contrario al nuestro. Enseguida, después de esta hipótesis todo menos
tranquilizadora, nos dimos cuenta de que el coche estaba pisando tierra y
piedras, echamos una mirada hacia lo alto de la colina y vimos que la sinuosa
carretera serpenteaba en el terreno sin que nada la destacara del suelo
alrededor. No había más asfalto.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">“¡Ya está!”, escuché a Juan hablando en voz baja,
"¡paramos aquí!, no tenemos ni el coche apropiado ni las ideas claras y
tampoco sabemos si ésta es la carretera que nos llevaría a Malleza.” </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Era verdad. Estaba de acuerdo. El coche, en efecto, no iba
bien en aquel caso: demasiado grande, demasiado para viajar en llano. Yo
empezaba ahora a tener escalofríos, quizá por culpa de la sombra, o de la casa,
o de los perros. Lo que teníamos que hacer era encontrar un lugar más ancho
donde dar la vuelta al minibús, o sea..a la Voyager. Nos obligamos, dadas las
circunstancias, en unos pocos metros más allá: entre el vacío al borde de la
senda y un talud de barro, compacto por el tiempo seco de los últimos días y
por los surcos dejados por un tractor invisible, quién sabe cuándo.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">“Éso!, espera que te ayude” le dije abriendo la puerta para
bajar; pero el poderoso instinto de conservación de mi hija explotó en aquel
momento. Mientras nosotros discutíamos no debió haberle quitado el ojo a los
perros y aunque sin miedo alguno, mirando siempre de frente, mi intrépida
italo-española no quería correr el riesgo de que los perros se comieran a su
madre. “¡No te vayas, mamá! NON ANDARE!”</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Su padre le dio la razón diciendo que podía realizar la
maniobra él solo, pero ahora era yo la que no confiaba en nadie, así que bajé,
enseguida vi que la carretera era tan estrecha que el mismo coche me hubiera
hecho las veces de escudo. ¡No pasa nada! Y mientras los perrazos ladraban
intentando buscar la manera de saltar más allá del coche, cumplí con la
operación: unas veinte maniobras milimétricas entre el talud de barro y el
barranco. Cuando el morro de la estadounidense estuvo mirando en la dirección
de donde veníamos, respiré pensando: “¡Ya está!, ¡hecho! también respiré
tranquila al pasar por delante de la maldita casa en ruinas que tanto me había
inquietado . Ya tenía otra vez las baterías cargadas, claro que desilusionada,
pero...... volveríamos en moto en verano para recorrer toda la carreterita
hasta Boal y de allí, hacia Malleza.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">De repente me acordé, ¡el restaurante!, pero ¿Qué hora era?
Demasiado tarde ya incluso para pensar en llegar por la carretera normal. Sería
mejor llamar y dejar la comida para otro día. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Comeremos en San Martín</i>, me dije, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">yendo por la querida y conocidísima AS222</i>! En el Mesón Eduardo,
después de todo, se está bien... De todas formas, con el hambre que teníamos
todos, cualquier sitio hubiera venido bien.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Volvimos hasta donde empezaba otra vez el asfalto y me agarré
a la señal. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">“¿Si? ¿Manti? Hola, soy
Marina</i>” (me conocen desde que señalé el restaurante en mi artículo para
Motociclismo, en Italia). “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Somos los que
tenían que llegar a las dos”</i>, añadí mientras buscaba rápidamente una excusa
que pudiera parecer más lógica de un: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">hemos
intentado alcanzaros por una carreterita que en cierto momento se ha convertido
en una senda de vacas</i>”, y me salió: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Lo
siento, pero el coche nos ha dejado tirados, tendremos que ir otro día…”</i> La
sólida y sonriente Manti, la camarera ideal, me dio algo así como un empujón en
la espalda tranquilizándome con su voz amable, a la manera en la que se
desenvuelve un camarero profesional. Al final me dijo: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Que todo os vaya bien”</i>, una frase que, pensándolo ahora, no sé
cuánto ha podido colaborar en establecer los hechos, junto con mi mentira, o
quizá tan solo mantenerlos en equilibrio.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Hablando ya con normalidad de cosas variadas (al ritmo de:
¿Falta mucho para llegar?”) con el buen humor típico de los supervivientes y de
camino a Arcallana que, en comparación con la segunda parte, a la ida, ahora
nos pareció un paseo, oí de repente un silbido en crescendo y luego a Juan
decir : “¡Coño! ¡El agua está hirviendo! Me paro.”</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Antes de que pudiera añadir otra palabrota, una nube de humo
denso empezó a salir del radiador <i style="mso-bidi-font-style: normal;">(¡Igualita
a aquella exhalada por el viejo camión en el que viajan los inmigrantes hacia
California en “Las uvas de la ira”!</i> me dije, pensando seguidamente en el
paso <i style="mso-bidi-font-style: normal;">inimitable</i> de Henry Fonda en
aquella película, así como en el último destello de elegancia en un mundo
vulgar. Y luego: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Bingo</i>…”).</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Otro sonido parecido a un par de huesos artríticos que se
sueltan nos hizo quedarnos a la espera, antes de que el tapón del radiador
explotara dando un salto contra el asfalto y dejándonos como suspendidos
mirando el líquido fosforescente que se derramaba hasta la última gota por el
suelo pendiente hacia un lado.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">“Nos hemos cargado el coche” fue la primera frase calmada de
mi marido. La niña, detrás, tendida toda ella para mirar hacia fuera, en
respetuoso silencio, como en los momentos trágicos, dejaba por una vez los
comentarios a la música que acompaña el juego de la heladería del Doct. Panda.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Lo
hacemos todo bien</i>, pensaba yo mientras tanto: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">calefacción de pellet, cocina de leña, doble cristal en casa y luego lo
desbaratamos todo de golpe en cuanto a contaminación ambiental se
refiere....Tengo hambre…</i></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Y allí estábamos, parados por una avería sin solución
inmediata; una avería grave, además, la que quizá hubiera acabado antes de
tiempo con otro capítulo de nuestra historia titulada: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">El coche que siempre he soñado conducir, y que ahora se vende barato</i>”
(a muchos habíamos salvado la vida…alcohólicos sin esperanzas: Range Rover,
Saab, Subaru, Mini, BMW…incluso un escarabajo, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">pero ¿Era posible que éste nos abandonara ya?</i>). Lo peor era, sin
embargo, que el mío parecía un accidente invocado, puntual como un relámpago.
¿Me estaba convirtiendo en una bruja con la edad? ¿O por el cambio de país? Me
sentía tan humillada que hice que Juan saliera por detrás del capó abierto del
Chrysler mientras murmuraba una frase que hubiera tenido que levantarme el
estado de ánimo:</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">“Acuérdate de darme seis números para jugar en la loto cuando
baje a Madrid la próxima semana”.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Ya…Pero no sólo la capital resultaba muy lejana en aquel
momento: incluso nuestra casa, a unos 6 Km, parecía inalcanzable. Nos
encontrábamos en medio de la nada…Ninguna grúa de asistencia en carretera
hubiera llegado hasta allí, ni siquiera<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>un taxi…Además, ¡a las tres de la tarde de un sábado antes de Navidad! Y
en Asturias, pensé, donde la gente no para de irse fuera a trabajar; solo
quedan ya un puñado de ancianos en cada pueblo y en diciembre no se alejan de
su cocina de leña, o de la carretera principal paseando bajo un pálido sol….
quedan también unas pocas familias de campesinos u obreros en las fábricas de
Avilés que en un día como hoy habrán ido a visitar a los parientes, o a Luarca
de fiesta.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Nadie nos hubiera ayudado.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Y empezamos a andar, cada uno con sus cosas en la mano, las
que hubiéramos regalado con gusto a cambio de que alguien nos llevara hasta
casa: mi bolso estaba lleno de todo lo posible, el teléfono con el que Juan
llamaría a la asistencia en cuanto llegáramos a Arcallana, la tablet sin
batería que Matilde, otra vez charlatana y contenta, utilizaba ahora de bandeja
sobre la que poner bayas, ramitas, hojas secas y crujientes…</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">No quedaba más remedio que hacer todo el recorrido andando,
siguiendo la sinuosidad de estas curvas menores, con la cabeza agachada y los
nervios tensos; subidas y bajadas sobre un asfalto manchado de musgo y roto por
la hierba, respirando el silencio: un silencio mil veces más denso y absoluto
que el de donde vivía antes en Italia. La casa con todo la teníamos en pleno
campo. Entre tanto, el cielo se volvía poco a poco más frío y destacado, como
el cristal que cubre una vitrina de miniaturas animadas dentro de un pequeño
bosque. En cierto momento cogimos incluso unos palos de eucalipto, parecidos a
huesos desnudos, por si se diera la casualidad de que salieran del bosque los
lobos. Según dicen, viven muchos lobos aquí y asaltan en manada cualquier presa
comestible; los guardias forestales los matan cuando ven que se acercan a las
propiedades, a pesar de que esté mal visto por los animalistas, aquellos se han
puesto de acuerdo entre sí y a escondidas lo hacen; en Asturias hay gente que
todavía vive sólo de sus animales: leche, queso, carne. Perder unos ejemplares
puede significar la ruina.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Hemos caminado y caminado turnándonos para llevar a la niña
que, al final, tuvimos que cargar como un corderito en la espalda hasta que
vimos las luces de las primeras casas y a lo lejos la 222 antes de que
anocheciera, ya justo delante de la parada del autobús. Desde hace tiempo me
decía que debería aprovechar un día de sol para aparcar en aquella parada y dar
una vuelta por Arcallana... Ahora, sin embargo, solo tenía frío y estaba
cansada.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Llamamos a la puerta de una casa de pueblo, nos abrieron un
hombre y una mujer ya no tan jóvenes y con cara sorprendida, como si hubieran
visto a Santa Claus allí fuera en nuestro lugar. A su alrededor, un par de
chicos con aire despierto, una niña de unos cuatro años, y una abuelita
acurrucada como una gata ronroneando al lado de la estufa, en la cocina.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Ninguno podía creer que nos hubiéramos atrevido a coger la
carretera para Arquillina con nuestro coche. Mezclando un bable cariñoso y
suave con el castellano, el hombre dijo, riéndose, que aquellas carreteras
habían nacido ¡para los carros! o ¡para ir andando! <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Ninguno</i> iba con su coche por allí, añadió la mujer, con una sonrisa
tan ancha como sus ojeras, en tal caso los cazadores. (¡<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Eso es</i>! pensamos entonces al mismo tiempo: inconscientes…
precisamente los cazadores hubieran sido justo aquellos con los que hubiéramos
tenido que desafiarnos para ver quién era el que se iba abajo por el barranco).</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Nos calentaron delante del fuego, hospitalarios, haciéndonos
pocas preguntas, sin curiosidad excesiva, a la manera de la gente de aquí,
reservada. El hombre se fue luego a por el tractor y sin esperar al día
siguiente, se ofreció para llevar la Chrysler como un carro lleno de paja hasta
la nacional. Juan y él engancharon el coche y se lo llevaron (a la vuelta el
hombre estaba entusiasmado como un niño: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">hay
que ver ¡donde puede hacer maniobra un tractor!</i> ¡<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Qué Chrysler ni Chrisler! Ésa, ¡sólo en autopista!</i> El próximo coche
(clásico) sería un 4x4 con el que dar vueltas<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>incluso con la familia por carreteras de tierra…) Matilde, recuperada ya
toda su energía con un Colacao, estaba también entusiasta: la casa era justo
aquella en la que vivía la niña de ojos soñadores junto a la que se sienta cada
día cuando sube al autobús para ir al cole. Habían jugado juntas alrededor de
un árbol de ésos de los chinos, lleno de luces y adornos.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Yo me había quedado al lado del fuego, de charla junto a la
abuelita ronroneando y la dueña de la casa preparando la cena del 24. Estaba
exhausta y al mismo tiempo me sentía mejor que nunca…Como si después de aquella
prueba hubiera llegado hasta donde <i style="mso-bidi-font-style: normal;">tenía
que llegar</i>, al final del viaje: a mi nueva tierra. Me rondaba únicamente en
el pensamiento la historia del accidente que había perpetrado sin pensar, como
si no fuera nada, y de manera más positiva iba reflexionando<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"> </b>sobre nuestra marcha en el medio de
una naturaleza durmiente, que al fin y al cabo nos había dejado pasar. Pensaba
en cómo íbamos vestidos, al menos yo, como para ir a comer fuera, en
comparación con la ropa vieja de los locales que en aquel día no se habían
movido de casa y pensaba en cómo íbamos cargados con nuestras pertenencias a lo
largo del camino, un poco como los Reyes Magos: la carretera desierta, el
andar, las cosas en las manos, cosas que en aquel momento habríamos regalado
con gusto a cambio de una ayuda, el cielo lleno de estrellas. Sin embargo,
nosotros no teníamos nada que dar a esta gente. Nos habían salvado, pero no
teníamos nada, excepto nuestra gratitud y cortesía.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Así concluye la aventura, con las miradas fijas sobre las
luces del ángel de la guardia, la asistencia llegando por la carretera antes de
medianoche; nuestras caras envueltas en la neblina de los alientos y las manos
heladas tendidas en el último saludo hacia el hombre que se metía a cubierto en
el tractor. Mañana, como de costumbre, se despertaría antes de que se levantara
el sol, a pesar de ser domingo.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
Marina Cianferonihttp://www.blogger.com/profile/13344447795654523402noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5034082370790691428.post-50545759765164322902013-08-01T15:24:00.000+02:002013-08-01T15:46:22.956+02:00Vacaciones...con moto.<b><br /></b>
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://3.bp.blogspot.com/-BZsfx2KAF-s/UfplE1cyZ6I/AAAAAAAAASg/CSKLImzFPoI/s1600/krampack-2000-04-g.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="246" src="http://3.bp.blogspot.com/-BZsfx2KAF-s/UfplE1cyZ6I/AAAAAAAAASg/CSKLImzFPoI/s400/krampack-2000-04-g.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">scena dal film "Krampack" di C. Gay, 2000</td></tr>
</tbody></table>
È l'incantesimo di agosto: di colpo più nessuna mail. Anche i commenti rapidi su Facebook (troppo rapidi per i miei gusti) si diradano improvvisamente: è il deserto virtuale, elettronico o comunque lo si voglia chiamare. Ci sarà qualcuno che si suicida tra i rimasti, dico io, perché la sensazione di isolamento si acutizza in maniera immediata. Evidentemente, pur sottovalutato da tanti - me inclusa - la presenza dei contatti in rete, quelli a distanza, crea un sottile substrato affettivo che in certi momenti consola, rimpiazza, fa massa o comunque rimpolpa ogni agenda privata di sporadiche entità, fluttuanti, ma effettive, certe, in questo mondaccio che se ne va in malora.<br />
È tempo di mare, di sole. Di viaggi in moto. Io ho fatto solo un giro, ieri, ma mi sono chiesta: qual'è il viaggio vero, ogni volta? I chilometri effettivi? O il regalo di leggerezza offerto dal movimento dinamico, che mette in azione un pensiero parallelo, nuovo, e sempre stimolante?<br />
Oggi propendo per il secondo, perché mi va, o forse perché ho già fatto le mie vacanze. <br />
<br />
Senza potere né voler includere TUTTE le apparizioni della moto nel cinema nel mio libro, oggi vorrei dare spazio qui ad un piccolissimo esempio che ho escluso per ragioni logistiche (di scelta saggia, evitando l'accumulo) e non perché non lo consideri degno di nota.<br />
Parlavamo di vacanze in moto. Al mare. E di un viaggio alternativo, mentale, indotto dalla moto che, in questo caso, può anche restare immobile, fuori dal garage.<br />
È il caso della piccola Montesa rossa che il giovanissimo Nico ha tirato fuori dal garage dell'amico Dani, da cui è andato a trascorrere le vacanze estive, nella sua casa al mare, vicino a Barcellona.<br />
<b>Krampack</b> (N. Gay, 2000) sembrerebbe un altro di quei film dove la moto-comparsa resta sullo sfondo, trascurabile. E invece, secondo me, la sua presenza discreta risulta simbolicamente notevole nella trama. Nico e Dani sono due adolescenti che approfittano del sole estivo e di una casa vuota per avvicinarsi all'inquietante mondo femminile e sondarlo, approfondirlo, conquistarlo. Alla fine delle vacanze, Nico potrà raccontare la sua prima esperienza sessuale con Berta, mentre Dani, più introspettivo e timido, avrà sperimentato l'amore per gioco con il suo amico e compagno d'avventure..Nico.<br />
L'aspetto interessante è che l'avvicinamento al mondo misterioso delle donne - ma anche all'amore e al sesso in senso lato - viene compiuto da Nico in parallelo con il restauro della Montesa in disuso nel garage del padre di Dani e che evidentemente, dall'anno prima, gli è rimasta nel cuore. Smontare il mistero...smontando un motore; imparare le necessità e le funzioni degli ingranaggi di un corpo metallico...ma anche quelli altrettanto complessi che formano una mente umana e un corpo femminile, dapprima irraggiungibile, poi via via sempre più familiare.<br />
A Berta piace che il suo ragazzo giochi a fare il meccanico...Glielo dice chiaramente, come se la sua sensibilità apprezzasse in lui il desiderio di CAPIRE prima di USARE; di CONOSCERE prima di GODERE. Una gran bella regola, che dovrebbe essere contemplata non solo dai motociclisti che imparano a guidare ma da tutti gli uomini, in generale.<br />
Quindi occhio, a considerare questo piccolo film spagnolo un innocuo raccontino sulla maturazione sessuale di due adolescenti sotto il sole d'agosto - anche se ha fatto scappare diversi dalla sala, a quanto pare, per allusioni evidenti all'omosessualità. Si tratta di qualcosa di più profondo, ecco, e se ha scioccato qualcuno, tanto meglio.<br />
E occhio alla moto: giocare a fare il "meccanico", in realtà, può insegnare a vivere chi accetta di farlo con più curiosità che impazienza...<br />
<br />
<br />
<br />Marina Cianferonihttp://www.blogger.com/profile/13344447795654523402noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5034082370790691428.post-24708809231301617702013-05-10T11:53:00.000+02:002013-05-10T11:58:22.351+02:00Al rogo l'ignoranza<!--[if gte mso 9]><xml>
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<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Mi associo all’opposizione che oggi stigmatizza la ricorrenza di una delle
tante date tragiche della Storia che si ripete: il 10 maggio 1933 i tedeschi di
Berlino assistono muti o consenzienti al rogo che i nazisti fanno di un monte
di libri ritenuti sospetti o contrari ai principi del Reich. La carta sfrigola;
le ondate di fumo e il crepitio, sfogliano per inerzia le ultime pagine di capolavori,
prima che si riducano in cenere... Ma le idee contenute restano: non solo nella
memoria e nei cuori di chi le ha lette. Nell’aria: si nebulizzano, stanziandosi
al di sopra delle teste di legno ipnotizzate dal fuoco, e dei dittatori che
berciano la loro falsa rivoluzione: auto-celebrazione, in realtà, dovuta a
frustrazioni personali.</span></div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/-hR-l11TRgjw/UYzDOZiGcHI/AAAAAAAAASQ/b9gq3XaHjYo/s1600/due+ruote+e+una+manovella+020.bmp" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="255" src="http://2.bp.blogspot.com/-hR-l11TRgjw/UYzDOZiGcHI/AAAAAAAAASQ/b9gq3XaHjYo/s320/due+ruote+e+una+manovella+020.bmp" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"Cronache di poveri amanti"</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Il mio contributo a questa rievocazione, è una sequenza da uno dei film che
preferisco sul tema: nel 1964, <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Carlo
Lizzani</b> racconta il fascismo alla riscossa in <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Cronache di poveri amanti</b>. Ambientato a Firenze nel 1925, il film
racconta la vita degli abitanti del quartiere di Via del Corno. Tra questi c’è
il fabbro Maciste, soprannominato così per le sue dimensioni di gigante buono.
Una mattina, Maciste fa il suo ingresso nella via in sella ad una Harley
Davidson JD 1200 (buona citazione: la moto in effetti è del ‘26).
Evidentemente, oltre a ferrare i cavalli, ha un debole per quelli a motore:
basta vedere quant’è orgoglioso della sua moto mentre la mostra ai vicini, col
motore al minimo. Bene: l’evoluzione della storia prevede che Maciste e l’amico
Ugo, antifascisti, compiano un’azione eroica durante una nottata in cui, con il
sidecar, vanno a prelevare e a portare in salvo dei compagni perché non
finiscano nelle mani delle camicie nere. I fascisti li intercettano, e inizia
l’inseguimento per il labirinto delle vie del centro. Quando si vede perduto, il
buon Maciste esorta Ugo a saltare dal carrozzino per tentare la fuga. Lui
obbedisce, ma il salto disequilibra il sidecar, Maciste perde il controllo e
finisce contro le gradinate della chiesa di San Lorenzo: i fascisti si
accaniscono su moto e pilota, finendoli con le pallottole. Una, evidentemente,
centra il serbatoio della benzina, che prende fuoco. È un rogo. I roghi
antichi, in effetti, si facevano nelle piazze centrali, davanti alla chiesa, che
era poi l’ente che li commissionava, giustificata dalle sue idee e dalla sua
ignoranza. Auto-celebrazione....Suona familiare a quel che faceva Hitlerino coi
suoi baffetti, no? Solo che la sua morale lo portò ad un genocidio di massa
dietro il filo spinato dei campi: un rogo più discreto e senza clamori,
occultato (soprattutto per chi non voleva vedere). Alle fiamme vere condannò
solo la cultura, la carta.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Ieri meditavo...sull’onda della rinascita provata in sella alla mia
“vecchia” tedescona. Finalmente ho potuto prenderla e farci un giro lungo: ho
rivisto panorami che non vedevo da tempo, prima del lungo inverno ed anche
prima della nascita di mia figlia.. Per fortuna uno non disimpara a nuotare: le
passioni ritornano intatte, prima o poi. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Comunque: facendo tappa sul Passo del Giogo, mi sono trovata a mangiare il
mio panino in mezzo ad una banda di motociclisti tedeschi: moto miste,
stradali, moderne, bi- e quattro cilindri, e c’era anche qualche custom nuova
(?). La mia moto era l’unica a marcare il tempo, anziana rispetto alle loro. Ci
siamo ignorati. Io li guardavo mentre parlavano, di moto, presumo. Ah! C’erano
anche tre italiani, anche loro su mezzi misti: una BMW nuova, una
giapponese...e uno scooter. Cosa manca? Mi sono chiesta. Cos’è cambiato
rispetto a quando venivo qui con la mia SR, vent’anni fa (a parte il fatto che
non sono più una ragazzina)? La curiosità, forse. La sua mancanza ha generato
appiattimento, incapacità di comunicare...Ignoranza. Perché non c’è barriera
linguistica che tenga davanti ad una passione in comune, e la mia moto rappresentava
la “cultura” tra le loro: il passato, la storia. Sì: sono tanti i fuochi simbolici,
oggi, appiccati dalle teste di legno di questo mondo rincretinito..</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Chiudo con una curiosità sul film, visto che è il mio mestiere: tratto
dall’omonimo romanzo di Vasco Pratolini, “Cronache di poveri amanti”, per
scritto, ci parla di una “Harley 750”. Errore: la Harley 750 fu prodotta nel
1929, mentre la storia si svolge qualche anno prima. Siamo davanti ad un caso
raro: è il regista Lizzani, infatti, che pur senza volere, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">corregge</i> l’errore di Pratolini rivolgendosi ad un collezionista
fiorentino, perché gli fornisca una moto. Il collezionista, evidentemente più
preparato, gli offre la JD 1200. Sul finale però, non potendo ovviamente incendiare
quella, Lizzani optò per <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>un residuato
bellico di poco valore: una WLA 750 del ’42. Ed è questa, con il suo serbatoio
rotondo ben riconoscibile, che finisce in fiamme. Un peccato, comunque.</span></div>
Marina Cianferonihttp://www.blogger.com/profile/13344447795654523402noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5034082370790691428.post-48652265990556123512013-04-05T20:58:00.000+02:002013-04-05T21:11:08.516+02:00Lettere, moto e filosofia.<div id="yui_3_7_2_1_1365186262250_2306" style="background-color: transparent; color: black; font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 16px; font-style: normal; text-align: justify;">
Stamattina, mentre guidavo il mio aereo del '91 nella pioggia (in attesa di guidare quello vero, la mia GS, quando la primavera diventerà un po' più tiepida), ho ascoltato su radio 3 un'intervista sul nichilismo, ad un
filosofo col quale ormai più di 20 anni fa ho dato un esame all'università, Sergio Givone.</div>
<div id="yui_3_7_2_1_1365186262250_2306" style="background-color: transparent; color: black; font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 16px; font-style: normal; text-align: justify;">
Forse per le analogie semplici che portava ad esempio (il nichilismo adottato dalla società attuale nelle sue varianti culturali e politiche) ho capito una cosa fondamentale. Che il motivo per cui faccio tanta fatica a capire certe dinamiche della
vita e dei sentimenti, e la causa per cui scrivo forse "più complicato"
di quel che dovrei, è che non mi sono mai applicata abbastanza per capire la filosofia quando dovevo studiarla ai tempi del liceo. Purtroppo, è un mio rimpianto.</div>
<div id="yui_3_7_2_1_1365186262250_2306" style="background-color: transparent; color: black; font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 16px; font-style: normal; text-align: justify;">
Credo che all'epoca non fossi abbastanza stimolata da chi mi stava intorno. Non ero circondata da
persone di cultura; magari da brave persone, motociclisti appassionati, fuoristradisti soddisfatti e improvvisati meccanici, generosi insegnanti di guida. Ma di andare in profondità non se ne parlava ancora. Curiosamente, perfino all'interno della mia stessa famiglia, a quanto ricordo, il dialogo si manteneva cauto e in superficie. Forse perché sapevano che alla mia età (di allora), si ascolta solo ciò che si vuole.</div>
<div id="yui_3_7_2_1_1365186262250_2306" style="background-color: transparent; color: black; font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 16px; font-style: normal; text-align: justify;">
In
più, avevo un professore di filosofia che probabilmente avrebbe dovuto
fare il filosofo e non il professore: non sapeva insegnare a chi, come
me, aveva bisogno di tempo per addentrarsi in una materia che sentiva
ostica. La mia amica Silvia, per esempio, lo ha amato, e grazie a lui ha studiato
storia e filosofia all'università, e oggi insegna a Parigi.</div>
<div id="yui_3_7_2_1_1365186262250_2306" style="background-color: transparent; color: black; font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 16px; font-style: normal; text-align: justify;">
Io non ho mai capito niente di quel
che diceva il Prof. Ciuffi.</div>
<div id="yui_3_7_2_1_1365186262250_2310" style="background-color: transparent; color: black; font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 16px; font-style: normal; text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-j_E6khQ7Bso/UV8f7pTxkRI/AAAAAAAAAR4/Mh3ixOsM4y0/s1600/qu%C3%A9+es+la+filosof%C3%ADa,++mafalda.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="227" src="http://4.bp.blogspot.com/-j_E6khQ7Bso/UV8f7pTxkRI/AAAAAAAAAR4/Mh3ixOsM4y0/s400/qu%C3%A9+es+la+filosof%C3%ADa,++mafalda.jpg" width="400" /></a></div>
Mi
mancano i filosofi, e credo che per questo mi ritrovo a sapere davvero poco della vita. È
così, mi sento nuda, oggi! Sto già cercando di recuperare i vuoti di
tanta letteratura classica...se solo penso a quanti vuoti ho in
filosofia, comincio
a capire chi dice che una vita sola non basta per recuperare il tempo
perduto.</div>
<div id="yui_3_7_2_1_1365186262250_2324" style="background-color: transparent; color: black; font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 16px; font-style: normal; text-align: justify;">
Non
ricordo come passai l'esame con Givone, non male credo, ma ricordo, questo sì, che Kierkegaard mi sembrò
più interessante di tutto il libro di filosofia studiato al liceo: la fase "estetica" di cui parlava, collimava alla perfezione con la vita condotta da mio fratello, allora, e ce l'avevo davanti tutti i giorni come l'esempio calzante. La fase "etica" successiva, se mi sfuggiva allora, posso dire di averla capita adesso, e corrisponde alla fase che mio fratello crede di aver raggiunto, col massimo dei voti. </div>
<div id="yui_3_7_2_1_1365186262250_2324" style="background-color: transparent; color: black; font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 16px; font-style: normal; text-align: justify;">
Era un libro usato
quello del liceo, sporco e pieno di sottolineature doppie e triple, e
senza volermi giustificare, credo che anche quella copia così malmessa, mi
impedì di far "mia" la materia. Peccato però..perché indietro non si
torna.</div>
<div id="yui_3_7_2_1_1365186262250_2323" style="background-color: transparent; color: black; font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 16px; font-style: normal; text-align: justify;">
<br /></div>
<div id="yui_3_7_2_1_1365186262250_2319" style="background-color: transparent; color: black; font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 16px; font-style: normal; text-align: justify;">
Soltanto stamattina ho visto chiaro che la filosofia è come la matematica (e ho perso
anche quella!!! come scienza, intendo..solo una tonnellata di esercizi all'anno, senza nessuna poesia): sta TUTTO lì. Il mondo, la vita. Non starei a perdere
tanto tempo se le avessi studiate e comprese alla perfezione. D'altra parte...forse non sarei neanche scrittrice, se in questo momento avessi le idee tanto chiare...e così: coraggio! non tutti i mali vengono per nuocere. Ho sempre creduto che la mia "filosofia" personale è nata e si è evoluta abbracciando il mondo della motocicletta (non avrei scelto di viaggiare sul mio aereo svedese del '91 ma su un'utilitaria comune, in alternativa alla moto, se non fossi mai andata in moto....). Ma è vero che, ad essere onesti, questa ottica appare un po' limitata e limitante in confronto alla vita nel suo complesso.</div>
<div id="yui_3_7_2_1_1365186262250_2319" style="background-color: transparent; color: black; font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 16px; font-style: normal; text-align: justify;">
Ieri ho ripreso il mio romanzo per le prime correzioni. Pensavo (con
terrore) che dopo dei mesi m'avrebbe fatto schifo o lasciata indifferente (peggio), e
invece l'ho trovato fluido e forte come un fiume in piena. Segno che
devo continuare, forse riscriverlo
parzialmente, ma dargli VITA prima di lasciarlo a se stesso e a un agente letterario...C'è chi si crede filosofo e ingegnere insieme, e sostiene che i figli sono "progetti"da portare a buon fine. Non sono d'accordo. Nemmeno i romanzi si possono chiamare "progetti": sono idee partorite durante momenti di follia, e ci fanno condurre una doppia vita. Quanto a mia figlia in carne ed ossa, preferisco pensare che sia stata l'ultima incoscienza della mia vita. Messa in atto senza neanche le basi minime di filosofia. E ora: chi mi sa dire di che aereo svedese parlo?</div>
Marina Cianferonihttp://www.blogger.com/profile/13344447795654523402noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5034082370790691428.post-19892816676801480262013-03-18T14:34:00.001+01:002013-03-18T14:38:24.543+01:00Verso la giusta via?<br />
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<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Non ho paura di
dire la mia sul nuovo Papa, da atea convinta, specie da quando ho saputo che il
papa precedente sosteneva che proprio gli atei dimostrano spesso una
spiritualità più autentica dei praticanti che si credono giustificati dalla
propria fede dichiarata.</span></div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://4.bp.blogspot.com/-3RS9bEwCCoo/UUcV3enDDYI/AAAAAAAAARQ/16PeUiGdcvU/s1600/due+ruote+e+una+manovella+056.bmp" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="256" src="http://4.bp.blogspot.com/-3RS9bEwCCoo/UUcV3enDDYI/AAAAAAAAARQ/16PeUiGdcvU/s320/due+ruote+e+una+manovella+056.bmp" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">sposarsi sul sidecar..perché no?</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Non posso negare
che la prima vista di questo Francesco, e l’ascolto delle sue prime parole, mi
ha rimandato spontaneamente al ricordo che conservo con affetto dentro di me,
di un frate francescano che quando lavoravo in città incrociavo spesso in
moto...io sulla mia Yamaha SR e lui sulla sua vecchia Guzzi (una V50, se non
ricordo male). Guidava col saio addosso e i sandali, e al massimo metteva una
giacca a vento azzurra sul saio, se proprio il tempo era di merda. Peccato che un vecchio
integrale in testa mi abbia sempre impedito di vederlo in faccia. Ma era senza
dubbio un essere “eccezionale” cioè: <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>faceva eccezione, non solo tra i frati, ma tra
gli uomini. Un’immagine perfetta: con una moto dall’aspetto vissuto come un
vecchio cane fedele, non dava l’idea di possedere un bene materiale inacettabile,
ma solo uno strumento che evidentemente gli era comodo per le sue
peregrinazioni in una società moderna e caotica. Pensandoci meglio,
l’atteggiamento da outsider del nuovo Francesco mi ha ricordato anche
quell’indimenticabile scena di uno dei primi film comici di Buster Keaton, The
scarecrow, dove due fidanzati in fuga su un sidecar imbarcano casualmente un
prete e lo incaricano di sposarli proprio mentre scappano: Buster, tenendo coi
piedi il manubrio della Harley, svita un dado dal serbatoio e lo infila al dito
della sposa nel carrozzino per sigillare l’atto, dopodiché finiscono a mollo
dentro un fiume, senza che il prete faccia una piega, finendo di officiare la
cerimonia in piedi, tra la moto e il carrozzino: degno, amorale, paziente,
amabile.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Con questo, non
che mi faccia troppe illusioni, ma nutro umanamente fiducia che quest’omino
semplice possa mantenersi incorrotto, e risultare davvero un punto di svolta.
Forse perché quel che è sempre apparsa immutabile come la mafia e la camorra,
in Italia, incancrenita nei propri costumi ambigui, è la Chiesa, e la
possibilità che si sia potuto insinuare qualcuno in grado di far tremare le
fondamenta, è qualcosa che mi riempie di eccitazione.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-9rwOzwVgUM4/UUcXV0tKykI/AAAAAAAAARg/uiMF0CPDZWA/s1600/camillo-u-peppone.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="255" src="http://4.bp.blogspot.com/-9rwOzwVgUM4/UUcXV0tKykI/AAAAAAAAARg/uiMF0CPDZWA/s320/camillo-u-peppone.jpg" width="320" /></a><span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Un gran modello
di efficienza, poi, questa Chiesaccia: mentre grillini, vespe e calabroni si
azzuffano nei loro ambienti e non riescono a venire a un accordo, vescovi e
cardinali risolvono la questione in un lampo, e abbiamo prima il papa nuovo che
un parlamento accettabile, in grado di tirarci su dal fango. Questo mi ricorda
più una scena alla Peppone e Don Camillo, dal momento che i cattolici infestano
l’ambiente politico, e i peggiori di loro hanno nel DNA proprio l’istinto di
battibeccare con quelli di sinistra, ovvero: non di difendere i deboli, o i
poveri, ma la Chiesa e il suo potere. Ricordo che da bambina ridevamo, mio
padre e io, guardando gli episodi di Don Camillo e Peppone: in fondo erano due
buoni diavoli entrambi, eppure, visti più da lontano, oggi, erano il più
efficace ritratto di un paese tendenzialmente “al maschile”, votato
all’infantilismo, all’individualismo, alla zuffa.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-nn70xNAemiM/UUcXZ39gI0I/AAAAAAAAARk/DnE-VPqe0Co/s1600/esterne111752241103175512_big.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="265" src="http://1.bp.blogspot.com/-nn70xNAemiM/UUcXZ39gI0I/AAAAAAAAARk/DnE-VPqe0Co/s400/esterne111752241103175512_big.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">la moto di Peppone, rifatta dall'amico C. Frontalini</td></tr>
</tbody></table>
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Naturalmente non
posso dire di essermi fatta una cultura sul nuovo Papa, rivedendo sul web il
suo intervento e le interviste, quanto ne dicono in Italia e in Spagna. Il
linguaggio clericale mi annoia terribilmente, mi asfissia come il puzzo
d’incenso nelle chiese. Ma mi sono fidata dell’istinto che me lo ha fatto
trovare simpatico. Come quel frate motociclista, che farà sempre parte dei miei
ricordi migliori di quando ero una giovane osservatrice <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>appassionata, impaziente, e non avevo ancora
fatto crollare, in me, certi miti infantili che mi oscuravano il cammino per la giusta via...verso
la transigenza, la tolleranza e l’autoironia. La via della rivoluzione, almeno nel mio caso (e che rivoluzione sia, quando non c'è alternativa).</span><br />
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Infine: sembra
che cattolici e NON cattolici abbiano affollato la piazza per non perdersi “un
avvenimento storico”, per sentirsi parte della Storia, ed è curiosa questa
necessità, di assistere all’ascesa di un altro...anziché curarsi costantemente
della propria ascesa, intesa come maturazione intellettuale. Come possiamo
lamentarci dell’assenza protratta di un governo diverso, se noi stessi
dimostriamo di non aver bisogno d’altro che di pecorai, che sappiano guidare il
branco?</span></div>
Marina Cianferonihttp://www.blogger.com/profile/13344447795654523402noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5034082370790691428.post-70560292551008406512013-03-03T18:05:00.002+01:002013-03-04T14:17:09.519+01:00E poi c'è quella cattiva...<!--[if gte mso 9]><xml>
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<br />
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Non sono solo io
quella impaziente per natura.</span></div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-urde4pCooiU/UTOCDZ0o23I/AAAAAAAAAQw/aWhd1ZyOqg4/s1600/quella+cattiva+1.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="320" src="http://1.bp.blogspot.com/-urde4pCooiU/UTOCDZ0o23I/AAAAAAAAAQw/aWhd1ZyOqg4/s320/quella+cattiva+1.jpg" width="282" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La fiamma del peccato</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Lo sono anche da sempre i mezzi di comunicazione, come
la stampa. Non parlo degli epitaffi che si preparano già quando il regista, il
letterato o lo scienziato di<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>fama<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>è in età avanzata, o in fin
di vita. Perfino l’8 di marzo, come festa della donna, viene anticipato, nei programmi radiofonici per esempio, già una settimana
prima. Ed è occasione, come al solito, di interessanti dibattiti, di esposizioni
fotografiche, interviste illuminanti e retrospettive a tema. C’è anche tanta retorica.
Di quella, tanto, non riesce a liberarsi nessuno, essendo ancora in vigore una forma di censura tacita: è opportuno parlare, infatti, restando sui binari
della ragionevolezza e, in generale, del già detto. Guai a sbilanciarsi troppo
o a provocare apertamente, scoperchiando le pentole da cui emanano i vapori
delle minoranze, o dei casi scomodi.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Posso dire di
essere una di quelle che sta dalla parte delle donne. Soprattutto negli ultimi
anni mi trovo a nutrire simpatia perfino per le nostre
debolezze o i nostri difetti più triti. La maternità, probabilmente mi
ha avvicinata di più, e d’un botto, a certi lati femminili che un tempo
consideravo noiosi, ripetitivi o molto convenzionali, e che oggi credo siano semplicemente...umani. </span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Comunque,
l’esperienza di osservatrice che ho accumulato finora, a questo punto mi fa sentire anche certe vibrazioni minime quando avvicino una donna: se è provinciale, invidiosa,
meschina o, al contrario, intrinsecamente coraggiosa, generosa, dignitosa nella
sua semplicità (o insopportabile, in certa sua complessità inutile). E anche se non mi entusiasma - come la maggior parte delle volte - cerco di adattarmi ai suoi limiti, al suo linguaggio, perché voglio che mi senta amica, e si lasci scoprire come essere umano.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">I fatti
della vita, ultimamente, mi hanno portato ad individuare una sottospecie che
raramente viene menzionata durante questi periodi celebrativi dell’8 di marzo, e che anziché indurmi comunque alla curiosità, mi irrita o mi fa scappare a gambe levate.</span></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-LVAFIQIL9ww/UTOCHqvmsBI/AAAAAAAAAQ4/2B7bztne78M/s1600/quella+cattiva+3.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="239" src="http://1.bp.blogspot.com/-LVAFIQIL9ww/UTOCHqvmsBI/AAAAAAAAAQ4/2B7bztne78M/s320/quella+cattiva+3.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Gene Tierney in Femmina folle</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">La donna vessata,
violentata, picchiata, offesa in ogni modo, è l’eroina costante messa in luce
dal mondo della stampa e della cultura. E non ho niente da dire: perché si
tratta di tantissime in tutto il mondo, vittime di atti ripetuti e sempre ingiustificati.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Eppure, c’è
un esemplare, il cui difetto generico è generalmente
l’insicurezza,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>una forma di immaturità
nascosta che trova la causa in un’infanzia generalmente poco felice (spesso perché lei, la donna, <i>non ha saputo</i>
esserlo) che da sempre è stata una piaga per il mondo maschile che ne ha sofferto e ne soffre l’influenza. </span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Questa fragilità
interiore, occultata da un aspetto che magari le fa sembrare degli esempi
infallibili di forza, di volontà, efficenza domestica e professionale, a un certo
punto diventa la causa di disastri familiari, specie quando l’uomo di turno è
un debole. Ossessione, iper-gelosia e stra-potere, si rivelano armi sotterranee e infallibili (ah! e le lacrime: piangono molto, queste donne),
che finiscono per strozzare il consorte, e per portarlo spesso ad atti inconsulti.</span><br />
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Naturalmente
non giustifico gli atti (la violenza, anche verbale, non è mai giustificabile!), ma in qualche modo
arrivo a comprendere questi uomini, annichiliti da virago che spesso hanno
l’aria e l’aspetto di angeli del focolare.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-hAGZj1kS0Ss/UTOCKlyDNXI/AAAAAAAAARE/AXH5FEs0nm8/s1600/quella+cattiva+2.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-hAGZj1kS0Ss/UTOCKlyDNXI/AAAAAAAAARE/AXH5FEs0nm8/s1600/quella+cattiva+2.jpg" /></a><span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Rimando, come esempio, a tutte le cattive cinematografiche, assai reali, degli anni Quaranta e Cinquanta: la Barbara
Stanwick di <i>La fiamma del peccato</i>, la Anne Baxter di <i>Eva contro Eva</i>, o la
mitica secondaria Mercedes McCambridge (cattiva in tutti i film, ed evidentemente
complessata anche nella vita, probabilmente una lesbica repressa)...O un titolo per tutti: Femmina
folle, con Gene Tierney, che sembra la capostipite di questo genere femminile tanto complessato.</span><br />
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">E in letteratura, finalmente posso segnalare uno dei miei libri
preferiti, che quasi nessuno conosce: un capolavoro ingiustamente rimasto
nell’ombra proprio come il “mio film”, Impatience, che è "Il caso Crump", dello
scrittore di origine austriaca Ludwig Lewisohn. La sua protagonista femminile è il ritratto più
umano che si possa immaginare di una donna <i>vittima di se stessa</i>, che arriva ad imprigionare
un uomo innocente, musicista, nella rete del suo carattere impossibile, vittimista e violento, fino a far diventare
<i>lui</i> il solo capace di ucciderla.</span><br />
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Non sarebbe esatto dire che ci si senta felici quando le spacca il cranio con un ferro da camino: in fondo, era <i>solo</i> una povera donna ignorante e ossessiva. Ma non si può negare di sentirsi risalire dallo stomaco un respiro di sollievo. Perché ci sono anche queste: le donne che non meritano d'essere festeggiate, né difese, né comprese; né l'8 di marzo né mai.</span></div>
Marina Cianferonihttp://www.blogger.com/profile/13344447795654523402noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5034082370790691428.post-30203651749595029892013-02-11T14:27:00.000+01:002013-02-12T14:24:29.815+01:00CADE LA NEVE...<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-4pnU-ib-DcY/URpCRy1cg2I/AAAAAAAAAQc/SatBLHdehyQ/s1600/Neve1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="229" src="http://4.bp.blogspot.com/-4pnU-ib-DcY/URpCRy1cg2I/AAAAAAAAAQc/SatBLHdehyQ/s320/Neve1.jpg" width="320" /></a></div>
La natura stende un velo pietoso su questo febbraio di campagne elettorali demenziali. Cade la neve, copiosa, su una realtà che almeno in provincia si respira immobile, in coma più che in attesa: sui disoccupati recenti e sui già da tempo senza lavoro; su bandoni serrati, attività chiuse per mancanza di fondi, su un traffico scarso per la benzina in rialzo. Sui soliti problemi.<br />
<div style="text-align: justify;">
È una coltre fitta, che da stamattina all'alba non accenna a smettere. Bella la neve, quando dà quest'illusione di pulizia luccicante col suo manto uniforme. Un tempo mi metteva allegria, ma oggi in particolare mi deprime, forse perché il cielo bianco-grigio che si porta dietro ne promette altra e altra, e ho il fuoristrada dal meccanico...</div>
<div style="text-align: justify;">
Ho fatto comunque un giretto fuori, assaporando il suono pieno dello stivale quando appiattisce lo spessore bianco, e respirando quel silenzio innaturale, tranquillizzante, che ti fa pensare a un mondo in apnea. Sarebbe auspicabile, in effetti, un po' di vero silenzio di fronte alla crisi generale che stiamo vivendo. Tutte le chiacchiere suonano così chiaramente...a chiacchiere, senza fondo, disoneste, inventate, temporanee; o anche magari oneste, ma così illusorie da far quasi rabbia. Se le raccontano, i politici. Basta guardarli dall'esterno, per capire che in fondo sono così lontani dalla risoluzione del problema. Davanti casa dei miei c'è un giardino quadrangolare con degli alberi. Da circa una settimana è stato recintato da enormi tavole metalliche, per incollarci su quei manifesti che esteticamente parlando sono tra le cose più brutte con cui si può imbrattare una città o un paese: una facciona, una frase, e il logo del partito. La neve oggi cade a tormenta, così che c'è da sperare che spinta dal vento possa occultare, se continua, anche quelle brutture e falsità.</div>
<div style="text-align: justify;">
Il cinema mi salva sempre nei momenti di bassa tensione. E ovviamente oggi mi è venuto in mente The Dead, l'ultimo film di John Huston tratto dal libro omonimo di Joyce. Non solo la scena finale, che vede appunto uno dei protagonisti guardare la neve che cade fuori dalla finestra di un hotel, ma proprio il pranzo tradizionale offerto dalle due anziane zie a parenti e amici, in Dublino.</div>
<div style="text-align: justify;">
Per tutta la durata del film, ascoltiamo certe chiacchiere che potrebbero anche non interessarci troppo: ricordi comuni, imbarazzi nascosti, ovvie malinconie; dialoghi sul filo delle buone maniere e di un'educazione rigida, ulteriormente imposta di fronte a due donne anziane che il rispetto e l'affetto spinge gli invitati a trattare bonariamente, coi guanti. Si balla anche, con lo stesso controllo e cautela nei movimenti; si suona e si parla di musica, ma sempre badando a non ferire la sensibilità di nessuno dei presenti. Poi, sul finale, il primo colpo di scena in mezzo a tanta (pur onesta) finzione e uniformità: una donna si commuove ascoltando un ospite tenore improvvisare un'aria davvero toccante. E nella scena successiva la donna, in hotel, si apre al marito, spiegando il motivo della sua commozione, e piangendo di nuovo al ripensarci: il ricordo di un amore giovanile, purtroppo scomparso in giovane età, proprio a causa dell'amore. D'un tratto le chiacchiere del film intero acquistano un senso nuovo: diventano interpretabili come il mormorio sommesso della vita normale, che gli uomini passano nascondendo ora agli altri ora a se stessi le verità <i>vere</i>..i sentimenti, le paure, i sogni, il loro io.</div>
<div style="text-align: justify;">
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-ae7_WJAg3Og/URpCN1T9j6I/AAAAAAAAAQU/gLADdZxFtts/s1600/the+dead+one.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="240" src="http://1.bp.blogspot.com/-ae7_WJAg3Og/URpCN1T9j6I/AAAAAAAAAQU/gLADdZxFtts/s320/the+dead+one.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">The Dead</td></tr>
</tbody></table>
La donna si addormenta, esausta dopo una rievocazione dolorosa, mentre l'uomo si attarda a guardare la neve fuori della finestra: la osserva cadere sulle case e la immagina coprire del suo manto uniforme le tombe degli esseri amati, dei morti per amore, che hanno vissuto più in pochi anni che in una lunga vita. E la cena, la festa, riappaiono come una malinconica danza di ombre; una pietosa sfilata di esseri indifesi di fronte alla propria mortalità, alla propria fragilità d'esseri umani.</div>
<div style="text-align: justify;">
Cade la neve, anche oggi, e allo stesso modo, mi sembra, su questa nostra collettività di illusi e di disillusi, di vittime e di boia. Cade, rendendo uniforme il destino di tutti e ridicoli gli sforzi di chi crede d'essere diverso. Cade sui vivi, e sui morti.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Marina Cianferonihttp://www.blogger.com/profile/13344447795654523402noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5034082370790691428.post-66584684048894712122012-11-18T17:15:00.000+01:002012-11-20T14:01:53.426+01:00La verità di Cabiria<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/-ARLzoFKzCwc/UKt8cD6sV8I/AAAAAAAAAP0/UQjkg9w271E/s1600/cabiria+1.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="300" src="http://2.bp.blogspot.com/-ARLzoFKzCwc/UKt8cD6sV8I/AAAAAAAAAP0/UQjkg9w271E/s400/cabiria+1.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">adorabile cabiria...</td></tr>
</tbody></table>
Era il 1957, e Giulietta Masina faceva inconsciamente da portavoce al popolo di Roma, esprimendo in sintesi le differenze tra la gente comune (il popolo, appunto) e quei pochi che ancora si potevano permettere il lusso dell'automobile.<br />
Lei, sotto le vesti della più adorabile delle prostitute, Cabiria (in uno dei pochissimi film di Fellini che, personalmente, non sono invecchiati, restando capolavori) la vediamo smontare dal vano di carico di un'ape che sciupa l'incanto della notte con lo strepito del suo due tempi. Saluta con un certo affetto l'avventore abituale che l'ha avuta probabilmente non più di mezz'ora, e si avvicina al gruppetto di conoscenti che stazionano lì: altre prostitute più o meno "amiche" sue, e il magnaccia, a occhio e croce un ragazzo che ha fatto carriera presto in quel settore, e che da poco "si è fatto" la Seicento. Facendo le lodi della macchina, il tipo si avvicina a uno dei ragazzi che con le loro motociclettine sul cavalletto stanno intorno alle donne, come mosche sul miele, e gli dice: "Ah Brù! Sempre su 'ste brode, stai? Ma come fai...." Il resto non si capisce, ma il senso è chiaro: la moto è per i poveri, o al limite per i fannulloni che non sanno che fare delle loro vite, e passano il tempo ronzando intorno alle puttane.<br />
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-wwWW47rcTb4/UKt8e6t36qI/AAAAAAAAAP8/DkDAJKeB_Js/s1600/cabiria+2.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="239" src="http://3.bp.blogspot.com/-wwWW47rcTb4/UKt8e6t36qI/AAAAAAAAAP8/DkDAJKeB_Js/s320/cabiria+2.jpg" width="320" /></a><br />
Cabiria, da parte sua, si avvicina tutta entusiasta alla Seicento nuova di zecca, ed esclama: "Carina, eh? Che sciccheria! Io se fossi stata te me la sarebbe fatta grigia, è più un colore fino...però è carina!" e poi aggiunge: "Eh! Certo che la Fiat è sempre la Fiat, eh? Embè, con la macchina è tutta un'altra cosa. Ti metti al volante, tutta cosona, la freccia a destra, la freccia a sinistra BRAM! BRAM!....Ti scambiano per una persona DISTINTA, un'impiegata, una fia de papà. E allora vedrai che sono gli uomini che ti vengono appresso. Ah! È una soddisfazione".<br />
Chissà se questo monologo è stato inserito in sceneggiatura dopo che le immagini "selvagge" di Marlon Brando sulla sua Triumph erano arrivate anche sui grandi schermi italiani, consacrando il motociclista a ribelle irrecuperabile, a violento (e piuttosto stupido). Chissà se i ragazzi romani appollaiati sulle loro Gilera o MV (chi mi aiuta a identificare almeno un paio delle piccole moto che si intravedono in questa sequenza?) avevano visto il film di Benedek, e apposta "giocavano" a interpretarne la versione italiana...in un certo senso più onesta: da noi le due ruote erano servite a rimettere in piedi il paese, nel dopoguerra. Erano state molto più che un mezzo per ribelli, per ragazzi pigri a trovare migliori motivazioni.<br />
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-FHe00NPqI9w/UKt8Y_EhYgI/AAAAAAAAAPs/mod9KdOgwfw/s1600/selvaggio+2.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" src="http://1.bp.blogspot.com/-FHe00NPqI9w/UKt8Y_EhYgI/AAAAAAAAAPs/mod9KdOgwfw/s320/selvaggio+2.jpg" width="320" /></a>E comunque, se non si usavano per andare a lavorare, le moto da noi erano una scuola di vita: le si poteva ricostruire o modificare o aggiustare, e anche questo costituiva un metodo potenziale per trovarsi un impiego.<br />
È un fatto, comunque, che nel film di Fellini le moto facciano da co-protagoniste a giovani farfalloni, a ragazzi semplici, stereotipi del "maschio" italiano tipico dell'epoca (che in verità non si è troppo evoluto): appassionato (ma non necessariamente esperto, eh! eh!) di donne e motori.<br />
<br />
Volendo comunque recuperare un po' il mito del Selvaggio, si può dire, come scusante dei bikers che ispirarono il film con Marlon Brando, che erano quasi tutti disoccupati, da poco tornati dalla guerra in Europa, dove ne avevano viste di tutti i colori, e piombati nell'America "felice" del New Deal, sicuramente confusi da tanta allegria e ottimismo, demotivati all'idea di investire altre energie nella corsa al benessere. Da qui, la necessità di fuggire, lasciandosi alle spalle il tuono degli scarichi, il rombo dei motori - tutta la loro protesta - e idealmente senza una meta, andare all'infinito, in cerca di se stessi.<br />
<br />
A ben guardare, anche Cabiria, sotto sotto, stava esprimendo in quella scena la sua protesta al mondo. Proprio lo stesso giorno era stata buttata a fiume dal tipo sbagliato: un amante evidentemente "promosso" a fidanzato, e che si era rivelato il solito scroccone, derubandola e quasi facendola affogare. Wanda, la cicciona buona nel film, prostituta e sua vicina di casa, le apre gli occhi quando lei ancora crede che il compagno sia fuggito per paura, vedendola in acqua; che non l'abbia buttata lui. Ma Cabiria è orgogliosa, e non si adatta facilmente all'idea di aver sbagliato, di essere stata sfruttata da uno che non la meritava..forse un motociclista, come uno di quei giovani. E invece di specchiarsi negli occhi di Wanda, quando la vede sul posto di lavoro, quella notte, si lancia tutta entusiasta e con lo sguardo brillante in quell'ode alla Seicento, in fin dei conti prendendo in giro certi furbastri come il magnaccia, che si possono permettere la macchina sfruttando le donne.<br />
Sono forse meglio quelli che possono mettere il culo su un'automobile, Wanda? O non è pur sempre preferibile farsi abbindolare da un disgraziato, magari un motociclista, che almeno si vende sempre per quel che è, un amabile truffatore?<br />
<br />
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<br />Marina Cianferonihttp://www.blogger.com/profile/13344447795654523402noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5034082370790691428.post-52868185919017321612012-10-31T18:35:00.001+01:002012-11-01T18:17:12.923+01:00E le facce?<!--[if gte mso 9]><xml>
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<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Surreale e grottesca <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>notte di
Halloween…Qui <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>in Italia voglio dire,
dove le maschera è sacra, il travestimento uno degli hobby preferiti, la
barzelletta l’unico modo di piangere i nostri mali, la leggerezza la scusa
universale, giustappunto, per mascherare il vuoto, la carenza di ideali, e di
valori.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Sacrosanta ironia, prezioso senso dell’umorismo, senza il quale un individuo
(intelligente) non vale poi molto, soprattutto oggi. Peccato che l’adozione
gratuita di una festa non nazionale per quelli che a fine ottobre sono in crisi
d’astinenza da carnevale, io non la capisca. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-qT1O-zowOmI/UJGNAm90rZI/AAAAAAAAAPY/1MNdwv6Q_tQ/s1600/maschera+1.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="252" src="http://1.bp.blogspot.com/-qT1O-zowOmI/UJGNAm90rZI/AAAAAAAAAPY/1MNdwv6Q_tQ/s320/maschera+1.jpg" width="320" /></a><span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Il valore potenziale del travestimento, della mascherata, non ha bisogno di
tante spiegazioni. Persino noi che andiamo in moto ne sappiamo qualcosa.
L’adozione di un’uniforme per guidare – casco, guanti, tuta di pelle, stivali
con relativi annessi (copriguanti, sottocasco, protezioni varie ecc) – oltre
che una necessità per quelli che fanno sul serio, è una consolazione per gli
altri: l’affermazione di un’identità e allo stesso tempo uno schermo, una
difesa contro gli altri. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>La moto stessa,
oggi, è una maschera per molti: un miraggio di falsa sicurezza, o di falso
benessere. Perché la moto bisogna prima di tutto sentirla nel sangue, e
secondariamente saperla guidare, cosa non da tutti queli che se la comprano.
OGGI, ripeto. Prima era diverso. Prima era ovvio che alla moto arrivavano solo
quelli che potevano capirla e amarla, magari anche metterci le mani per
ripararla o metterla a punto (quando ancora era possibile, tra l’altro).
Personalmente, ho smesso di salutare quelli che mi salutano per strada. Sembrerò
arrogante, ma spesso oramai mi basta vederli da lontano – la guida,
l’uniforme.. – per sapere se hanno qualcosa in comune con il mio stato dinamico
del momento, con la mia passione, o se sono “in maschera” da Halloween: poveri
festaioli superflui, penosi.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-tvykl8rrG5o/UJFgXxRfyhI/AAAAAAAAAOk/c3PHd3ryKkA/s1600/giovanna.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="237" src="http://4.bp.blogspot.com/-tvykl8rrG5o/UJFgXxRfyhI/AAAAAAAAAOk/c3PHd3ryKkA/s320/giovanna.jpg" width="320" /></a><span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">E comunque, è “in maschera” perfino l’impiegato di banca, col suo completo firmato e la
cravatta inguardabile, e la donna manager, che nonostante possa mancare del
physique du role necessario, non trascura di portare gonne sopra il ginocchio e
tacchi da maliarda per mascherare la propria insicurezza, inammissibile in
questa società triste.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>E dunque: dai,
mettiamo una maschera sopra la maschera, e facciamo festa, che tutto andrà
bene. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-kxHaRF4ofQc/UJFgirCLPQI/AAAAAAAAAO0/WubvO5SqXsw/s1600/maschera+tre.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="232" src="http://4.bp.blogspot.com/-kxHaRF4ofQc/UJFgirCLPQI/AAAAAAAAAO0/WubvO5SqXsw/s320/maschera+tre.jpg" width="320" /></a><span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Ho pensato: quando il cinema nacque era privo di suono. Muto, si chiamava.
Molto rapidamente scomparve la gestualità eccessiva, i volti eccessivamente
drammatici a sostenere didascalie prevedibili, e al suo posto, la maturazione
di un’arte che dall’inizio è andata di corsa come la storia della motocicletta,
comparve il cinema muto degli anni d’oro. TUTTO si poteva dire, col corpo, e
con lo sguardo. Poche didascalie, le parole erano un sovrappiù. La persona era
un essere comunicante dal profondo, e anche quando mentiva sotto le spoglie
d’attore, in un certo senso pronunciava verità universali: amore, amicizia,
paura, coraggio, allegria. Non a caso, l’avvento del sonoro vide niente di meno
che lo stesso Chaplin risolutamente contrario. La parola era considerata una
regressione, l’attore “parlante” faceva ridere. Poco dopo, anche questa barriera
fu brillantemente superata dai maestri. Gli attori iniziarono a saper parlare,
ma la tecnica cinematografica imparò a sottolineare tanto il volto quanto la recitazione.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Ma guardiamo la realtà, oggi: dove sono i volti? Il cinema muto
ha fatto un unico coraggiosissimo tentativo di rinascere nel 2000, con il film <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">THE ARTIST</b> di Hazanavicius, un
autentico capolavoro, che ha confermato la capacità che I VOLTI possano dire
ogni cosa e che noi possiamo comprenderli, alla faccia della modernità, che ha visto la gente perdere gradualmente la facoltà di comunicare con la propria espressività.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://www.youtube.com/watch?feature=fvwp&NR=1&v=Yao13CA62mc" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;" target="_blank"><img border="0" height="265" src="http://1.bp.blogspot.com/-8YATtaSZ5lo/UJFgeAkKpZI/AAAAAAAAAOs/HBRnwDIdf6Q/s400/quarta+maschera.jpeg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">THE ARTIST</td></tr>
</tbody></table>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.youtube.com/embed/OK7pfLlsUQM?feature=player_embedded' frameborder='0'></iframe></div>
<br />
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Si preferisce farlo attraverso la tecnologia, oggi:<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>telefonini, computer e rispettivi derivati, è
il progresso, già. Indubbiamente se ne possono ricavare vantaggi notevoli ma la
MASCHERA, a questo punto, è la macchina che ci tiene isolati. Protetti, e
felici anche, stando all’impressione che mi dà, in generale, lo sterile botta e
risposta cui istiga Facebook . Comunicazione? Sì, un brusio enorme, a prima vista. In realtà, è il
SILENZIO; incomunicabilità dovuta proprio alla distanza o alla mancanza di tempo, un
tema che ho già trattato. Se solo si potessero vedere quei volti mentre scrivono...</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">E invece, non solo si sono perse le facce, ma si è persa anche la facoltà
di pronunciare frasi che meritino d’essere ricordate. Dialoghi che ci svelano,
o in cui<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>dall’esterno ci si immedesima,
maturando sulla nostra propria condizione.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Un’unica cosa è rimasta, almeno personalmente: il monologo interiore.
Favorito dalla maschera del casco che contiene non solo il mio cervello ma gran
parte delle mie emozioni. Frammenti di idee e mezze frasi che a questo pùnto,
non sarò più capace di pronunciare<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>a
nessuno senza perdere l’emotività favorita dal mezzo, dal momento. La
solitudine è lo stadio creativo per eccellenza, da sempre, ma oggi è anche la
condizione cui ci obbligano le risorse della tecnologia. E la paura, di non
saper più ritrovare la persona vera dietro i suoi vari “strati” sorridenti e
multicolori.</span></div>
<br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">È l’unica cosa che posso augurare a streghe, streghette e ad altri inermi
che anche stasera metteranno una maschera sulla maschera (la festa non si
resiste, e c’è chi si traveste già da una settimana). Che sotto sotto,
conservino qualche pensiero intelligente, solo per loro.</span></div>
Marina Cianferonihttp://www.blogger.com/profile/13344447795654523402noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5034082370790691428.post-52241531189931427882012-10-14T15:23:00.001+02:002012-11-01T18:23:21.445+01:00A TUTTO GAS!!Per andare oltre il silenzio e l'ipocrisia.<br />
Le moto e il cinema come soggetto di un libro vedranno una luce migliore, sotto una qualche forma (e-book, magari?) e in un qualche diverso linguaggio (non in italiano). Prossimamente. Perché così dev'essere.<br />
<br />
Chi l'ha detto che la risposta a una proposta - di collaborazione, pubblicazione, traduzione, ecc - debba essere una non-risposta?? Chi ha detto che dobbiamo piegarci alla frustrazione causata dal SILENZIO dopo centinaia di invii dove, con serietà, si offrono le proprie capacità ed esperienze professionali? E chi ha detto che la mancanza di TEMPO debba essere la giustificazione universale?<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-9VPCUxBR3o4/UHq7aY_1QiI/AAAAAAAAAN0/K7ggyNr0e5M/s1600/La+Manga+423.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-9VPCUxBR3o4/UHq7aY_1QiI/AAAAAAAAAN0/K7ggyNr0e5M/s1600/La+Manga+423.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">a tutto gas.....</td></tr>
</tbody></table>
Peggio per loro, per chi si è creato una vita senza tempo disponibile. Italiani principalmente, ma anche i francesi, che ho sperimentato nell'ultimo periodo. Gli proponi na pubblicazione. Silenzio; gliela riproponi gentilmente. Silenzio; ci riprovi (così mi ha consigliato un'amica che vive a Parigi. Mi ha detto: "Con i francesi devi insistere, sennò non rispondono." Bel modo di prendere contatto, no? Facendo la rompicoglioni).<br />
<br />
Alla fine ho ricevuto due o tre risposte (negative) scritte secondo formule formali. E vabbè. Tempo doppiamente sprecato, e anch'io non è che ne abbia da buttare: ma faccio del mio meglio per non lasciare, da parte mia, nessuno senza almeno una parola, che sia di conforto, di spiegazione, di scusa, quando richiesta. O un parere professionale. Visto che TUTTI se lo meritano indistintamente.<br />
<br />
In Italia, non solo gli editori non si degnano di rispondere; neanche le redazioni delle radio più illuminate, per esempio, cui recentemente avevo proposto una rubrica culturale sulla storia delle due ruote. Non ho ricevuto nemmeno un "Non ci interessa, ma grazie comunque".<br />
Ma cos'è questo sistema? Cosa significa, e perché gli si permette di andare avanti? Perché ci siamo abituati al silenzio, esattamente come al rumore gratuito, vomitato da gente che tiene troppo alto il volume della TV, tanto per dirne una? Con questo, ovviamente non sto pensando a rimedi drastici come far causa al maleducato di turno (mi abbasserei al suo livello, così. Non so nelle altre regioni, ma qui in Toscana sembra ci sia una predilezione per intentare cause civili contro i vicini di casa. Il poco spazio per colpa dell'Appennino a ridosso, ci rende troppo territoriali..). La tolleranza è un conto, ma la passività è un altro.<br />
Eppure, non ho mai sentito finora, quando si parla dei giovani che cercano lavoro, una critica sul modo con cui certi datori di lavoro semplicemente NON rispondono, soprattutto di fronte a una mail. Ma la posta elettronica non è stata promossa a mezzo ufficiale anche quando si parla di lavoro? Non è anzi passata avanti ad approcci che, per l'appunto, prendono più tempo?<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://3.bp.blogspot.com/-oH-t6hxjC9A/UHq7fv8TGKI/AAAAAAAAAN8/4IUZmcazAfk/s1600/La+Manga+414.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="257" src="http://3.bp.blogspot.com/-oH-t6hxjC9A/UHq7fv8TGKI/AAAAAAAAAN8/4IUZmcazAfk/s320/La+Manga+414.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">fuori dalle strade comuni....</td></tr>
</tbody></table>
C'è una maggioranza silenziosa che ritiene lecito pensare che una non-risposta equivalga a un "no, grazie". E forse può anche equivalere a un "no". Ma senza "grazie, sia chiaro, e questo equivale a una mancanza di rispetto lampante nei confronti di chiunque avanzi una proposta seria.<br />
Le cose poi, per fortuna, provano che la mia non è solo impazienza. Non aspetto MAI inutilmente una risposta dalla Gran Bretagna, o dagli Stati Uniti. Me ne arrivano anzi prontamente, di sintetiche, formali ed efficaci, segno che c'è gente che sa come ci si comporta in ambito professionale. Non solo il "no, grazie", ma spesso anche l'augurio disinteressato, in poche parole, che mi vada meglio altrove, perché me lo merito. Poco importa se l'ultima frase possa essere segnata da tracce di educata ipocrisia. Ma è esattamente quello di cui ho bisogno nel momento in cui ricevo un rifiuto. O gli italiani non sono in grado di capirlo? O siamo una masnada di cafoni maleducati, travestiti da frenetici lavoratori ( ma dove...) che hanno come perenne scusa la mancanza di tempo per rispondere??<br />
<br />
Poco tempo fa ho ricevuto da Londra un rifiuto che in realtà è stato uno stimolo per me, grazie al tono e alle idee che l'editore stesso ha avuto il TEMPO di espormi in una mail.<br />
E ho deciso per il rilancio: <b>"Due ruote e una manovella" </b>si prepara a scindersi in <b>due libri:</b> uno di stampo più prettamente motociclistico (che forse mi pubblicherà lui: <b>Rollo Turner </b>della<b> <a href="http://www.panther-publishing.co.uk/" target="_blank">Panther Publishing</a>,</b> anche se questa per ora è utopia): basato su aneddoti, foto di scena e storie dei piloti e degli stunt-man che pilotarono le moto nei film citati. Mio braccio destro nell'operazione sarà ovviamente <a href="http://www.sidecar.it/frontalini.html" target="_blank"><b>Costantino Frontalini</b></a>, e il suo immenso bagaglio culturale da quando si è messo a realizzare le repliche delle moto apparse nei film così com'erano nei film. L'altro spunto me l'ha offerto un'americana, docente di cinema, che dopo aver letto, vagliato e criticato (in pochi giorni) il progetto che le avevo dato a mano quando ci siamo conosciute a Bologna, ha proposto di "ri-editare" il mio libro scegliendo un punto di vista più connesso all'arte (es.: <b>Il Futurismo, e il Dadaismo)</b> per introdurre l'importanza del valore simbolico della moto nel cinema.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-J1MfCIfasCg/UHq7jg4XvUI/AAAAAAAAAOE/h9ntb33CKKY/s1600/La+Manga+426.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="255" src="http://1.bp.blogspot.com/-J1MfCIfasCg/UHq7jg4XvUI/AAAAAAAAAOE/h9ntb33CKKY/s320/La+Manga+426.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">oltre la logica...Solo per divertirsi.. E sentirsi vivi.</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Che gli editori italiani (e francesi) sappiano: che talvolta possono dare una mano anche negando un progetto così com'è; che possono aprire uno spiraglio facendo girare solo di poco la loro materia grigia, evidentemente e tragicamente concentrata sul marketing di quel che hanno sotto mano al momento. Anche inglesi e americani badano al marketing, forse anche più di loro!!! Ma se non altro hanno l'acume di intravedere eventuali cambiamenti di struttura che, se un testo è genericamente valido o interessante o originale, potrebbero cambiare in positivo il suo destino.<br />
<br />
Mio altro prossimo progetto di fronte al quasi fallimento delle riviste spagnole di moto su cui scrivo (o scrivevo, visto che un formale licenziamento non c'è stato. Solo il silenzio di chi è, o troppo orgoglioso per ammettere d'essere nella merda, o ha l'acqua tanto alla gola da considerare gli altri membri della redazione uguali a zero, QUINDI: metto nel gruppo dei maleducati anche gli spagnoli). Dicevo, piuttosto che stare ad aspettare che mi richiamino, in caso di ripresa economica, per offrirmi le solite cifre ridicole e soprattutto dopo un comportamento scorretto, io e il fotografo che lavora con me abbiamo deciso di puntare in alto.<br />
<br />
Chi ci impedisce di sognare? Nessuno, mai. Stiamo realizzando un piccolo "book": tre, quattro dei nostri migliori servizi. Grazie alla cortesia dell'amico <b><a href="http://www.lichterphoto.com/" target="_blank">Michael Lichter</a>,</b> negli USA, ho un buon intermediario per proporli. Il lavoro peggiore sarà il mio, perché dovrò tradurli e adattarli per essere inviati al più presto. NON ai francesi o agli spagnoli o agli italiani che puntualmente NON rispondono, ma a riviste americane e giapponesi, le migliori del settore. La scelta non è effetto di una sopravvalutazione del nostro lavoro ma il fondamentale riconoscimento della nostra DIGNITA' PROFESSIONALE. Non solo non ci meritiamo attese infinite, rifiuti, né d'essere l'ultima ruota del carro, ma ciò di cui abbiamo pieno diritto è l'attenzione e la considerazione, al pari dei competitori (squali) che si ritengono, a torto, superiori.<br />
<br />
<br />
<br />
<br />Marina Cianferonihttp://www.blogger.com/profile/13344447795654523402noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5034082370790691428.post-27265027944851432372012-09-06T22:35:00.000+02:002012-09-06T22:35:30.481+02:00ONE WEEK<!--[if gte mso 9]><xml>
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<br />
<div class="MsoNormal">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-9DPy6GUR4aY/UEkITJ9I6NI/AAAAAAAAANM/b-lrvwSAL_g/s1600/one+week+2.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="400" src="http://3.bp.blogspot.com/-9DPy6GUR4aY/UEkITJ9I6NI/AAAAAAAAANM/b-lrvwSAL_g/s400/one+week+2.jpg" width="278" /></a><span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Altro film
indipendente, mai arrivato in Italia, per quel che ne so, con cui l’America, a
modo suo, “si riprende” da quella serie di film di serie b degli anni ’60 (dal
‘54, dovremmo dire, cioè da Il Selvaggio in su) che vedevano il motociclista esclusivamente
in veste di ribelle, figlio di puttana, scapestrato, senza punti di riferimento
nella vita a parte la propria banda su due ruote, con cui spaventare quei
borghesi conservatori che andavano solo in macchina e che, in apparenza
soltanto, erano un modello di perfezione. Ma dovremmo dire "il Canada", visto che
il film è canadese, di un regista che si chiama Michael McGowan, che nel 2008
lo ha presentato al Festival di Toronto.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Lungi dall’essere un capolavoro, si
tratta di un film comunque interessante, “diverso”, e che si svolge sul filo di
una malinconia sottile, un po’ per il tema e la voce narrante, un po’ per la
complicità degli spazi in cui si svolge e della luce che vi imperversa: immense
distese pianeggianti e strade a perdita d’occhio su cui domina un cielo bianco
e che ti fanno sentire minuscolo, o una natura potente e antica, selvaggia e
immutabile, al contrario delle nostre vite mortali, irrisorie, limitate e
costrette da un’infinità di regole imposte e auto-imposte.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">“Una settimana” è
quel che il protagonista, Ben, si concede dopo aver saputo di avere un cancro a
uno stadio avanzato, e lui è quasi un ragazzo. Di fronte ai duri trattamenti che
lo aspettano, e che comunque non gli garantiranno di uscirne vivo, sceglie una
terapia alternativa, che gli si offre per caso mentre, sulla via del ritorno a
casa dall’ospedale, è ancora confuso da quella che gli è suonata come una
sentenza di morte altamente probabile, e in capo a poco tempo.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Un uomo anziano – chiaramente un ex-biker dell’età gloriosa, all’aspetto –ha tirato
fuori dal suo garage un pezzo d’epoca: una Norton Commando nel ’73 (bellina...).
Ben si ferma a guardarla, e l’uomo gli dice di farci un giro: lui la vende
perché ormai non ci va più. La decisione avviene in un attimo, provocata
ulteriormente da una scritta sul bordo srotolabile di uno di quei grossi
bicchieroni di cartone in cui là, si prende da bere: “Go West Young Man”, è la
spinta definitiva.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Durante il pranzo di compleanno di suo padre, Ben rende nota la
sua situazione alla fidanzata Samantha, e deve difendersi per un po', contro l’
insistenza di lei perché non parta come un folle, e “si consegni” prima
possibile alla medicina, come un condannato...</span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-0n01iBqLQxQ/UEkINh-AhPI/AAAAAAAAANE/RpyU31QOwHQ/s1600/One+week+1.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-0n01iBqLQxQ/UEkINh-AhPI/AAAAAAAAANE/RpyU31QOwHQ/s1600/One+week+1.JPG" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Il viaggio, come
ogni viaggio in sella a una moto, è l’occasione per fare il punto sulla propria
vita. Ben ha diversi dubbi da chiarire a se stesso, primo tra tutti, l’amore
per Samantha, che tra le altre cose, odia le moto...Poi ripensa al proprio
lavoro di insegnante e al proprio sogno di diventare uno scrittore, ora minato,
come il resto, da un imprevisto che sembra insuperabile. Capisce che quel che
lo sta uccidendo più del cancro (o forse ciò che lo ha causato) è una vita
normale, senza aspettative particolari, povera di emozioni. Decide di recuperare all'istante. E
si concentra a vivere la sua avventura come se fosse l’ultima ma anche la prima
di una lunga serie, perché non si sa mai.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">La Norton-terapia
dà i suoi frutti. Non solo il confronto con la natura risulta stimolante, ma
soprattutto il<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>miracolo degli incontri
casuali con uomini e donne, con le loro piccole storie, testimonanze
importanti, o solo differenti modi di pensare che via via lo scuotono, gli
aprono strade.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-dc5EkMvKsQc/UEkIXH9zZaI/AAAAAAAAANU/zbV2NvkPjmE/s1600/one+week+3.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-dc5EkMvKsQc/UEkIXH9zZaI/AAAAAAAAANU/zbV2NvkPjmE/s1600/one+week+3.jpg" /></a><span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">C’è qualche momento di crisi: quando la moto lo abbandona..ma gliela
ripara una donna (!) per una di quelle casualità eccezionali che non si ripetono
più di una volta nella vita; o quando ha un banale incidente, una scivolata che
potrebbe vederlo morto e che invece gli fa apprezzare più che mai il fatto
d’esser vivo. E dopo aver maturato la decisione di separarsi dalla fidanzata,
quando si perde in un bosco e ha un mancamento che forse prelude a</span><span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">lla fase di
debolezza e malessere che lo porterà sulla via del ritorno..ma lo soccorre una ragazza che sembra uscita da una fiaba, e con cui passa una delle notti più belle della sua vita.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-qCuVYEG9MQs/UEkIZ4LE9hI/AAAAAAAAANc/6C7JyTpw5lQ/s1600/one+week+4.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="222" src="http://2.bp.blogspot.com/-qCuVYEG9MQs/UEkIZ4LE9hI/AAAAAAAAANc/6C7JyTpw5lQ/s400/one+week+4.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">A Toronto, Ben ci torna senza Norton purtroppo,
dopo che un autista distratto gliel’ha fatta a pezzi con una manovra maldestra
per uscire da un parcheggio.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Ben assimila ogni
momento, e apprende, matura, non si ferma davanti a niente, finché può. Il
viaggio è un’evoluzione che lo lascia tanto “nuovo” quanto esausto, disposto a
tornare dalla famiglia che lo aspetta per combattere insieme.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">La fine ci lascia
in sospeso. Ad andare avanti è il sogno, il che lascia sperare bene, forse,
anche sulla vita reale di Ben: il suo libro è appena uscito, si chiama “One
week”. In copertina c’è una foto sua con l’amica Norton.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Unico difetto
evidente del film, a mio parere, anche se forse calcolato, è che l’attore ha
inequivocabilmente un viso “da insegnante”, un po’ deluso dalla vita, e con gli
occhialini da guida che si è procurato per il casco aperto, e una certa
rigidità della posizione con cui guida, non fa un grande effetto. Del resto,
forse, l’intenzione della regia era proprio quella: di mettere in sella uno che
non c’era mai stato prima, e di farlo scendere cambiato in un’altra persona, dentro. Le
moto, si sa, – soprattutto le classiche che hanno più carattere - fanno di questi
miracoli.</span></div>
Marina Cianferonihttp://www.blogger.com/profile/13344447795654523402noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5034082370790691428.post-74894249307892154502012-08-29T21:29:00.001+02:002012-08-30T14:17:10.428+02:00Senza mai perdere il filo<br />
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<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/-_gU_TJabxxk/UD5r0MfG5DI/AAAAAAAAAMk/1M8jYnuxGHE/s1600/melissaBW1.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="320" src="http://2.bp.blogspot.com/-_gU_TJabxxk/UD5r0MfG5DI/AAAAAAAAAMk/1M8jYnuxGHE/s320/melissaBW1.jpg" width="214" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto: Rebecca Heyl</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Oggi vorrei
parlare di un’amica. Di una donna prima di tutto, che tanti anni fa, ormai, ho
scoperto grazie all’”Impatience” che in quel momento già mi stava portando a
più profonde riflessioni intorno alla moto, e che è diventata per me una specie
di doppio potenziale, un modello da raggiungere, “accessibile” e terreno dopo
che lei si è lasciata avvicinare in maniera spontanea e generosa.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Un compleanno del
lontano 1997, o ‘98, un regalo: un libro di quelli che passano in sordina qui
in Italia, pubblicato per chissà quale strano caso visto che oggi nessuno gli
darebbe credito: “Il veicolo perfetto” è finora (a parte il mio saggio, che non
fa testo, essendo una pubblicazione passata praticamente inosservata, in
Italia) l’unico libro sulla motocicletta scritto da una donna, Melissa Holbrook
Pierson.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Attraverso la
propria sensibilità, che non occorrerebbe nemmeno sottolineare “diversa” da
quella maschile, e una mano indubbia da scrittrice, Melissa ripercorre la
storia della moto come invenzione folle dell’uomo, da un punto di vista
finalmente storico e culturale, alleggerendo il tono della narrazione con la
sua propria storia da quando, come accade per molte di noi, incontra la moto
del cuore e impara a guidarla e a conoscerla e ad amarla grazie al/ai propri
fidanzati.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Il libro mi
piacque moltissimo, e notai soprattutto i numerosi riferimenti cinematografici
che Melissa citava. Mi immedesimai nell’opera che aveva scritto per come
l’aveva scritta, al punto da volerla conoscere. Ed ebbi l’ardire (e la fortuna)
di ottenere il suo indirizzo dall’editore, di scriverle, negli Stati Uniti...e
di ricevere a breve una grande busta pluri-affrancata (che conservo), e che conteveva
una sua lettera e un catalogo della Wildhorse Press, dove Melissa mi indicava
un altro libro che avrebbe potuto interessarmi. Era, quella prima lettera,
cortese e curiosa nei miei confronti: entrambe avevamo studiato cinema
all’università, entrambe eravamo donne, dotate di un’indubbia femminilità – non
lesbiche, per intendersi, visto che l’approccio cambia – e motocicliste.
In un certo senso ci sentimmo – io almeno - l'una il corrispettivo dell'altra, nonostante i dieci
anni di differenza che ci dividevano. Fu un avvicinamento emotivo, pieno di
rispetto, e che sottintendeva la nascita di un legame
imperituro, seppur senza pretese di assiduità o di rispecchiamento eccessivo.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Nella prima
versione del mio saggio utilizzo diverse citazioni dal libro di Melissa: le sue
ricerche puntuali e dettagliate mi facilitarono il lavoro, e il suo supporto a
distanza mi rassicurava. Stavo facendo la cosa giusta....anche se nel paese
sbagliato.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;"><b>“The perfect vehicle”</b> infatti è diventato un cult negli Stati Uniti, ma là, l’atteggiamento
della gente (più “indifesa” alle novità, meno cinica e prevenuta per una sorta di
candore naturale, e disposta a stupirsi anche degli aspetti della vita
apparentemente marginali) e soprattutto la quantità e varietà, disseminata su
uno spazio sterminato rispetto al nostro, sembra garantire una nicchia di
pubblico a ciascun settore. Cosa che qui non è. Dall’Italia<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>- lo so per certo perché mi chiese
gentilmente di informarmene – non le arrivarono mai neanche i diritti d’autore
per il libro tradotto....</span></div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-W3_hZQIzRPc/UD5sqz_-UOI/AAAAAAAAAMs/vZjRVwHcIb4/s1600/melissa5BW.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="320" src="http://1.bp.blogspot.com/-W3_hZQIzRPc/UD5sqz_-UOI/AAAAAAAAAMs/vZjRVwHcIb4/s320/melissa5BW.jpg" width="214" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto: Rebecca Heyl</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Nel 2000,
un’altra amica che andò a New York mi fece il favore di incontrarla, e di scattarle
una foto. Mi piacque, mi sembrò simpatica e alla mano, esattamente come quando
ci scrivevamo via mail. E aspettava un bambino, cosa che all’epoca ci
allontanava parecchio! In effetti per più di un aspetto: la nascita di Raphael
coincise per Melissa con l’abbandono della moto per circa undici anni: un periodo "oscuro" in un certo senso, trascorso a un diverso ritmo, e di cui, in parte, parla nel suo ultimo libro, che riprende la qualità e l’argomento del primo, purtroppo finora disponibile solo in inglese: <b>"The Man who would stop at nothing"</b>.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">La causa per cui
rinunciò alla sua adorata Guzzi non fu solo quella “classica” del terrorismo
psicologico fatto dai parenti su una madre che non può più permettersi di
rischiare la propria vita, ma un’altra anche più semplice: il compagno NON era
un motociclista nella vita: non la spinse a tenersi la moto o, al limite, a
ricominciare ad andarci dopo poco tempo. Al "veicolo perfetto" seguirono altri
libri, in quegli anni, ma di diverso tema (non sui bambini!), e che neanche
lontanamente ottennero il riconoscimento del primo.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Nel 2006 ho
finalmente conosciuto Melissa, in un caffé all’aperto, dietro uno splendido
mercato nel quartiere di Brooklyn. Ci parlammo, mentre spalmava del miele su
una fetta di pane caldo per Raphael, lì con suo padre (che ricordo a malapena: un’omone
schivo, di origine belga, che se ne rimase per i fatti suoi e che non m’ispirò
particolare simpatia). </span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Mi stupii, allora,
di provare lo stesso senso di vicinanza emotiva verso di lei, nonostante le
nostre storie fossero, a quel punto, molto diverse. Ma era un fatto: Melissa continuava
a rappresentare per me un modello, quel che io sarei stata dopo qualche anno,
alla sua età in quel momento: scrittrice, motociclista (quell’”ex” non mi
convinceva molto, e avevo ragione), madre. Non pensavo di avere figli nel 2007,
lo giuro! ma evidentemente una parte inconscia di me sì. Quasi a ricalcare un
ideale romantico, che covavo dentro come un segreto. Quel che non sapevo, magari,
era che sarei rimasta inedita più a lungo di lei! Ma questo, purtroppo, non
c’entra con me, piuttosto con l’epoca e il luogo dove sono nata e dove, finora,
ho scelto di vivere.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Nel 2008 l’ho
rivista, e molte cose erano cambiate: divorziata, andammo a trovare lei e suo
figlio con la nostra RoadKing presa a noleggio a Boston, nella casa che aveva
affittato in mezzo a un bosco sulle Catskill Mountains, un posto bellissimo.
Ecco, un’altra cosa ancora ci accomuna: la scelta di vivere in un ambiente
selvaggio, spostandosi con i propri mezzi verso la città solo quando necessario.
Posso dire di averla vista (e fotografata) in uno dei suoi momenti peggiori: ferita
a morte, abbandonata, confusa. Le dissi, ricordo, che avrebbe solo dovuto
ricomprarsi una moto. Cosa che ha fatto, successivamente, per riprendere il
filo della propria storia: su due ruote. Ci sono cose che non potranno mai
essere cancellate dal nostro DNA, come un codice genetico secondario.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Nel 2009 ci siamo
riviste ancora,in un tardo pomeriggio gelido, in un diner a mezza strada tra
casa sua e il nostro alloggio a Manchester, CT. Era finalmente rinata, positiva
e con la maturità di una cinquantenne, il che la rendeva ancora più bella. Volle
farmi un’intervista per un giornaletto locale di BMWisti – tanto per
contribuire al mio narcisismo latente – ma la cosa migliore tra noi fu di
poter parlare per la prima volta, e di persona, la stessa lingua, seppur
zoppicando tra le proprie.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Ora l'aggiorno costantemente sulle mie novità, che sono poi i miei sforzi per pubblicare il mio libro all'estero. Come al solito, quando mi può aiutare in qualche modo, lo fa, senza riserve. Io le mando foto della mia bambina, lei me ne manda dei suoi ultimi viaggi in sella alla moto, e di suo figlio Raphael, che le somiglia.</span></div>
<span lang="IT" style="font-family: "Calibri","sans-serif"; font-size: 11.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US;"><br /></span>Marina Cianferonihttp://www.blogger.com/profile/13344447795654523402noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5034082370790691428.post-11887807358563320712012-08-19T22:23:00.002+02:002012-08-19T22:23:43.253+02:00To be...or not to be?
<br />
<br />
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Premetto: questo
è un discorso che avrei tanto voluto fare a voce, a mio fratello. Purtroppo -
e mio malgrado - in questo momento ci separano anni luce di distanza, e quindi
niente. Tuttavia, credo che il tema, o la scusa, possa essere di un certo interesse
per motociclisti e non, e questo è il motivo per cui ne scrivo. </span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Anni di scrittura
mi hanno fatto prestare sempre più viva attenzione alle parole. È importante
come si usano le parole, in che circostanza e per quale scopo. Se non altro per
non rischiare il fraintendimento.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Ora: l’altra
mattina ho fatto la solita scappata sul Passo del Muraglione con la mia GS:
nessuno in strada, aria fresca che snebbia la mente, senso di conquista della
cima dopo una sfilza di belle curve (troppo belle per farle solo una volta ogni
tanto..ma crescerà pure, ‘sta bambina mia..). Insomma: un buon quarto d’ora in
salita, e un altrettanto buon quarto d’ora in discesa, un bel modo di iniziare
la giornata.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Sono entrata nel
bar solo per vedere l’ora: c’è una bella parete di foto con dedica a Giovanni da
parte di motociclisti e piloti, e ho riconosciuto subito il logo e la mano di
mio fratello nel piccolo manifesto di Curve & Tornanti (scuola federale di
guida sicura su strada e fuoristrada, </span><a href="http://www.curveetornanti.it/"><span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">www.curveetornanti.it</span></a><span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;"> ) in cui si invitano gli interessati alla “EXIBITION” che si terrà proprio
sul passo il 15-16 settembre prossimi.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">...Exibition?</span></div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://4.bp.blogspot.com/-92yuJEyhI3I/UDFJT-XJlyI/AAAAAAAAAME/bX9532I1gP4/s1600/lezioni+di+guida.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="320" src="http://4.bp.blogspot.com/-92yuJEyhI3I/UDFJT-XJlyI/AAAAAAAAAME/bX9532I1gP4/s320/lezioni+di+guida.jpg" width="245" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Theresa Wallace, istruttrice...</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Sì, mi pare di ricordare che ce ne siano state
altre, gli anni passati, per ricominciare, diciamo così, l’”anno accademico”
dei corsisti che si iscrivono alle lezioni di teoria e pratica su strada per
imparare a guidare bene le loro moto. Ma perché questo termine? Nel migliore dei
casi, e sottilineo, il migliore, immagino che si preveda qualche buon numero di
trial o di fuoristrada forse, su un fetucciato improvvisato proprio lì, o nei
dintorni; qualche spettacolo di bella guida, insomma, fatto dagli stessi
professionisti che poi danno il meglio di sé come istruttori. Eppure, più ci
penso e più dubito che si tratti solo di questo.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">In stretto gergo
motociclistico, qualsiasi “esibizione”, solitamente al’interno di fiere e
circuiti, è prima di tutto quella di tette e culi di qualche bella ragazzotta,
per attirare la marmaglia sotto il denominatore comune di “moto e donne” come
strumenti dominabili. Sempre la solita pappa.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Se la mia è
prevenzione, come si suol dire, “peste mi colga”...va detto però che, in tal
caso, la colpa principale è da attribuire all’uso della parola incriminata,
“exhibition”. Profondamente contraddittoria con le intenzioni assolutamente
“nobili” di qualcuno che intende offrire i propri insegnamenti e la propria
esperienza al dilettante (o all’umile, che si mette a disposizione per questo).
Un istruttore motivato non ha alcun bisogno di ESIBIRSI, quanto semmai di
“mostrare” e di<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>“trasmettere” quello che
sa (e che, tra parentesi, ha anche lui imparato da qualcuno). In tutta umiltà,
lui stesso..perché mica è nato con la scienza infusa!</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Dico questo
perché conosco i miei polli. E so che, nonostante la qualità indubbia di questi
corsi e la bontà delle intenzioni iniziali, quella di certi motociclisti è
innanzitutto una parata; l’esibizione, senza mezzi termini, del proprio
presupposto (o reale) talento. Una caratteristica, senza dire un difetto per
forza, prettamente maschile in quest’ambiente: goliardico dai tempi dei tempi, pieno
di esempi di temerarietà e di vero coraggio, di quell’atmosfera “da pacca sulla
spalla”, che se da un lato sembra solo ammirazione per il compagno, rispecchiamento
del proprio essere “un vero maschio”, dall’altro svela una neanche troppo
nascosta inclinazione omosessuale. Con questo: anche le donne hanno le loro
patologie, in questo senso.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Ma la cosa
peggiore è che se la vocazione primaria dell’insegnante/istruttore è la propria
esibizione, la “missione” di istruire (che altro non è, l’insegnamento di
qualsiasi disciplina, vista la responsabilità che comporta) è inevitabilmente
sporca di protagonismo, e scarsa di rispetto per l’individuo, che appare in
partenza un inferiore, <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>un inetto, schiacciato
dal peso della propria ignoranza o goffaggine. </span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">La passione
diventa lavoro, e il lavoro diventa presto una frustrazione così, perché fatto
in compagnia di individui (gli “studenti”) di cui, in sostanza, importa poco.
Basta che paghino a fine corso, no? Che appaiano un po’ innamorati del carisma
degli insegnanti (l’esibizione senza applauso<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>viene presto a noia!!), quanto basta magari per iscriversi una seconda
volta; e che alla fine, incorrano in meno incidenti che in passato. E il gioco
è fatto.</span></div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-GTyHJSYTva0/UDFKKTpERBI/AAAAAAAAAMM/maCj034PaFI/s1600/Motogiro_d%27Italia_2006_034.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="400" src="http://1.bp.blogspot.com/-GTyHJSYTva0/UDFKKTpERBI/AAAAAAAAAMM/maCj034PaFI/s400/Motogiro_d%27Italia_2006_034.JPG" width="266" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">...perché non "raduno"? - Foto Tommaso Pini</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Se ancora non si
è capito, la vista di questa parola, “Exibition” mi ha fatto montare i nervi. È
che <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>in sé non mi piace, estrapolata dal
suo contesto teatrale, e soprattutto in quest’ambito. E poi perché in inglese??
Ci si sta riferendo, per caso, a un pubblico di smanettoni britannici?? O c’è
bisogno di una prova di pronuncia per essere ammessi, all’ingresso?</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Non era meglio,
più semplicemente , qualcosa come “Festa”,<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>“Evento” o “Raduno”, quest’ultimo, tra l’altro, sempre dolcemente
rievocativo quando si parla di due ruote con un po’ d’anima? </span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Vorrei sorvolare,
infine, sulla presenza delle donne in tanga, visto che la mia è solo
un’ipotesi, e magari mi sbaglio. Ma una cosa vorrei dirla. Chi spaccia la
propria professione per “nobile”, dovrebbe sfidare il mercato, e avere il coraggio
di <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>non andar dietro allo stile della
maggioranza. In tutte le manifestazioni motociclistiche attuali ci sono le
hostess in succinti costumini o con l’ombrellino e i tacchi a spillo, non sono
certo nata ieri. Il fatto è che, in fin dei conti, si dà il presupposto che ci
si stia rivolgendo a una massa di bufali...Ma allora....con che coraggio poi,
in questo caso, si pretende che abbassino le orecchie<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>e vengano buoni buoni ad imparare a guidare? Non
sarebbe più coerente esporre un diverso criterio, un approccio originale e un
po’ più elegante al percorso che vuole arrivare a una guida pulita?
Personalmente non vedo nessun rispetto qui, né per questi “studenti” potenziali,
che non dovrebbero aver bisogno di esche simili, trite e ritrite, né per le
donne in generale, sì: il mondo italiano della moto (eccetto pochissimi
illuminati) di fatto “ammette”, o “tollera” la presenza di donne motocicliste
(l’ho già scritto: insegnare loro, in questo senso, è un’altra forma di sottomissione,
nient’altro).<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>E di questa arroganza ne
ho piene le scatole.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Perché poi la
realtà è questa: che il rispetto verso di noi è di fatto minore di quello che questi
uomini attribuiscono alle proprie moto.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
Marina Cianferonihttp://www.blogger.com/profile/13344447795654523402noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5034082370790691428.post-33392907395579122862012-07-21T11:47:00.003+02:002012-07-21T14:25:32.763+02:00The Kids Are All Right (2010)<br />
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span lang="IT">I ragazzi stanno bene</span></b><span lang="IT">. È il titolo di un film che è la mia ultima
eccezionale scoperta tra gli aggiornamenti previsti su Due ruote e una
manovella, quando qualcuno si degnerà di ripubblicarlo, in Italia o all’estero.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-E0rrCls55YU/UAp55m0KABI/AAAAAAAAALo/zvNZFOCxUx0/s1600/the+kids+are+all+right+1.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="253" src="http://2.bp.blogspot.com/-E0rrCls55YU/UAp55m0KABI/AAAAAAAAALo/zvNZFOCxUx0/s320/the+kids+are+all+right+1.jpg" width="320" /></a><span lang="IT">Eccezionale
perché non solo compare una moto in maniera assolutamente non casuale, e non
solo per cinque minuti o meno, ma perché la moto in questione è una vecchia <b>BMW
r75/5</b>, sorella maggiore della mia /7 – indubbiamente più elegante in certi
dettagli – nonostante la storia e l’ambientazione appartengano alla nostra
epoca moderna, dove questa moto è considerata un modello d’epoca, molto meno
“visibile” agli occhi dei giovani di una moto sportiva, per esempio, e della
gente in generale, a meno che non sia appassionata di questo genere. Eppure,
viene “proposta” proprio a due giovani dal suo pilota, e in maniera splendida.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">Bisogna dire, per
cominciare, che se gli Stati Uniti sono stati l’esempio negativo mondiale, per
aver ispirato dagli anni 50-60 tutta la morale negativa sui motociclisti , da “Il
Selvaggio” in su, con tutti quei
filmacci di serie B sui centauri
violenti, il loro contributo attuale, ugualmente sporadico, certo, e con
film “minori” come questo (mai arrivato in Italia purtroppo...), sta ribaltando
questa mia critica: da Stati Uniti, Sudamerica e Nuova Zelanda provengono nuovi
esempi che riabilitano in gran parte il motociclista agli occhi della gente
comune, etichettandolo almeno con formule meno negative, ora di “diverso” ora
di “originale” o “avventuroso” o “coraggioso”, tutti valori positivi che
spingono a un’osservazione sorridente, quando non ammirata.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">L’Europa, dal
canto suo invece, se alle origini del secolo 19 aveva saputo trasmettere
attraverso il cinema il valore storico, la riconoscenza o l’amore per le due
ruote, attraverso validi esempi, nell’attualità ha archiviato il tema
fermandosi, appunto, ai cattivi esempi dell’America anni Sessanta...Una morale
insita, intatta, nei cervelli più
ignoranti di oggi, e che trapela addirittura da certe notizie assurde di
cronaca locale, come quella proposta dal Corriere stamattina, che parla di un
incidente avvenuto a una donna di 35 anni, incinta di sette mesi, che guidava
una Kawasaki e che ha tamponato un automobile....ma che razza di notizia è
questa? Forse perché una donna incinta è dichiaratamente un’ incosciente o
un’idiota perché guida una moto? O perché semplicemente si tratta di una donna
alla guida di una moto potente?? Che disinformazione! Che ignoranza! E che
moralismo...</span></div>
<div class="MsoNormal">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-JkI_fZsnCxU/UAp59PR1n6I/AAAAAAAAALw/1AQPCIXx5Ec/s1600/the+kids+are+all+right+3.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="164" src="http://1.bp.blogspot.com/-JkI_fZsnCxU/UAp59PR1n6I/AAAAAAAAALw/1AQPCIXx5Ec/s320/the+kids+are+all+right+3.jpg" width="320" /></a><span lang="IT">Comunque, in
questo film, guarda caso di una regista donna, Lisa Cholodenko, i figli
adolescenti di una coppia di lesbiche, che li hanno partoriti, uno ciascuna,
grazie all’inseminazione artificiale con lo sperma dello stesso donante (AHAH!
Ecco perché non è arrivato in Italia! Non ha passato la censura vaticana,
sicuro..), decidono di andare a caccia del loro padre. Lui è uno scapolo
felice, bon viveur, proprietario di un
ristorante alternativo a Los Angeles, di una bella casa...e di una moto.
Inizialmente stupito dalla richiesta della figlia maggiore, di incontrarlo
insieme al fratello, diventa poi gradualmente un amico per entrambi, che in un certo senso “maturano” un po' anche grazie al contatto con il suo modo d’essere, indipendente e libero. Ah! L'impazienza! Che motore! soprattutto quando uno è giovane!</span></div>
<br />
<br />
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">Mi
fermo qui, perché il film si può vedere su <a href="http://www.youtube.com/watch?v=pdr_w2Xjb6Q&feature=related" target="_blank">YouTube</a> a chi interessa. Ci sono
due grandissime interpreti femminili (Annette Bening e Julianne Moore), che in sé rappresentano la diversità così
come la può rappresentare una moto come la r75 in un film moderno (per questo,
la moto NON è un caso in questo film), e anche
l’attore, Mark Ruffalo,è piuttosto bravo, soprattutto come
motociclista, a mio parere: sicuro di sé senza essere arrogante né effettista,
guida bene e tranquillo la sua moto tranquilla, vestito giusto, e con la giusta
espressione perfino, un'opportunità eccezionale per la ragazzina, che non potrebbe vivere meglio la sua prima esperienza in sella a una moto condotta da una persona che non la spaventa, ma gliela fa leggere come il suo destino, d'essere innanzitutto una persona libera, dentro.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-vpPKhrxEb0s/UAp6BwuPHPI/AAAAAAAAAL4/eFsQGsI7NSw/s1600/the+kids+are+alright+2.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="205" src="http://4.bp.blogspot.com/-vpPKhrxEb0s/UAp6BwuPHPI/AAAAAAAAAL4/eFsQGsI7NSw/s400/the+kids+are+alright+2.jpg" width="400" /></a><span lang="IT">Quando chiede ai ragazzi “Siete mai stati su una moto?” e
loro gli dicono di no – una delle madri è contraria – lui risponde
semplicemente “Che peccato! Non sapete quanto può essere divertente..”, una
frase perfetta, applicata a questa
BMW...A me, almeno, ha fatto venire i brividi.</span></div>Marina Cianferonihttp://www.blogger.com/profile/13344447795654523402noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5034082370790691428.post-36281944121494791252012-07-08T16:28:00.001+02:002012-07-15T20:03:07.821+02:008770<br />
<br />
<span lang="IT">…Quanto tempo è
passato?</span><br />
<br />
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">Non
un’esclamazione, ma una domanda, che normalmente, nel mio caso almeno, apre una
pagina di seghe mentali. Del resto, quando ci vuole ci vuole.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://3.bp.blogspot.com/-pLLizxIxMb8/T_mYaY-XkDI/AAAAAAAAALU/OreOKl6nd54/s1600/oas20.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="245" src="http://3.bp.blogspot.com/-pLLizxIxMb8/T_mYaY-XkDI/AAAAAAAAALU/OreOKl6nd54/s320/oas20.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">On Any Sunday, 1970.</td></tr>
</tbody></table>
<span lang="IT">Quanto tempo è
passato da quando mi si stampò nella mente, per sempre, l’immagine di quell’amica di mio fratello,
Antonella, mentre scuoteva la testa, sorridente, in sella alla sua piccola
enduro, a Castagno d’Andrea, mentre una signora che passava di lì le chiedeva
“Ma non hai paura?”. Pensai solo “un
giorno anch’io”, ma confesso che allora, forse, era soltanto perché mi
inorgogliva l’idea di poter negare con lo stesso sorriso, a un estraneo, di
avere paura.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">Successe più o
meno lo stesso quando vidi un’amica di una mia amica, a Castiglioncello, più o
meno nello stesso periodo, mentre inforcava la sua due tempi da corsa. Provai
un brivido, anche se la voce di quella moto, sentivo che non m’apparteneva, che
non era quella che io avrei scelto per me. Già, ma quando? Quanto tempo è
passato da allora?</span></div>
<div class="MsoNormal">
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/-HtRVW8x-DZE/T_mQciz2WTI/AAAAAAAAAK4/BH_-PAd2aDg/s1600/oas22.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="245" src="http://2.bp.blogspot.com/-HtRVW8x-DZE/T_mQciz2WTI/AAAAAAAAAK4/BH_-PAd2aDg/s320/oas22.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">On Any Sunday, 1970.</td></tr>
</tbody></table>
<span lang="IT">E quanto,
esattamente, da quando il mio primo fidanzato mi propose di riconvertire la
piccola eredità di mio nonno, un milione di di lire, in una Yamaha SR250, una
moto facile con cui iniziare? E qui in parte sto mentendo, perché lo so bene
che era il 1991, eppure centrarsi sulle date, a un certo punto, non serve più a
stabilire le distanze. E questo fatto mi sembra ancora più remoto, se ci penso
bene, forse perché quel mio fidanzato è morto tre anni fa, e i suoi 49 anni
resteranno 49, e tra 7 io che ero più giovane di lui di 10 anni lo supererò, e
sarò più vecchia di lui. Con un po’ di fortuna, morirò più vecchia e vivrò cose
che lui ha potuto solo immaginarsi...Sì, i numeri mi hanno sempre confusa,
bisogna dire anche questo.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">Non racconterei
nemmeno qui sul blog che oggi compio 42 anni se non fosse stata la rete a
farmi sentire come non avrei mai voluto. </span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">Una volta ho
scritto un articolo per Motociclismo Clásico, in Spagna, su <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">On
Any Sunday</b>. E mi venne spontaneo iniziarlo celebrando il fatto che il film
risale all’anno in cui sono nata, e che anche solo per questo, io ritenevo di
avere qualcosa di valido nel mio curriculum, già in partenza.... Nel 1970, <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Steve McQueen</b>, con Malcom Smith e
l’altro pilota amico di cui ora non ricordo il nome, sono protagonisti di
un’indimenticabile<a href="http://www.youtube.com/watch?v=AbT3Yy5lexY" target="_blank"> sequenza finale</a> (in un film-documentario capolavoro) in cui
giocano a rincorrersi tra le dune, sulle loro moto. Uno schiaffo al tempo,
innanzitutto, alla morte. Un’omaggio a una giovinezza imperitura, a quella parte
bambina che ci mantiene vivi, che mantiene vivi anche quelli che se ne sono
andati, o che se ne andranno dopo aver vissuto con intensità. </span></div>
<div class="MsoNormal">
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://4.bp.blogspot.com/-yh7fa_voggQ/T_mYd9EbcAI/AAAAAAAAALc/QvCAwGEf9UQ/s1600/oas33.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="246" src="http://4.bp.blogspot.com/-yh7fa_voggQ/T_mYd9EbcAI/AAAAAAAAALc/QvCAwGEf9UQ/s320/oas33.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">On Any Sunday, 1970</td></tr>
</tbody></table>
<span lang="IT">Beh, forse quella frase d'attacco, nel mio articolo, fu un po' egocentrica malgrado l'ironia...eppure ricordo che ero sicurissima di dover segnalare quella coincidenza fortuita, che era anche l'unica cosa che mi rendeva orgogoliosa del mio anno di nascita.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">Ma per tornare al fatto: t</span><span lang="IT">re persone, oggi, mi
hanno fatto gli auguri senza avermeli mai fatti prima, non perché non
volessero, ma perché non sapevano. Come io non sapevo: che facebook segnala il
compleanno dei suoi iscritti a chi figura nel proprio indirizzario, o come si
chiama. Ma chi glielo ha chiesto?</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">Non sarebbe
nemmeno una cosa da raccontare, se per l’appunto questi auguri non mi fossero
arrivati prima di quelli delle persone (non me ne vogliano, gli altri..)
che amo di più, per le ragioni più varie: impegni domenicali, frenesia, o
problematiche più personali, che oggi mi fanno restare in attesa. </span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">Comunque, per
me è stata dura. Mi è rimbalzato più
evidente che mai il fatto che questi nuovi sistemi nascono, tra gli altri
motivi, per allontanare lo spauracchio della solitudine, il rischio di non
sentirsi almeno un po’ importanti per qualcuno (illusione..). Purtroppo, e non è colpa di queste persone tanto solerti
ovviamente, io mi sono sentita più sola che mai. </span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">E ho pensato al
passato, perché di solito mi riconcilio con il tempo così, provando a me stessa che ho
vissuto, e che malgrado i sacrifici e le fatiche attuali (meno moto, anche..) STO VIVENDO (cogli l’attimo, perché potrebbe non esserci il successivo).</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">La
colpa, ho pensato, in fin dei conti è degli strumenti che via via abbiamo a disposizione. Il
bianco e nero dei vecchi film, per esempio, ne
stabilisce un’età che solo apparentemente sembra rimontare a un sacco di tempo
“prima” di quello effettivo. Stessa cosa per le foto: quanto più è vecchia la
macchina, tanto più i soggetti dei dagherrotipi e poi delle “vecchie” foto di
famiglia scavalcano le date e fanno pensare “quanto tempo è passato!”
(esclamazione..non domanda). Eppure,
quelle persone che agivano nei primi film muti della storia, e anche dopo, i
protagonisti dei film più amati in bianco e nero, non dovevano soffrire dubbi,
fatiche e inquietudini tanto diverse dalle nostre, e questa è retorica.
Comunque, i loro sentimenti non dovevano essere come il bianco e nero che li ha
mascherati via via, da gente di un altro tempo, più seria (?), meno pazza o
stupida (?), più inconsapevole, e questa forse è l’unica realtà, di quel che
avrebbe combinato il progresso di lì a qualche anno.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-k1hm22f9tro/T_mRPhHVDbI/AAAAAAAAALI/3pu2lR0Ig7g/s1600/IMG.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="http://2.bp.blogspot.com/-k1hm22f9tro/T_mRPhHVDbI/AAAAAAAAALI/3pu2lR0Ig7g/s320/IMG.jpg" width="184" /></a><span lang="IT"> </span><span lang="IT">Ah! Per fortuna,
almeno i miei genitori hanno battuto sul tempo i “facebookisti”, questa
mattina. Mia madre perché è venuta a trovarmi da qualche giorno, e stamattina
all’alba è uscita a raccogliere delle margherite per me. Mio padre perché ci ha
raggiunti col <span id="goog_1938404193"></span><span id="goog_1938404194"></span>fresco, già alle sette e mezzo, portando pasticcini per
colazione. E quando mi hanno vista, senza troppi romanticismi ma un po’ per
ridere, hanno rievocato la giornata per loro indimenticabile della mia nascita,
come se fosse ieri. E la vecchiaia per un attimo gli è scivolata via di dosso.
Gli anni sono sembrati uno scherzo.</span>
</div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">Già, ma quanto
tempo è passato?</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">Conservo in bella
vista, nel mio soggiorno, una minuscola fotografia di quando erano
sposati da poco: mio padre ha gli sci ai piedi, mio fratello di forse 4 anni è sullo
slittino accanto a loro, e sempre mio padre ” fa le corna” dietro la testa di mia
madre mentre lei sorride, ignara. Il momento, l’atteggiamento, è
prepotentemente attuale, ma la mancanza del colore invecchia inevitabilmente l’attimo.
Quelle corna sono il dettaglio di una giovinezza e di un entusiasmo che travalicando
“la tecnica” comunicano che il tempo, in fondo, è un mistero.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT"></span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>Marina Cianferonihttp://www.blogger.com/profile/13344447795654523402noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5034082370790691428.post-59133073740848467232012-07-01T16:03:00.001+02:002012-07-15T20:10:49.380+02:00Basta crederci.<br />
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">In alto i nobili
ideali: il sogno, l’ambizione onesta. La tenacia, un po’ di incoscienza, e
l’impazienza di riuscire in qualcosa di forse “non previsto” nel mio curriculum
“brevis” attuale (che vede le donne di
tutto il mondo come innanzitutto madri, per destino e predisposizione naturale,
malgrado le apparenze che garantiscono un’evoluzione avvenuta), venerdì scorso
ho fatto qualcosa.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-pAVsg1nTxIY/T_BX10zVnPI/AAAAAAAAAKk/Z1tcTk6aOG0/s1600/cinema-ritrovato-+2.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="242" src="http://1.bp.blogspot.com/-pAVsg1nTxIY/T_BX10zVnPI/AAAAAAAAAKk/Z1tcTk6aOG0/s320/cinema-ritrovato-+2.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><a href="http://www.youtube.com/watch?v=1eVtv1YyzOU" target="_blank">G. Mélies. Voyage dans la lune, 1901</a>.</td></tr>
</tbody></table>
<span lang="IT">Mi sono detta:
“ma perché lasciar perdere?”. La grinta dello sguardo di Yvonnie Selma, contro
la strada, mentre “finge” di guidare la “sua” motocicletta in Impatience, continua
a forare la superficie incerta della vecchia pellicola su cui fu girato il
film, 84 anni fa. Perché resistere a mantenere occulto per altri 84 anni il suo
carattere, la sua esperienza onirica e reale allo stesso tempo, a tutti quelli
che non l’hanno conosciuta come me, per caso, sullo schermo di un cinema
d’essai, durante una retrospettiva cinematografica di second’ordine?</span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">A quell’epoca mi
dissi: “ci scrivo la tesi, e poi la pubblico”. Facile, ah! Quando ancora uno
crede che il mondo vada per il suo corso ragionevole! In seguito, senza arretrare
di un passo, continuai a dirmi: “Ok. Se il regista non interessa (secondo
l’editoria ottusa, perché “sconosciuto in Italia”...MA COME SI FA A CONOSCERE
GLI SCONOSCIUTI SE NON FACENDOLI CONOSCERE??), lavorerò solo sul secondo film:
lo inserisco in un documentario sul valore simbolico della moto nel cinema,
dalle origini”. </span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">All’epoca, mi
aiutò l’ex-fidanzato della fondatrice del sito delle motocicliste (</span><a href="http://www.motocicliste.it/"><span lang="IT">WWW.MOTOCICLISTE.IT</span></a><span lang="IT"> ), Paola Furlan. Dopo che un uomo gentile
di cui nemmeno ricordo il nome, mi disse, in confidenza, che anche solo l’idea
di un documentario fatto di frammenti di film sarebbe venuto a costare uno
sproposito, e che non avrei trovato nessun mecenate a sostenermi, ripiegai con
un certo orgoglio: “Vabbè. Allora scriverò un libro sullo stesso argomento”.
Come “un lavoro di ricerca”, mi spiegò l’editore, Danilo, il che giustificava
l’utilizzo di TUTTE le immagini, limitandone il formato alle dimensioni di un
francobollo ognuna, dal cinema americano a quello italiano famoso, SENZA
CHIEDERE i diritti d’autore. Una
procedura che, vista a distanza, non smette di farmi pensare che a noi italiani
piace indiscutibilmente fare un po’ i furbi.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">Ed ecco qua. 9
anni d’attesa, nessuna presentazione, una distribuzione pessima, ma Due ruote e
una manovella nasce. Già defunto.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">Ora, non potendo
partecipare quest’anno, al Secondo Congresso su Moto e Cultura, in Colorado
(altra storia di cui parlare..ma a parte), quest’anno “ho ripiegato” sul
Festival del Cinema Ritrovato, a Bologna. Una meta più abbordabile, vicina,
comoda..</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-8C5h-mn9GKs/T_BXzIOVmFI/AAAAAAAAAKU/TpNGOWMhLSY/s1600/cinema+ritrovato+1.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="http://2.bp.blogspot.com/-8C5h-mn9GKs/T_BXzIOVmFI/AAAAAAAAAKU/TpNGOWMhLSY/s320/cinema+ritrovato+1.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">Grazie a Linkedin
- bisogna essere giusti - ho saputo che
ci sarebbe andata un’americana, Kristin Thompson dell’Università del Winsconsin
che, anni fa, ha scritto anche lei del mio regista belga (l’unica a intuire che
il poveretto si meritava d’essere citato anche solo con poche righe in
un’eciclopedia di cinema). L’ho contattata, le ho chiesto un appuntamento, lei
ha accettato. Miracolo...o perché è solo un’americana, colta ma meno arrogante
di noi europei? </span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">Poi, ho anche
saputo che il direttore della Cineteca di Bruxelles, Nicola Mazzanti, avrebbe
presentato un film, a Bologna. Ho provato a fare la stessa cosa con lui, ma
qui, EH! È stato più difficile. Un europeo!!
La sua segretaria (o segretario, un nome fiammingo..non ho capito bene,
e forse questa è stata la mia mancanza) dopo la prima mail si deve essere
offesa/o , e non ha voluto più rispondermi. Dall’Italia nessun aiuto, ma mi
hanno gentilmente detto di tentare un approccio, lì per lì, al Festival.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">E così è andata.
Un giorno diverso. Al Festival del Cinema Ritrovato di Bologna, edizione 2012: un
evento bellissimo!! Una proiezione dietro l’altra, in quattro sale diverse,
l’emozione di sentirsi spettatori del passato davanti a cortometraggi del 1912
(in omaggio al secolo trascorso) o a lungometraggi degli anni Venti con
accompagnamento al piano dal vivo: capolavori dall’aspetto fragile, restaurati
come si merita qualsiasi opera d’arte in qualsiasi campo. Perché il cinema PUÒ
dar luogo a un’opera d’arte, anche se fin dall’inizio è stato definito come il
passatempo della gente comune (già, è più facile guardare un film che leggere
un libro).</span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://www.blogger.com/goog_346649760" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="240" src="http://4.bp.blogspot.com/-MiWpCS_LTX8/T_BX08g2VQI/AAAAAAAAAKc/hcz2ATS1-OE/s320/cinema+ritrovato+3.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><a href="http://www.youtube.com/watch?v=i3GjkLnJCbU" target="_blank">Chaplin in "Mabel at the wheels", 1914.</a></td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">Beh, è stato proprio
come un “happy end” in una commedia: Kristin Thompson, intercettata tra un film
e l’altro con la sua Coca Cola a tracolla, ha accolto sia l’idea di collaborare
con me, nel caso il mio progetto di una prossima retrospettiva su Dekeukeleire,
al Festival, venga accettato, che la possibilità di considerare l’eventuale
pubblicazione di Due ruote e una
manovella negli Stati Uniti, tradotto e ovviamente aggiornato, dal momento che
l’individuazione di una moto in un contesto filmico interessante, non smette
d’essere un lavoro senza fine....</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">Altrettanto
miracoloso è stato l’incontro con Mazzanti. L’ho tallonato e rincorso dopo la
presentazione, ma quando gli ho chiesto un minuto del suo tempo m’ha detto di
sì, e questo fa sempre piacere: che il “tempo” non sia sempre lui a decidere. </span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">Anche lui ha
accettato di leggere la versione francese del mio progetto di pubblicazione
all’estero (L’Europa, in fin dei conti, sarebbe il mercato più plausibile, se
solo trovassi qualcuno disposto a rischiare i costi). E si è detto disponibile
a fare quanto necessario se l’idea della retrospettiva, vagliata il prossimo
settembre, verrà accettata dalla commissione.</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">Tutto qui, tutto
bene. Ho seminato. Ora vediamo se nascono delle piantine. Non escludo,
ovviamente, che gli stessi potranno poi ritenere “superflua”, o un po’
paranoica perfino, la mia crociata sul valore simbolico della moto nel cinema,
su un presupposto valore STORICO delle due ruote, coetanee del cinematografo, e
nate con la stessa finalità, curiosamente: divertire la gente durante il tempo
libero. Se sarà così, comunque, è problema loro. La motocicletta non è di per
sé un argomento che attrae gli intellettuali, sebbene questa sia una forma
sottile di “ignoranza intellettuale”..Ma io continuerò a provarci. E ripeto: in alto i nobili ideali, di qualunque natura
siano. Basta crederci.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>Marina Cianferonihttp://www.blogger.com/profile/13344447795654523402noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5034082370790691428.post-14255931056744100252012-06-18T14:07:00.000+02:002012-07-10T13:48:24.783+02:00Due ruote per rileggere la Storia...esagerati?<br />
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">Mi scrive una
mail un carissimo amico, proprio quando avevo deciso di scrivere su di lui,
qui, a proposito della mia vecchia, cara impazienza caratteriale, che in questo
caso si scontra con la pazienza di un uomo che difende la propria passione con
l’impegno e l’ostinazione di un eroe, ma in certo senso anche si riflette nell’impazienza
di non lasciare MAI intentato il Sogno... </span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">Ho conosciuto
Costantino Frontalini molti anni fa. Era
forse il 1998 o ‘99. Stavo scrivendo il mio libro sul valore simbolico della moto nel
cinema, e per caso trovai sulla rivista periodica della FMI un’intervista a un
collezionista di sidecar, che viveva in provincia di Macerata e gestiva un
piccolo museo personale con i suoi modelli, un centinaio, accumulati nel corso
degli anni da quando, in gioventù, si
era innamorato di questo mezzo potentemente
evocativo, poetico e bizzarro.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://4.bp.blogspot.com/-9QaS0NrCNVg/T98ZC4wzCBI/AAAAAAAAAJ0/FWDoUVXjUfk/s1600/IMG_0873+copia.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="213" src="http://4.bp.blogspot.com/-9QaS0NrCNVg/T98ZC4wzCBI/AAAAAAAAAJ0/FWDoUVXjUfk/s320/IMG_0873+copia.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto: Paolo Grana</td></tr>
</tbody></table>
<span lang="IT">Nell'intervista, Frontalini parlava anche di una parte della sua mostra
permanente dedicata al cinema, con sidecar apparsi in film memorabili, come La
Strada, di Federico Fellini, lì citati coi rispettivi manifesti, foto di scena
e quant’altro. Mi pare di ricordare che ci fosse un numero di telefono in fondo
all’articolo, o comunque, mi detti da fare per trovarlo, e lo chiamai. Fu una
scoperta, oltre che l’inizio di un’amicizia e di una collaborazione stabile
grazie alla quale, oggi, lui ed io ci sentiamo, forse un po’ arbitrariamente ma
senza dubbio orgogliosamente (e ironicamente), gli unici “esperti” in Italia in
fatto di cinema e motociclette.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">Costantino non
era (ed è!) solo un collezionista. Era un idealista, un sognatore eccentrico,
uno che andava controcorrente, difendendo senza protagonismi un’”idea” che era
semplicemente la sua. È vero che l’aveva esposta e propugnata, negli anni, al
suo Comune e a quant’altri: che l’idea di un Museo Nazionale sulla Storia del
Sidecar avrebbe contribuito a illustrare la Storia, non solo italiana,
attraverso un punto di vista specifico e affascinante: l’evoluzione della
macchina e delle due ruote in particolare, che avevano portato l’uomo (prima i
pazzi e i più coraggiosi, poi anche la gente comune) a muoversi più facilmente
verso le proprie mete. Ma nessuno l’aveva mai preso sul serio. </span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">Niente fondi, poco
interesse, moltissima ottusità, diverse prevenzioni ancestrali verso la moto, niente
Museo. ..Niente Museo? E chi l’ha detto? Costantino se l’era fatto da sé, il
Museo, nel giardino di casa sua! Ai piedi del paesino di Cingoli, Macerata. Tre
capannoni in legno e lamiera, uniti tra loro, come piccoli hangar, e
periodicamente organizzava e riceveva le visite delle scuole locali, e faceva
sognare i bambini raccontandogli – come soltanto lui sapeva, e sa fare –
l’evoluzione delle due ruote dalla fine dell’800 fino più o meno agli anni
Sessanta, quando il sidecar viene ufficialmente soppiantato dalle prime
utilitarie, e lentamente scompare.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://4.bp.blogspot.com/-0MpoD8iGVMI/T98ZLUurS4I/AAAAAAAAAKA/IcvlJweekno/s1600/costantino+e+io.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="213" src="http://4.bp.blogspot.com/-0MpoD8iGVMI/T98ZLUurS4I/AAAAAAAAAKA/IcvlJweekno/s320/costantino+e+io.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto: Paolo Grana</td></tr>
</tbody></table>
<span lang="IT">E poi l’altra
passione, il cinema. Le mie visite a
Cingoli, in questi anni, mi hanno permesso di assistere alla metamorfosi di una
parte del Museo: molto lentamente, anche se in maniera costante - con la pazienza del cercatore d’oro e
l’impazienza dell’appassionato vero – la sezione dedicata al cinema è andata
via via aumentando i pezzi, a volte, purtroppo, a scapito della collezione
originaria, che si è dovuta privare di certi esemplari da sogno pur di garantirsene
altri, forse meno importanti storicamente, ma che erano diventati fondamentali per ricostruire un’altra Storia
importante: quella del Cinema IN MOTO, dalle origini. Il sidecar dei fratelli
Marx in “Duck Soup”, la moto di Dziga Vertov ne “L’uomo con la macchina da
presa”, il sidecar su cui si sposa Buster Keaton in una delle sue comiche, la
moto di uno dei primi film di Chaplin, e il sidecar di Aldo Fabrizi e Totò, quello
di Peppone e Don Camillo...e via così, avanti negli anni, attraverso i film di guerra, la commedia
all’italiana, i film d’avventura americani, con esempi noti e meno noti.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">Mi è sempre
piaciuto pensare, anche se probabilmente il nostro è stato un processo mentale
all’unisono, che in parte il mio libro, Due ruote e una manovella, abbia un po’ ispirato Costantino in quella
che era stata la mia idea di partenza: la “macchina cinema” e la “macchina
moto” nacquero in fin dei conti negli stessi anni, stesse date (intorno al
1895), con identiche motivazioni iniziali: procurare divertimento alla gente,
una variante per passare il tempo libero.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">E quale miglior
scusa per rivedere il XX secolo se non attraverso l’occhio “dinamico” della
macchina da presa e delle due ruote? Il secolo delle grandi invenzioni, della
conquista all’impossibile, dell’aria e dell’immagine in movimento, trasforma il
Novecento in una meraviglia continua da scoprire, nell’esempio del secolo
tecnologico per antonomasia, frenetico ma anche mosso da un gran romanticismo. Il
Secolo Impaziente...di uccidere se stesso anche, il suicidio graduale della
nostra società iniziò allora. Ma questa, come si dice, è un’altra storia.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://4.bp.blogspot.com/-dmil-OkT-Y8/T98ZQkIyUuI/AAAAAAAAAKI/xWhYiFifDhE/s1600/coppia+sul+lago.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="213" src="http://4.bp.blogspot.com/-dmil-OkT-Y8/T98ZQkIyUuI/AAAAAAAAAKI/xWhYiFifDhE/s320/coppia+sul+lago.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto: Paolo Grana</td></tr>
</tbody></table>
<span lang="IT">Oggi comunque, la
mostra permanente di Costantino Frontalini, di sidecar e motociclette apparse
nel corso della Storia del Cinema, vanta un bel numero di esemplari
meravigliosi, che fanno sognare o riflettere. Per le stesse motivazioni che ho
detto all’inizio, ha avuto poco riscontro, in Italia quasi nessuno: una bella
mostra a Parigi nel 2008 e due in Spagna lo stesso anno, poi nulla per un bel
po’. Proposta a Roma in occasione dell’ultimo Festival, è stata rifiutata. Il
costo dell’allestimento? Una scusa valida solo in parte: Costantino ne aveva
proposto il frazionamento secondo i periodi storici. Anche ora non fa che
proporla spezzata, per tematiche o epoche. Nell’ultima mail, allegro e positivo come
sempre, mi informa che il Mercanteinfiera ha accettato di esporre parte
dell’esposizione sul “Sogno americano” durante la Fiera Antiquaria di Parma,
dal prossimo 29 settembre al 7 ottobre. </span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT">Io farò di tutto
per esserci, come in ogni altra passata occasione. E consiglio, a chi può, di
andarci, anche da inesperto di moto, perché le moto, qui, sono le specchio
attraverso cui rileggere la nostra Storia. E anche un po’, noi stessi. Grazie, Costantino!</span></div>
<div class="MsoNormal">
<a href="http://www.sidecar.it/"><span lang="IT">www.sidecar.it</span></a><span lang="IT"></span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>Marina Cianferonihttp://www.blogger.com/profile/13344447795654523402noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5034082370790691428.post-80264861393683132762012-06-12T15:47:00.000+02:002012-06-21T14:47:19.236+02:00L'ultimo salutoNon si sa mai chi si saluta davvero, quando ci si rivolge a guardare l'obbiettivo di una macchina fotografica. Le foto ci travalicano, restano dopo di noi, e in certi casi, a un certo punto, e a certe persone, le scattiamo proprio per questo: perché restino, almeno le foto.<br />
Un mese fa, il piccolo e ingiustamente travisato mondo dei motociclisti "autentici" ha perso un amico; non un nome famoso, anche se il suo cognome ricorderà ai più informati quello di un pilota storico: <b>Ofelio Liberati</b> non faceva il giornalista per lavoro, ma solo perché le moto gli piacevano, perché ci andava fin da ragazzino. Ed essendo per natura un nostalgico, era finito a scrivere soprattutto di moto d'epoca, e sempre alla sua maniera. I suoi aneddoti personali in particolare, sulla propria gioventù di centauro per vocazione, raccontati spesso sulla sua ultima pagina di Motociclismo d'epoca, ogni mese, credo che diventeranno una specie di "cult" tra i lettori della rivista, ora che la sua penna ironica e sensibile - sensibilmente nostalgica - non sarà più lì a scriverne di nuovi.<br />
Io non posso dire di averlo conosciuto bene come collega, anche se la sua figura sorridente, occhialuta e lievemente barbuta, era una di quelle familiari quando mi trovavo a partecipare ad eventi puntuali come la rievocazione al Motogiro d'Italia. Mi è sempre sembrato un uomo avvolto in una sua placidità interiore, per una serenità dovuta probabilmente al fatto d'essere nel posto giusto al momento giusto, di fare quel che voleva fare quando lo voleva fare, di avere una vita sostanzialmente soddisfacente, insomma, a Pescara, col suo lavoro, la moglie e i tre figli.<br />
Dell'incidente che ha avuto in sella alla sua moto si dice che abbia "perso il controllo" su una curva, andando a scontrarsi contro l'auto che veniva in senso opposto. Una dinamica direi "classica", qualcosa che può succedere con la complicità del caso (fondo stradale sporco, gomme sbagliate, un imprevisto animale, vegetale o minerale...) ma anche di un errore di manovra.<br />
Sono sempre stata una sostenitrice dei corsi di guida sicura su strada e fuoristrada che già da qualche anno si organizzano in varie parti d'Italia per mettere il motociclista comune più direttamente in simbiosi con la propria moto. Guidarla bene non è un fatto presupposto, quanto piuttosto un'arte da apprendere ed affinare con l'esperienza, e qualche buon consiglio. Poche regole teoriche, e soprattutto molta pratica, magari al seguito di chi ne sa più di noi per esperienza acquisita, possono contribuire non solo a guidare più in sicurezza (nonché a dare di noi un'immagine un po' meno delinquente agli ignoranti che seguitano a guardarci dai finestrini delle loro macchine, senza sapere..) ma anche a godere di più del nostro mezzo.<br />
E questo è quel che faticano a credere in molti: "domare" una motocicletta, divertendosi, continua a costituire un "talento" dichiarato soprattutto maschile (anche di quelli che lo negano, almeno in Italia). C'è poca umiltà, a farla breve, e parliamoci chiaro: una donna che sa guidare "passa l'esame" solo se a giudicarla tale è un uomo, che la giudica restando, di fatto, al di sopra di lei. Purtroppo siamo ancora mooolto indietro...<br />
Ofelio stesso, comunque, per quel che mi ricordo dalle nostre conversazioni, non capiva del tutto l'utilità, né la necessità di essere "edotti" in materia di guida dopo aver preso la patente. Essere maschio gli lasciava supporre che in certe cose non si impara dagli altri, ma sempre e solo da noi stessi.<br />
E si potrebbe ipotizzare, dunque, anche una sua responsabilità nell'incidente che gli è costato la vita lo scorso maggio: troppa rigidità sulle braccia forse, poca mobilità dei fianchi, una posizione errata che per lui era abituale, la regola. E va bene, forse è andata così. Ma in realtà, il motivo per cui scrivo è un altro. Pur da sostenitrice, ripeto, dei ballerini della strada - i piloti con in mano la tecnica per guidare bene - stavolta vorrei dire: BASTASSE LA SENSAZIONE DI CONTROLLO PER FARCI SENTIRE I PADRONI DELLA NOSTRA VITA. La verità è un'altra: che a prescindere dalla giustezza degli approfondimenti in ogni disciplina pratica, alla fine non ci resta in mano che l'illusione. E sono forse più illusi degli altri, quelli che pensano di avere tutte le carte in regola ; la coscienza della completa padronanza, della remota possibilità dell'errore, li culla fin troppo; a volte li rende persone arroganti . Gli altri, almeno, sono giustificati da una specie di tonta convinzione: d'essere più bravi di quello che, in effetti, sono. La verità è che ci si sbaglia, sempre e comunque, scuola o non scuola, e non solo andando in moto: ci si sbaglia con la complicità di una serie di varianti, che includono la stanchezza, la momentanea perdita di concentrazione, o certi problemi irrisolti in famiglia. E quanto al controllo, prima o poi lo si perde sempre, e ci sfugge qualcosa, o si perde qualcos'altro. Nessuno è in grado di insegnarci il contrario.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://4.bp.blogspot.com/-lC9FLnj5acw/T9dDKobnOiI/AAAAAAAAAJo/H6ZDn_LYJRM/s1600/413446_4167994166135_1399363222_o.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="230" src="http://4.bp.blogspot.com/-lC9FLnj5acw/T9dDKobnOiI/AAAAAAAAAJo/H6ZDn_LYJRM/s320/413446_4167994166135_1399363222_o.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto: Tommaso Pini</td></tr>
</tbody></table>
Ma per tornare a Ofelio, in questa immagine dell'amico <b>Tommaso, </b>scattata<b> </b>durante l'ultima tappa di uno dei passati Motogiri...come avrebbe potuto sapere che il suo saluto, anni dopo, si sarebbe simbolicamente rivolto a tutti quelli che lo conoscevano? Avrebbe fatto meglio a chiederselo? O ha fatto bene continuando solo ad avere fiducia nelle proprie capacità di sfangarla contro il caso, nella fortuna che lo ha tenuto in vita fino a ieri?<br />
Io, al contrario, me lo ripeto ogni volta che lascio il manubrio della mia <b>BMW r75</b> per salutare il mio compagno con la bambina in braccio, mentre loro mi lasciano "scappare" a fare il passo del Muraglione la mattina presto, prima che arrivi l'orda dei non-motociclisti. Il mio scopo è sentirmi libera per un'ora, non chiedo altro: non più madre, non più schiava di certi doveri temporanei che adesso mi pesano; solo una donna a cavallo della sua moto, che si misura con un paesaggio naturale pieno di insidie e che sa di dover riportare a casa la pelle non solo per se stessa ma per i suoi, per continuare ad andare in moto con il sorriso sulle labbra: ma il mio saluto, mi chiedo, la fiducia che in fin dei conti nutro nei confronti delle mie modeste doti di pilota, nel rispetto delle regole che devo alla mia esperienza e a qualche buon esempio, tutto questo mi basterà per ritornare a casa anche stavolta?Marina Cianferonihttp://www.blogger.com/profile/13344447795654523402noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5034082370790691428.post-83950935435784034532012-05-06T13:50:00.002+02:002012-05-06T14:06:29.276+02:00Lottando contro i mulini a vento...<div class="separator" style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-xPKqq0Whrro/T6Zj4bGXezI/AAAAAAAAAJU/VRDj3D0AIIg/s1600/las+motos.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; cssfloat: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320px" mea="true" src="http://1.bp.blogspot.com/-xPKqq0Whrro/T6Zj4bGXezI/AAAAAAAAAJU/VRDj3D0AIIg/s320/las+motos.jpg" width="198px" /></a></div>
Può essere che la mia soddisfazione di offrire sul web un profilo finalmente onesto e realista del motociclista VERO sia strettamente personale, di chi scrive e di quei pochi altri che forse vi si ritroveranno. <br />
<br />
Realisticamente, è uno sforzo inutile. Quando si sente parlare di motociclismo al di fuori del mondo delle corse, viene di solito bistrattato o da un'opinione pubblica prevenuta (che - orrore... - accomuna i motociclisti agli scooteristi, e mai errore fu più grossolano di questo), o da una stampa piuttosto indifferente e soprattutto ignorante.<br />
<br />
Ora, va da sé che la prima possa genericamente sparare giudizi sbagliati perché "non sa" (si va dai moralisti ignoranti ai paurosi, ai razzisti della strada, fino ai fanatici del motomondiale che ammirano i piloti come tanti berlusconcini rilucenti di denaro e belle donne, fino agli ottusi che affollano le fiere di moto per una sorta di curiosità morbosa, attratti dalla funzione aggressiva del mezzo, o dal suo valore economico, più che dall'oggetto in sé, carico di storia).<br />
Quando si parla però di quella categoria di persone che rappresentano la cultura, come il giornalismo stesso, fa una certa rabbia sentire, in radio o in televisione, il giudizio di qualcuno che in teoria "sa" e che contribuisce invece a mantenere statico e limitato un punto di vista che meriterebbe, come il resto, la propria evoluzione.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Il contrasto che esiste tra il mondo generico della cultura e quello dei motociclisti è come quello tra un critico cinematografico seduto in sala, e un ipotetico motociclista che il primo sta guardando "agire" sul grande schermo.</div>
La condizione del critico è un'immobilità impressionante, a cui si affianca semmai un movimento mentale, che però in questo caso non gli serve a comprendere, perché è solo ANDANDO IN MOTO che il cervello acquista sensibilità ed è in grado di ragionare su questo tema.<br />
La condizione del secondo è strettamente dinamica, proiettata in avanti, alla strada se effettivamente si sta muovendo, o sulla moto stessa, mentalmente, o su altri motociclisti, o sulla gente ferma a guardarlo. Entrambi, sia il critico che il motociclista, sono potenzialmente dei contemplativi, ma il primo lo fa da una poltrona, mentre il secondo da un mezzo che domanda espressamente d'essere lanciato.<br />
E come potrebbe l'uno "recensire" l'altro?<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
In effetti, il paradosso nella mia volontà di far luce sul mondo della moto, è proprio questa: che succederebbe se la gente improvvisamente cominciasse a comprenderci? Di botto, tutti amici dei motociclisti! Non la solidarietà burina riservata dalla maggioranza al mondo delle corse, ma il rispetto e la considerazione che deriva dalla conoscenza di un mondo, per esempio dei rischi che corre un motociclista comune nel traffico, o delle motivazioni che lo hanno portato a scegliere le due ruote aldilà di quelle strettamente pratiche e funzionali. Ah! Sarebbe un mondo troppo perfetto! Forse noioso, anche...</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-hwZvcZVqVio/T6ZkEGpM0pI/AAAAAAAAAJc/lbzeOCMjwwo/s1600/llanura...jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="214px" mea="true" src="http://1.bp.blogspot.com/-hwZvcZVqVio/T6ZkEGpM0pI/AAAAAAAAAJc/lbzeOCMjwwo/s320/llanura...jpg" width="320px" /></a></div>
<div class="" style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; clear: both; text-align: center;">
E' addirittura fondamentale, pensandoci bene, che il ciclista si ritenga più innocente e corretto del motociclista, o che l'automobilista si roda, in coda, quando un motociclista lo sorpassa. La nostra società si nutre dell'ostilità e diffidenza tra gli individui, ma questa sarebbe giustificata solo nel caso in cui uno si comporti male, mettendo a rischio la sicurezza dell'altro o dando mostra di arroganza.<br />
Specie diverse e inconciliabili, dunque, che si riservano al massimo un rispetto superficiale, una "tolleranza", simile a quella riservata ancora da molti italiani agli extra-comunitari, come se fossero ospiti temporanei anziché il ricambio generazionale ad una manodopera europea infiacchita dai vizi del consumismo e prossima a morire circondata da oggetti di lusso tra cui, di recente, è stata inclusa anche la moto. E questo è un altro passo indietro nella sua comprensione.</div>
<div class="" style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; clear: both; text-align: center;">
Realizzare ciò che voglio, qui, sembra pura utopia, donchisciottesca quasi. Tuttavia, resta salda l'intenzione di provarci.<br />
Perché? Boh...una caratteriale ansia di giustizia, forse. Il mondo è fin troppo ingiusto, e nel mio piccolo sento che fare la mia parte chiarendo la natura positiva di un fenomeno, serva ad arricchire le coscienze, almeno di quei pochi che vorranno ascoltare. O forse solo a consolare la mia.</div>
<div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;">
<br /></div>
<span style="font-family: inherit;"></span>Marina Cianferonihttp://www.blogger.com/profile/13344447795654523402noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5034082370790691428.post-34175392153238132932012-04-30T21:14:00.000+02:002012-04-30T21:16:57.503+02:00Controcorrente<br />
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="font-family: "Adobe Garamond Pro Bold","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Stavolta è
stata la giornata dedicata alla bicicletta, che si è svolta a Roma lo scorso
fine settimana, a scatenare in me l’impazienza un po’ assurda e forse infantile
di rivendicare le mie ragioni sul tema "moto".</span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="font-family: "Adobe Garamond Pro Bold","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Senza
mettere in dubbio l’evidenza – che l’Italia si disinteressa all’incremento
delle piste ciclabili in città; che la bicicletta è un mezzo ecologico, non
inquina e non assorda, e che in comparazione con il traffico motorizzato appare
certo più esposta a incidenti – vorrei
spostare l’attenzione su almeno un fatto: se i possessori di bicicletta hanno
il coraggio (indubbio) di circolare in mezzo alle auto, posto che non sono a
piedi ma a cavallo di un mezzo, perché non dovrebbero pagare un’assicurazione
come i motociclisti?</span></div>
<div class="MsoNormal">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-KkJ1yNobxRU/T57j6Eru2CI/AAAAAAAAAIk/Tzpj1LYcSO8/s1600/Buster+Keaton+in+bici.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="http://1.bp.blogspot.com/-KkJ1yNobxRU/T57j6Eru2CI/AAAAAAAAAIk/Tzpj1LYcSO8/s320/Buster+Keaton+in+bici.jpg" width="133" /></a><span lang="IT" style="font-family: "Adobe Garamond Pro Bold","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Pongo un
esempio che mi giustifica: sulle statali e provinciali dove io vivo, è tipico
incontrarsi, soprattutto i fine settimana, con stuoli di ciclisti inguainati
nelle loro uniformi piene di scritte. Viaggiano spesso in coppia, preferibilmente
affiancati, o ammassati in gruppo, occupando praticamente lo spazio di un’auto. Quelle
vere sono costrette a rallentare bruscamente, data la differenza di velocità
media, e quel che è peggio, a spostarsi verso il centro della strada per
superarli. In caso di incidente,
il ciclista avrebbe comunque tutte le ragioni, essendo la “parte debole”,
non meno del pedone, che qui in Italia, fateci caso, ringrazia con un cenno
della mano quando un automobilista si ferma davanti alle strisce per farlo
passare...come se non ne avesse il pieno diritto.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="font-family: "Adobe Garamond Pro Bold","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Non vorrei
che lo sbandieramento di questo termine, “parte debole”, che usava l'entusiasta ascoltatore di Radio 3 stamattina, quando ha chiamato per raccontare l'evento romano, ostentasse in realtà
una sorta di vittimismo, quando poi è evidente che come in tutte le specie
“stradali”, guidatori di auto, moto E ANCHE biciclette, esistono persone civili
e persone incivili, educate o maleducate. Qui sta il punto. In come si guida.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="font-family: "Adobe Garamond Pro Bold","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Le nostre
statali sono già abbastanza pericolose per rischiare di scontrarsi con un
ciclista dietro una curva perché ha deciso di viaggiare in coppia col suo
compagno e fare due chiacchiere. Se gli piace tanto rischiare, che paghi dunque
un’assicurazione come gli altri, e nel caso sopravviva a un eventuale
incidente, gli si possa far notare che nel suo caso, sarebbe ragionevole al
massimo viaggiare incolonnati sul lato destro.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-zzJEwFdfCX0/T57kCqGT8kI/AAAAAAAAAIs/ydFe4smoef4/s1600/M.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="300" src="http://1.bp.blogspot.com/-zzJEwFdfCX0/T57kCqGT8kI/AAAAAAAAAIs/ydFe4smoef4/s400/M.jpg" width="400" /></a><span lang="IT" style="font-family: "Adobe Garamond Pro Bold","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">In questi
tempi ricolmi di falso buonismo è probabilmente assurda, ripeto, la mia
ostinazione di far giustizia sui motociclisti. Il motociclista è "cattivo" da sempre, pirata della strada per antonomasia, una minaccia solo perché (nell'inconscio anche dei più inconsapevoli), nonostante le "acconciature"</span><span lang="IT" style="font-family: "Adobe Garamond Pro Bold","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"></span><span lang="IT" style="font-family: "Adobe Garamond Pro Bold","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"> moderne così prive di fascino, continua a somigliare ancora a un guerriero a cavallo.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="font-family: "Adobe Garamond Pro Bold","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">È vero che la maggioranza semplicemente non sa di discendere da una stirpe di nobili cavalieri della strada, e guida
male, troppo forte. La scorrettezza dilagante, fatalmente ricade sui corretti, che hanno
solo scelto un mezzo diverso (derivato direttamente dalla bicicletta,
eh! Bisogna pur dirlo) con cui facilitarsi la vita o, nei casi di motociclismo VERO
e ispirato, un mezzo con cui renderla decisamente più interessante.</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="font-family: "Adobe Garamond Pro Bold","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">In generale, continuiamo a scontrarci con
un’opinione comune tendenzialmente ostile alla moto o, nel migliore dei casi,
indifferente, ignara del fatto che una persona in moto NON rappresenta in sé,
solamente un pericolo vagante.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="font-family: "Adobe Garamond Pro Bold","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Il
problema, come sempre accade, è l’ignoranza di chi giudica senza sapere....</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="IT" style="font-family: "Adobe Garamond Pro Bold","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">(continua)</span></div>
<div class="MsoNormal">
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<br /></div>Marina Cianferonihttp://www.blogger.com/profile/13344447795654523402noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5034082370790691428.post-51583624792097234772012-02-21T15:38:00.000+01:002012-06-21T14:25:54.043+02:00La dannazione dell'Impatience...<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-OFpQgOkZ88g/T0Ou3kHB-1I/AAAAAAAAAEQ/ICBR-xpsIFw/s1600/Marina+arrabbiata+con+il+mondo+bn.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><br />
</a></div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://3.bp.blogspot.com/-S3uXPFbRsRI/T0Ot8hFclpI/AAAAAAAAAEA/Fo1RgjWZO9w/s1600/Imagen+007.jpg" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="209" src="http://3.bp.blogspot.com/-S3uXPFbRsRI/T0Ot8hFclpI/AAAAAAAAAEA/Fo1RgjWZO9w/s320/Imagen+007.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto: Nathalie Krag</td></tr>
</tbody></table>
Ho pensato: oggi la maggior parte delle donne hanno figli passati i trent'anni e a volte passati i quaranta (il mio caso). Tutto in ritardo, chiaro: la realizzazione professionale, il trovar lavoro, il trovar casa, il trovare la persona giusta (caso più unico che raro, quest'ultimo: è molto più difficile che trovare un lavoro decente, trovare la persona più compatibile. Non amo né mi ritrovo nel femminismo vecchia maniera, ma è una realtà che di uomini che valgano la pena ce ne sono rimasti davvero pochi, pochissimi per una donna che si ritenga anche solo un po' intelligente.<br />
Ma tornando alle realizzazioni tardive, ripeto, ho pensato: se è vero che i figli ormai quasi tutte li hanno tardi, si può sperare in una realizzazione tardiva anche professionale.<br />
Sono scrittrice, ma solo perché mi ritengo tale. E mi chiedo se i casi della vita possono portare a trovare un editore quando ormai non ci si spera più. Forse la maturità letteraria si è fatta tardiva come la maternità, a causa del mondo stesso, che si è complicato. Continuo a dire "forse", e non alludo ai talenti letterari, quelli sono un caso a parte.<br />
Io, come tanti altri, dobbiamo lavorare sodo anche solo per "sentirci" scrittori. Ma non basta: uno scrittore, anche il più surreale, il più fantasioso, attinge dal suo mondo le idee e i contenuti, a volte dal proprio vissuto e a volte da quello degli altri che ha sott'occhio o su cui legge nei giornali. Le informazioni sono tante, troppe, oggi. Gli pseudo-valori si sono affiancati a quelli veri, e i significati fondamentali hanno assunto sfumature e sfaccettature tante quante sono le umanità che si trovano a viverle. Difficile scriverne, o meglio, difficile estrapolare dal marasma una narrazione lineare, limpida. Ci si arriva con la maturità, credo, dopo i quaranta.<br />
Per la prima volta una sofferenza familiare inaspettata e che si sta ingiustamente prolungando ben oltre il dovuto si è convertita, durante una delle mie notti bianche, in un titolo e in una struttura narrativa per la prima volta sorprendentemente chiara a me stessa: per la prima volta so che cosa voglio dire e dove voglio arrivare.<a href="http://3.bp.blogspot.com/-OFpQgOkZ88g/T0Ou3kHB-1I/AAAAAAAAAEQ/ICBR-xpsIFw/s1600/Marina+arrabbiata+con+il+mondo+bn.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="http://3.bp.blogspot.com/-OFpQgOkZ88g/T0Ou3kHB-1I/AAAAAAAAAEQ/ICBR-xpsIFw/s320/Marina+arrabbiata+con+il+mondo+bn.jpg" width="256" /></a> Non che questo mi garantisca di lavorare in scioltezza, ma finalmente sento di avere la storia in mano, posso manipolarla, e a momenti mi si va facendo in mano, mentre scrivo, o mentre lavo i piatti o gioco con la mia bambina.<br />
No, l'impaziernza di pubblicare era una pretesa sbagliata, e mi ha fatto soffrire il non riconoscimento, il rifiuto gentile, l'illusione di farcela "stavolta".<br />
L'impazienza di vivere, forse, è sbagliata. La vita viene da sé, si arriva a un punto in cui i nodi si sciolgono e le cose diventano comprensibili, anche se di poco. Ma almeno se ne può scrivere.Marina Cianferonihttp://www.blogger.com/profile/13344447795654523402noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5034082370790691428.post-54672935384110624202012-01-06T18:24:00.000+01:002012-04-30T16:12:26.744+02:00Altre disavventure editoriali (seconda parte)Mea culpa: sono tra i numerosi che credono, o meglio, sono convinti di saper scrivere. Oggi è una colpa, perché rappresentando una maggioranza nella maggioranza, la convinzione individuale tende a diventare discutibile, sospetta, opinabile.<br />
Un tempo erano perlopiù gli eccentrici a scrivere, quelli che potevano permettersi il lusso di “perdere” tempo a inventare buttando giù su carta, a raccontare la propria vita o quella di altri mai esistiti, e lo facevano con una convinzione interiore mai sbandierata, come la più naturale delle professioni, per la necessità di esprimersi attarverso il proprio mezzo ideale.<br />
Oggi, la scrittura come altre forme d’arte seppure in forma minore, è diventata una forma di sfogo a un’incapacità di comunicare che si va facendo cronica tra gli individui trafelati di questo mondo, spesso una forma di riscatto a un vuoto esistenziale o, peggio forse, un modo di rendere pubblica una vita o una fase ritenuta – spesso a torto - interessante da chi scrive. In altre parole, la valanga di pseudo-scrittori che intasano le caselle postali delle case editrici e danno letteralmente da vivere a quelle che pubblicano a pagamento e on-line (mi ci metto anch’io, con rimorso) sono spesso vittime della paura, o dell’ambizione ingiustificata, o dell’illusione.<br />
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Come si misura il talento di uno scrittore oggi? Come, se sono quelli che lo giudicano, ormai, a non avere più orecchio per lo Stile (musica, a tutti gli effetti), ad avere un diverso metro che valuta prima di tutto la vendibilità – il tema che va per la maggiore – o che non sono più capaci di investire sulla letteratura non commerciale?<br />
Oltre che in un mondo di poco coraggiosi, il nostro è un mondo che isola, non che unisce: questo è un fatto; le unioni sporadiche sono solo propaganda per far credere il contrario, che va tutto bene. E nel quadrato compatto della nostra solitudine, è oramai un classico che il singolo “si rifugi” nella scrittura come in un interlocutore ideale, un se stesso consenziente e generoso. Essendo il primo a giudicarsi, è logico che uno che scrive, oggi, possa intravedere tracce di un talento potenziale che lo fa sperare in un futuro diverso: non morire anonimo, ingoiato dalla moltitudine.<br />
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Questa introduzione, nel mio caso, era necessaria perché da un po’ di tempo ho come la sensazione molesta di dovermi scusare perché anch’io scrivo. Di me posso stilare una rapida auto-analisi che mi giustifica come scrittrice da sempre, e che quanto meno mi solleva dal farlo per incapacità di comunicare con gli altri.<br />
Fin da piccola sono stata tra i fortunati ad avere una famiglia che mi ha continuamente stimolato a scrivere, dopo che avevo dato prova di sensibilità in questo senso. Quindi, è giusto pensare che forse io mi sia illusa, per una falsa ambizione indotta dalla famiglia – un’errata prospettiva dei miei –, sia di avere talento sia che i miei argomenti fossero effettivamente “da leggere”. Comunque, ho provato a pubblicare per anni utilizzando i canali tradizionali: prima attraverso un agente letterario (ma probabilmente con l’opera sbagliata), poi attraverso l’invio agli editori “da sogno” - l’Einaudi di Pavese e della Ginzburg – e via via gradualmente ai minori, poi ai più adatti, infine agli indipendenti che sopravvivono con la testa a un palmo dall’acqua.<br />
Ho collezionato una quantità di cortesi rifiuti, tutti sempre con la stessa formula (“il suo testo non rientra nel nostro programma editoriale”) pur se spesso, devo dire, dietro critiche incoraggianti, almeno sullo stile.<br />
Una volta, niente di meno che Javier Marías, per cui stavo traducendo la prima delle due raccolte di articoli pubblicati da Passigli, ha inviato a Paolo Collo di Einaudi un mio dattiloscritto, facendomi da prezioso intermediario..Purtroppo, di nuovo, si trattava dell’opera sbagliata, ma questo uno lo constata a freddo, poi, e che si può fare a quel punto?<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-jjUOnKFfBHE/TwcrrjOxYGI/AAAAAAAAACE/6GdkS05eC_o/s1600/IMG_0002.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="http://4.bp.blogspot.com/-jjUOnKFfBHE/TwcrrjOxYGI/AAAAAAAAACE/6GdkS05eC_o/s400/IMG_0002.jpg" width="272" /></a></div>
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Credo che sia stato in un momento di impazienza, e forse un po’ di depressione, che ho deciso di pubblicare uno dei miei romanzi a pagamento, su ilmiolibro.online....L’indomani, ero ancora più depressa.<br />
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Perdipiù, cosa che non avrei dovuto fare, rileggendo per l’ennesima volta il mio romanzo, ho constatato che avrei potuto limarlo meglio (di nuovo, l’impazienza mi aveva spinto a lavorare meno di quel che sarebbe stato necessario).<br />
Così ho cominciato a capire che il mondo della scrittura non era quell’universo colto e stimolante dei tempi dei miei primi miti. Sono uscita pian piano, insomma, dal mondo dei sogni dove per anni avevo covato un futuro che mi sembrava il migliore, oltre che il più originale. Come cambiano i tempi,e i mondi...<br />
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Successivamente, mi sono isolata e ho solo scritto, rifuggendo il commento on-line di quei lettori che avevano dato un’occhiata all’anteprima del mio romanzo; non perché avessi paura delle critiche. Era quel mondo in sé, che mi disturbava: una moltitudine infinita di lettori potenziali dalla personalità variabile; con tutto che giravamo tutti dentro il mondo, diciamo così, “evoluto” di chi ama la cultura, i libri, mi trovavo di fronte a individui francamente sospetti per il mio metro di misura. Pseudo-lettori, pseudo-intellettuali, non so. Credo di aver recuperato un resto di snobismo adolescenziale, quando emulavo il mio fratello maggiore.<br />
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Dall’isolamento è saltata fuori questa raccolta di racconti che considero la mia migliore produzione finora, e che di nuovo, forse mal consigliata da mia madre che è un’illusa per natura, ho deciso di auto-publicare con quelli di Albatros Il Filo. Altro errore magistrale: si vede che non ho imparato nulla. Sì, un contratto serio e molte promesse. E una volta pubblicato, via! A mollo nell’oceano della letteratura inedita, dove se non ti porta sugli scaffali un editore di nome, nessuno verrà a sapere di te.<br />
Fine della storia: mi restano ancora un centinaio di copie in casa, di quest’opera che continuo a ritenere onesta, e ben scritta. Ho tentato di smuovere le biblioteche della zona dove vivo, e due hanno organizzato due date in cui il libro sarebbe stato presentato. Ma per ragioni diverse (il giorno settimanale, il troppo freddo, le feste a ridosso) purtroppo nessuno si è presentato.<br />
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Ora svendo le copie a dieci euro l’una. Qui di seguito la trama in quarta di copertina....l'ho scritta io, su richiesta dell'editore, il che dice tutto.<br />
<blockquote class="tr_bq">
<i>"Oltre all'età avanzata e alla realtà rurale che condividono, un aspetto fondamentale accomuna i protagonisti di queste storie: una scorza, come una seconda pelle, che in un certo senso li rende degli eroi sull'orlo della vita, sopravvissuti non solo al tempo e agli eventi, ma a un progresso che li circonda e li minaccia sempre più da vicino. Questa durezza anche fisica, in un mondo che è esso stesso in via d'estinzione - un ambiente selvaggio dove la solitudine è spesso una scelta e non uno stato - se da un lato li facilita per allontanarsi dal mondo "civile", dall'altro li mette di fronte alla necessità di venire a patti con gli "invasori": constatandone l'estraneità o il diverso ritmo, osservandoli da lontano o scontrandosi con essi, in una lotta che è sempre e comunque vana, essendo loro quelli destinati a scomparire per primi, non tanto per l'età, quanto per la provenienza da un mondo "antico", ormai quasi inconcepibile".</i></blockquote>Marina Cianferonihttp://www.blogger.com/profile/13344447795654523402noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5034082370790691428.post-30050952972858102532011-10-10T15:28:00.000+02:002012-06-21T14:29:13.702+02:00La moto - seconda parteOgnuno si sceglie la vita che vuole, se vuole, o si ritrova la vita che merita, conseguenza di scelte fatte o mancate, di salti nel buio o ad occhi aperti, e del proprio carattere, non ultima condizione. Io, per me, credo di aver scelto di vivere fuori città, a un certo punto, sebbene in fondo la mia decisione sia stata anche una conseguenza di quanto vissuto prima, della casa di campagna dove ho passato quasi tutte le mie estati da bambina, di certi bei personaggi che ho conosciuto e che vivevano lì, lontani dal chiasso cittadino. Piano piano sono scivolata in questa dimensione e l'ho fatta mia, scegliendo le mie motivazioni. Merito anche della moto, da quando l'ho avuta: della spinta che m'ha dato a uscire verso i passi dell'Appennino, verso le curve.<br />
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-GEe6oDwsYgA/TpLvQIej76I/AAAAAAAAAB4/bHkAJDveIyA/s1600/CURVA.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" src="http://2.bp.blogspot.com/-GEe6oDwsYgA/TpLvQIej76I/AAAAAAAAAB4/bHkAJDveIyA/s320/CURVA.jpg" width="320" /></a>Per carattere, ho sempre affiancato a un'immaginazione inarrestabile e a una tendenza all'irrazionale romantico, una parte di me saldamente ancorata a terra. Non tanto razionale quanto terrena, radicata al suolo e tutt'altro che aerea come il resto di me. Non ho mai saputo ballare proprio per questo motivo: mancanza di leggerezza, dell'arte di saper staccare i piedi da terra e di lanciare il corpo all'aria. Una mancanza terribile, acuita dalla timidezza che mi ha anche sempre impedito di prendere l'iniziativa e buttarmi, di ballare comunque, a modo mio (a parte quando sono sola, ma questo lo fanno tutti, credo). Quando ho avuto la moto per la prima volta, e ho imparato a guidarla, a conoscerla, molto lentamente ho cominciato a capire che potevo ovviare alla mia mancanza, potevo staccarmi da terra e ballare la mia danza, al mio ritmo, per sentirmi finalmente senza peso, aerea e armonica. Il ballo è diventato possibile; solo che il mio corpo non era solo il mio corpo, era "anche" il mio corpo, saldato a quello d'acciaio e gomma della "cosa" che mi faceva ballare.<br />
La mia pista da ballo è da sempre peculiare, molto specifica: le migliori curve di un passo di montagna, meglio se lo conosco bene; il Muraglione per esempio, ai cui piedi ho la fortuna di vivere da sei anni ormai, è la mia preferita. Ma ho imparato altrove, lungo pochi chilometri fuori da un paese vicino: non è neanche un passo, è piuttosto una strada piena di curve che riconduce a un'altra strada piena di curve, che portava su altri due passi storici, la Futa e la Raticosa. Come in una palestra dove uno si reca per allenarsi, io facevo su e giù per quella strada e imparavo a ballare ancora senza saperlo. Allora mi dicevo che stavo "imparando a guidare". Gente che ne sapeva più di me mi aveva dato qualche dritta teorica: inclinare il corpo insieme alla moto verso l'interno di ogni curva, sporgere dalla sagoma con la spalla e il fianco, e giocare di gas, rallentare prima di imboccarne una, accelerare dolcemente durante e un po' più in uscita; usare le gambe coi piedi sulle pedane come il timone della nave: una leggera pressione sulla gamba interna per mantenere la forza centrifuga e un colpetto su quella esterna per risalire, rimettersi dritti e ondeggiare verso la successiva. Era una sfida affrontare la strada, seppure alla mia velocità moderata - soprattutto allora, avevo una moto piccola e facile, la mia SR - e mi piaceva soprattutto sentirmi respirare, aggiustare la respirazione al ritmo delle curve, sentir scivolare il fianco, morbido sulla traiettoria portata dal mio stesso fiato, esalato in continuità, gradualmente.<br />
Non dimenticherò mai quella scuola solitaria, sensuale, ostinata, messa in pratica tutte le volte che potevo, e il sollievo di uscirne viva se avevo guidato bene, e non solo viva: più donna, curiosamente, come se avessi appena fatto l'amore con qualcuno capace di farmi sentire così. Una strada piena di curve, in fondo, è di per sé qualcosa di molto femminile: sinuosa, a volte contorta, infida e ammiccante allo stesso tempo, ruvida e liscia. La moto è lo strumento ideale per sentire una bella strada così - ovviamente la moto adatta; anche se è la nostra guida ad adattarla al percorso, è chiaro che il modello fa sì che ci si possa divertire di più o di meno. Indubbiamente "lo strumento", in sé, è maschile.<br />
Una contraddizione quindi, sentire solitamente "la" moto come una femmina tra le nostre gambe, quando poi la percezione più forte, almeno personalmente, è quella di penetrare la strada grazie a lei, mentre lentamente si comprende la prima, si impara a conoscerne i punti deboli, le ombre, e i suoi lati migliori.<br />
È evidente che sto parlando di una dimensione ideale del sesso, e dell'amore, la dimensione perfetta, che unisce al piacere la sensazione sicura del rispetto, d'essere rispettate e di rispettare il mistero dell'altro.<br />
<br />
Tornando al Muraglione poi, nel mio caso l'uscire in moto equivale da tempo a una riprova di una certa qualità della vita che per fortuna posso permettermi: posso permettermi il lusso di non andare a ballare il sabato sera, come fanno tutti. Lavoro a casa, il tempo me lo gestisco da me. Quindi, io vado a ballare durante la settimana, di mattina preferibilmente, che è quando la luce mi piace di più e il corpo risponde meglio alle sollecitazioni della strada. Quando sono più fortunata l'otto volante del passo è come una mia strada privata, un amante prediletto non condivisibile con nessuno: non incontro anima viva che sale o che scende, sono sola - siamo sole - io e la moto e la strada; i nostri unici testimoni sono gli alberi e la montagna, il vento, l'asfalto. Il silenzio soprattutto, è una scoperta, quando arrivata in cima spengo il motore, e restando in sella chiudo gli occhi e respiro, assaporando l'aria e ogni cosa, il momento, uno di quelli in cui si può affermare d'essere vivi, e che rimpiangeremo il non poterlo essere più, un giorno.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-ySEaOL5E_ak/TpLw7bx1D0I/AAAAAAAAACA/Uc1yD4iyyIQ/s1600/Nathalie.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="260" src="http://1.bp.blogspot.com/-ySEaOL5E_ak/TpLw7bx1D0I/AAAAAAAAACA/Uc1yD4iyyIQ/s320/Nathalie.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto: Nathalie Krag</td><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><br /></td></tr>
</tbody></table>
I tratti che preferisco (quelle piccole "S" aperte, una curva a destra più una a sinistra o viceversa, entrambe visibili quando imbocco la prima), mi fanno spuntare un sorriso sulle labbra, che mi rimane fin su, al passo. "Io ballo in moto" mi ripeto, la mia moto è il partner ideale di queste scappate di un'ora, quel che mi consente il lavoro o la vita domestica, la figlia piccola, gli impegni quotidiani.<br />
Preferisco non chiamarla solo uno strumento di fuga; non ho ragione di fuggire da niente di brutto o di noioso, a parte forse la ripetizione stessa, il veleno che assilla il quotidiano di tutti, più probabile quando si ha una famiglia. No, la motocicletta è strettamente connessa all'amore, quel che si fa con "lei" è piuttosto un tradimento virtuale, autorizzato, e profondamente intimo. <br />
E mi ripeto che la intuizione di Dekeukeleire era giusta: che Yvonnie con la sua moto non poteva che perdersi in un sogno erotico lungo quanto la strada che percorre, irrazionale come le montagne. Impaziente di arrivare, o forse, solo di tornare da chi aveva lasciato a letto, la mattina presto.Marina Cianferonihttp://www.blogger.com/profile/13344447795654523402noreply@blogger.com0