STORIE DAL MIO GARAGE

Cronache (vere, o ispirate dal vizio di scrivere) di una motociclista italiana emigrata dove i locali, se possono, se ne vanno altrove.


05 aprile 2013

Lettere, moto e filosofia.

Stamattina, mentre guidavo il mio aereo del '91 nella pioggia (in attesa di guidare quello vero, la mia GS, quando la primavera diventerà un po' più tiepida), ho ascoltato su radio 3 un'intervista sul nichilismo, ad un filosofo col quale ormai più di 20 anni fa ho dato un esame all'università, Sergio Givone.
Forse per le analogie semplici che portava ad esempio (il nichilismo adottato dalla società attuale nelle sue varianti culturali e politiche) ho capito una cosa fondamentale. Che il motivo per cui faccio tanta fatica a capire certe dinamiche della vita e dei sentimenti, e la causa per cui scrivo forse "più complicato" di quel che dovrei, è che non mi sono mai applicata abbastanza per capire la filosofia quando dovevo studiarla ai tempi del liceo. Purtroppo, è un  mio rimpianto.
Credo che all'epoca non fossi abbastanza stimolata da chi mi stava intorno. Non ero circondata da persone di cultura; magari da brave persone, motociclisti appassionati, fuoristradisti soddisfatti e improvvisati meccanici, generosi insegnanti di guida. Ma di andare in profondità non se ne parlava ancora. Curiosamente, perfino all'interno della mia stessa famiglia, a quanto ricordo, il dialogo si manteneva cauto e in superficie. Forse perché sapevano che alla mia età (di allora), si ascolta solo ciò che si vuole.
In più, avevo un professore di filosofia che probabilmente avrebbe dovuto fare il filosofo e non il professore: non sapeva insegnare a chi, come me, aveva bisogno di tempo per addentrarsi in una materia che sentiva ostica. La mia amica Silvia, per esempio, lo ha amato, e grazie a lui ha studiato storia e filosofia all'università, e oggi insegna a Parigi.
Io non ho mai capito niente di quel che diceva il Prof. Ciuffi.
Mi mancano i filosofi, e credo che per questo mi ritrovo a sapere davvero poco della vita. È così, mi sento nuda, oggi! Sto già cercando di recuperare i vuoti di tanta letteratura classica...se solo penso a quanti vuoti ho in filosofia, comincio a capire chi dice che una vita sola non basta per recuperare il tempo perduto.
Non ricordo come passai l'esame con Givone, non male credo, ma ricordo, questo sì, che Kierkegaard mi sembrò più interessante di tutto il libro di filosofia studiato al liceo: la fase "estetica" di cui parlava, collimava alla perfezione con la vita condotta da mio fratello, allora, e ce l'avevo davanti tutti i giorni come l'esempio calzante. La fase "etica" successiva, se mi sfuggiva allora, posso dire di averla capita adesso, e corrisponde alla fase che mio fratello crede di aver raggiunto, col massimo dei voti.
Era un libro usato quello del liceo, sporco e pieno di sottolineature doppie e triple, e senza volermi giustificare, credo che anche quella copia così malmessa, mi impedì di far "mia" la materia. Peccato però..perché indietro non si torna.

Soltanto stamattina ho visto chiaro che la filosofia è come la matematica (e ho perso anche quella!!! come scienza, intendo..solo una tonnellata di esercizi all'anno, senza nessuna poesia): sta TUTTO lì. Il mondo, la vita. Non starei a perdere tanto tempo se le avessi studiate e comprese alla perfezione. D'altra parte...forse non sarei neanche scrittrice, se in questo momento avessi le idee tanto chiare...e così: coraggio! non tutti i mali vengono per nuocere. Ho sempre creduto che la mia "filosofia" personale è nata e si è evoluta abbracciando il mondo della motocicletta (non avrei scelto di viaggiare sul mio aereo svedese del '91 ma su un'utilitaria comune, in alternativa alla moto, se non fossi mai andata in moto....). Ma è vero che, ad essere onesti, questa ottica appare un po' limitata e limitante in confronto alla vita nel suo complesso.
Ieri ho ripreso il mio romanzo per le prime correzioni. Pensavo (con terrore) che dopo dei mesi m'avrebbe fatto schifo o lasciata indifferente (peggio), e invece l'ho trovato fluido e forte come un fiume in piena. Segno che devo continuare, forse riscriverlo parzialmente, ma dargli VITA prima di lasciarlo a se stesso e a un agente letterario...C'è chi si crede filosofo e ingegnere insieme, e sostiene che i figli sono  "progetti"da portare a buon fine. Non sono d'accordo. Nemmeno i romanzi si possono chiamare "progetti": sono idee partorite durante momenti di follia, e ci fanno condurre una doppia vita. Quanto a mia figlia in carne ed ossa, preferisco pensare che sia stata l'ultima incoscienza della mia vita. Messa in atto senza neanche le basi minime di filosofia. E ora: chi mi sa dire di che aereo svedese parlo?