Stavolta è
stata la giornata dedicata alla bicicletta, che si è svolta a Roma lo scorso
fine settimana, a scatenare in me l’impazienza un po’ assurda e forse infantile
di rivendicare le mie ragioni sul tema "moto".
Senza
mettere in dubbio l’evidenza – che l’Italia si disinteressa all’incremento
delle piste ciclabili in città; che la bicicletta è un mezzo ecologico, non
inquina e non assorda, e che in comparazione con il traffico motorizzato appare
certo più esposta a incidenti – vorrei
spostare l’attenzione su almeno un fatto: se i possessori di bicicletta hanno
il coraggio (indubbio) di circolare in mezzo alle auto, posto che non sono a
piedi ma a cavallo di un mezzo, perché non dovrebbero pagare un’assicurazione
come i motociclisti?
Pongo un
esempio che mi giustifica: sulle statali e provinciali dove io vivo, è tipico
incontrarsi, soprattutto i fine settimana, con stuoli di ciclisti inguainati
nelle loro uniformi piene di scritte. Viaggiano spesso in coppia, preferibilmente
affiancati, o ammassati in gruppo, occupando praticamente lo spazio di un’auto. Quelle
vere sono costrette a rallentare bruscamente, data la differenza di velocità
media, e quel che è peggio, a spostarsi verso il centro della strada per
superarli. In caso di incidente,
il ciclista avrebbe comunque tutte le ragioni, essendo la “parte debole”,
non meno del pedone, che qui in Italia, fateci caso, ringrazia con un cenno
della mano quando un automobilista si ferma davanti alle strisce per farlo
passare...come se non ne avesse il pieno diritto.
Non vorrei
che lo sbandieramento di questo termine, “parte debole”, che usava l'entusiasta ascoltatore di Radio 3 stamattina, quando ha chiamato per raccontare l'evento romano, ostentasse in realtà
una sorta di vittimismo, quando poi è evidente che come in tutte le specie
“stradali”, guidatori di auto, moto E ANCHE biciclette, esistono persone civili
e persone incivili, educate o maleducate. Qui sta il punto. In come si guida.
Le nostre
statali sono già abbastanza pericolose per rischiare di scontrarsi con un
ciclista dietro una curva perché ha deciso di viaggiare in coppia col suo
compagno e fare due chiacchiere. Se gli piace tanto rischiare, che paghi dunque
un’assicurazione come gli altri, e nel caso sopravviva a un eventuale
incidente, gli si possa far notare che nel suo caso, sarebbe ragionevole al
massimo viaggiare incolonnati sul lato destro.
In questi
tempi ricolmi di falso buonismo è probabilmente assurda, ripeto, la mia
ostinazione di far giustizia sui motociclisti. Il motociclista è "cattivo" da sempre, pirata della strada per antonomasia, una minaccia solo perché (nell'inconscio anche dei più inconsapevoli), nonostante le "acconciature" moderne così prive di fascino, continua a somigliare ancora a un guerriero a cavallo.
È vero che la maggioranza semplicemente non sa di discendere da una stirpe di nobili cavalieri della strada, e guida
male, troppo forte. La scorrettezza dilagante, fatalmente ricade sui corretti, che hanno
solo scelto un mezzo diverso (derivato direttamente dalla bicicletta,
eh! Bisogna pur dirlo) con cui facilitarsi la vita o, nei casi di motociclismo VERO
e ispirato, un mezzo con cui renderla decisamente più interessante.
In generale, continuiamo a scontrarci con
un’opinione comune tendenzialmente ostile alla moto o, nel migliore dei casi,
indifferente, ignara del fatto che una persona in moto NON rappresenta in sé,
solamente un pericolo vagante.
Il
problema, come sempre accade, è l’ignoranza di chi giudica senza sapere....
(continua)