STORIE DAL MIO GARAGE

Cronache (vere, o ispirate dal vizio di scrivere) di una motociclista italiana emigrata dove i locali, se possono, se ne vanno altrove.


30 aprile 2012

Controcorrente



Stavolta è stata la giornata dedicata alla bicicletta, che si è svolta a Roma lo scorso fine settimana, a scatenare in me l’impazienza un po’ assurda e forse infantile di rivendicare le mie ragioni sul tema "moto".

Senza mettere in dubbio l’evidenza – che l’Italia si disinteressa all’incremento delle piste ciclabili in città; che la bicicletta è un mezzo ecologico, non inquina e non assorda, e che in comparazione con il traffico motorizzato appare certo più esposta a incidenti –  vorrei spostare l’attenzione su almeno un fatto: se i possessori di bicicletta hanno il coraggio (indubbio) di circolare in mezzo alle auto, posto che non sono a piedi ma a cavallo di un mezzo, perché non dovrebbero pagare un’assicurazione come i motociclisti?
Pongo un esempio che mi giustifica: sulle statali e provinciali dove io vivo, è tipico incontrarsi, soprattutto i fine settimana, con stuoli di ciclisti inguainati nelle loro uniformi piene di scritte. Viaggiano spesso in coppia, preferibilmente affiancati, o ammassati in gruppo, occupando praticamente lo spazio di un’auto. Quelle vere sono costrette a rallentare bruscamente, data la differenza di velocità media, e quel che è peggio, a spostarsi verso il centro della strada per superarli. In caso di incidente, il ciclista avrebbe comunque tutte le ragioni, essendo la “parte debole”, non meno del pedone, che qui in Italia, fateci caso, ringrazia con un cenno della mano quando un automobilista si ferma davanti alle strisce per farlo passare...come se non ne avesse il pieno diritto.
Non vorrei che lo sbandieramento di questo termine, “parte debole”, che usava l'entusiasta ascoltatore di Radio 3 stamattina, quando ha chiamato per raccontare l'evento romano, ostentasse in realtà una sorta di vittimismo, quando poi è evidente che come in tutte le specie “stradali”, guidatori di auto, moto E ANCHE biciclette, esistono persone civili e persone incivili, educate o maleducate. Qui sta il punto. In come si guida.
Le nostre statali sono già abbastanza pericolose per rischiare di scontrarsi con un ciclista dietro una curva perché ha deciso di viaggiare in coppia col suo compagno e fare due chiacchiere. Se gli piace tanto rischiare, che paghi dunque un’assicurazione come gli altri, e nel caso sopravviva a un eventuale incidente, gli si possa far notare che nel suo caso, sarebbe ragionevole al massimo viaggiare incolonnati sul lato destro.
In questi tempi ricolmi di falso buonismo è probabilmente assurda, ripeto, la mia ostinazione di far giustizia sui motociclisti. Il motociclista è "cattivo" da sempre, pirata della strada per antonomasia, una minaccia solo perché (nell'inconscio anche dei più inconsapevoli), nonostante le "acconciature" moderne così prive di fascino, continua a somigliare ancora a un guerriero a cavallo.

È vero che la maggioranza semplicemente non sa di discendere da una stirpe di nobili cavalieri della strada, e guida male, troppo forte. La scorrettezza dilagante, fatalmente ricade sui corretti, che hanno solo scelto un mezzo diverso (derivato direttamente dalla bicicletta, eh! Bisogna pur dirlo) con cui facilitarsi la vita o, nei casi di motociclismo VERO e ispirato, un mezzo con cui renderla decisamente più interessante.

In generale, continuiamo a scontrarci con un’opinione comune tendenzialmente ostile alla moto o, nel migliore dei casi, indifferente, ignara del fatto che una persona in moto NON rappresenta in sé, solamente un pericolo vagante.
Il problema, come sempre accade, è l’ignoranza di chi giudica senza sapere....
(continua)