STORIE DAL MIO GARAGE

Cronache (vere, o ispirate dal vizio di scrivere) di una motociclista italiana emigrata dove i locali, se possono, se ne vanno altrove.


06 gennaio 2012

Altre disavventure editoriali (seconda parte)

Mea culpa: sono tra i numerosi che credono, o meglio, sono convinti di saper scrivere. Oggi è una colpa, perché rappresentando una maggioranza nella maggioranza, la convinzione individuale tende a diventare discutibile, sospetta, opinabile.
Un tempo erano perlopiù gli eccentrici a scrivere, quelli che potevano permettersi il lusso di “perdere” tempo a inventare buttando giù su carta, a raccontare la propria vita o quella di altri mai esistiti, e lo facevano con una convinzione interiore mai sbandierata, come la più naturale delle professioni, per la necessità di esprimersi attarverso il proprio mezzo ideale.
Oggi, la scrittura come altre forme d’arte seppure in forma minore, è diventata una forma di sfogo a un’incapacità di comunicare che si va facendo cronica tra gli individui trafelati di questo mondo, spesso una forma di riscatto a un vuoto esistenziale o, peggio forse, un modo di rendere pubblica una vita o una fase ritenuta – spesso a torto - interessante da chi scrive. In altre parole, la valanga di pseudo-scrittori che intasano le caselle postali delle case editrici e danno letteralmente da vivere a quelle che pubblicano a pagamento e on-line (mi ci metto anch’io, con rimorso) sono spesso vittime della paura, o dell’ambizione ingiustificata, o dell’illusione.

Come si misura il talento di uno scrittore oggi? Come, se sono quelli che lo giudicano, ormai, a non avere più orecchio per lo Stile (musica, a tutti gli effetti), ad avere un diverso metro che valuta prima di tutto la vendibilità – il tema che va per la maggiore – o che non sono più capaci di investire sulla letteratura non commerciale?
Oltre che in un mondo di poco coraggiosi, il nostro è un mondo che isola, non che unisce: questo è un fatto; le unioni sporadiche sono solo propaganda per far credere il contrario, che va tutto bene. E nel quadrato compatto della nostra solitudine, è oramai un classico che il singolo “si rifugi” nella scrittura come in un interlocutore ideale, un se stesso consenziente e generoso. Essendo il primo a giudicarsi, è logico che uno che scrive, oggi, possa intravedere tracce di un talento potenziale che lo fa sperare in un futuro diverso: non morire anonimo, ingoiato dalla moltitudine.

Questa introduzione, nel mio caso, era necessaria perché da un po’ di tempo ho come la sensazione molesta di dovermi scusare perché anch’io scrivo. Di me posso stilare una rapida auto-analisi che mi giustifica come scrittrice da sempre, e che quanto meno mi solleva dal farlo per incapacità di comunicare con gli altri.
Fin da piccola sono stata tra i fortunati ad avere una famiglia che mi ha continuamente stimolato a scrivere, dopo che avevo dato prova di sensibilità in questo senso. Quindi, è giusto pensare che forse io mi sia illusa, per una falsa ambizione indotta dalla famiglia – un’errata prospettiva dei miei –, sia di avere talento sia che i miei argomenti fossero effettivamente “da leggere”. Comunque, ho provato a pubblicare per anni utilizzando i canali tradizionali: prima attraverso un agente letterario (ma probabilmente con l’opera sbagliata), poi attraverso l’invio agli editori “da sogno” - l’Einaudi di Pavese e della Ginzburg – e via via gradualmente ai minori, poi ai più adatti, infine agli indipendenti che sopravvivono con la testa a un palmo dall’acqua.
Ho collezionato una quantità di cortesi rifiuti, tutti sempre con la stessa formula (“il suo testo non rientra nel nostro programma editoriale”) pur se spesso, devo dire, dietro critiche incoraggianti, almeno sullo stile.
Una volta, niente di meno che Javier Marías, per cui stavo traducendo la prima delle due raccolte di articoli pubblicati da Passigli, ha inviato a Paolo Collo di Einaudi un mio dattiloscritto, facendomi da prezioso intermediario..Purtroppo, di nuovo, si trattava dell’opera sbagliata, ma questo uno lo constata a freddo, poi, e che si può fare a quel punto?





Credo che sia stato in un momento di impazienza, e forse un po’ di depressione, che ho deciso di pubblicare uno dei miei romanzi a pagamento, su ilmiolibro.online....L’indomani, ero ancora più depressa.

Perdipiù, cosa che non avrei dovuto fare, rileggendo per l’ennesima volta il mio romanzo, ho constatato che avrei potuto limarlo meglio (di nuovo, l’impazienza mi aveva spinto a lavorare meno di quel che sarebbe stato necessario).
Così ho cominciato a capire che il mondo della scrittura non era quell’universo colto e stimolante dei tempi dei miei primi miti. Sono uscita pian piano, insomma, dal mondo dei sogni dove per anni avevo covato un futuro che mi sembrava il migliore, oltre che il più originale. Come cambiano i tempi,e i mondi...

Successivamente, mi sono isolata e ho solo scritto, rifuggendo il commento on-line di quei lettori che avevano dato un’occhiata all’anteprima del mio romanzo; non perché avessi paura delle critiche. Era quel mondo in sé, che mi disturbava: una moltitudine infinita di lettori potenziali dalla personalità variabile; con tutto che giravamo tutti dentro il mondo, diciamo così, “evoluto” di chi ama la cultura, i libri, mi trovavo di fronte a individui francamente sospetti per il mio metro di misura. Pseudo-lettori, pseudo-intellettuali, non so. Credo di aver recuperato un resto di snobismo adolescenziale, quando emulavo il mio fratello maggiore.

Dall’isolamento è saltata fuori questa raccolta di racconti che considero la mia migliore produzione finora, e che di nuovo, forse mal consigliata da mia madre che è un’illusa per natura, ho deciso di auto-publicare con quelli di Albatros Il Filo. Altro errore magistrale: si vede che non ho imparato nulla. Sì, un contratto serio e molte promesse. E una volta pubblicato, via! A mollo nell’oceano della letteratura inedita, dove se non ti porta sugli scaffali un editore di nome, nessuno verrà a sapere di te.
Fine della storia: mi restano ancora un centinaio di copie in casa, di quest’opera che continuo a ritenere onesta, e ben scritta. Ho tentato di smuovere le biblioteche della zona dove vivo, e due hanno organizzato due date in cui il libro sarebbe stato presentato. Ma per ragioni diverse (il giorno settimanale, il troppo freddo, le feste a ridosso) purtroppo nessuno si è presentato.

Ora svendo le copie a dieci euro l’una.  Qui di seguito la trama in quarta di copertina....l'ho scritta io, su richiesta dell'editore, il che dice tutto.
"Oltre all'età avanzata e alla realtà rurale che condividono, un aspetto fondamentale accomuna i protagonisti di queste storie: una scorza, come una seconda pelle, che in un certo senso li rende degli eroi sull'orlo della vita, sopravvissuti non solo al tempo e agli eventi, ma a un progresso che li circonda e li minaccia sempre più da vicino. Questa durezza anche fisica, in un mondo che è esso stesso in via d'estinzione - un ambiente selvaggio dove la solitudine è spesso una scelta e non uno stato - se da un lato li facilita per allontanarsi dal mondo "civile", dall'altro li mette di fronte alla necessità di venire a patti con gli "invasori": constatandone l'estraneità o il diverso ritmo, osservandoli da lontano o scontrandosi con essi, in una lotta che è sempre e comunque vana, essendo loro quelli destinati a scomparire per primi, non tanto per l'età, quanto per la provenienza da un mondo "antico", ormai quasi inconcepibile".