STORIE DAL MIO GARAGE

Cronache (vere, o ispirate dal vizio di scrivere) di una motociclista italiana emigrata dove i locali, se possono, se ne vanno altrove.


25 aprile 2017

IN MEMORIA

La notizia che ieri a 88 anni è morto l'autore di "Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta" mi spinge a dedicare qualche pensiero ad un tema spinoso come è quello dei motociclisti filosofi.... Mi è sempre andata male quando, negli anni passati, ho voluto comunicare ad altri motociclisti come me la passione per questo libro: sono stata attaccata, presa in giro, messa in ridicolo e infine, liquidata, da persone che ritenevano il mio approccio al libro in questione, tipico della gente arrogante, intellettualoide e che si crede d'essere chissà chi. Ero motociclista: cosa altro pretendevo di dimostrare a parte il mio saper stare in equilibrio? A parte il mio saper "scorrere" sulla strada, da chi pretendevo di voler essere seguita? Che mi limitassi a guidare!

Il libro di Pirsig è stato per la maggior parte di chi lo ha letto, almeno in Italia, una gran delusione. Dal titolo (sorvolando sullo "Zen": tre lettere che, volendo, possono anche essere trascurate da chi non ha particolare affinità o simpatia con le filosofie orientali) i più si aspettavano un solido romanzo sull'amore che lega un essere umano ad una macchina con due ruote e un motore. Sbagliato. Dopo le prime dieci pagine è chiaro, anzi chiarissimo, che non siamo davanti ad un libro SULLA MOTOCICLETTA, su quanto è bello andare in moto o su quanta soddisfazione si tragga dal fare manutenzione alla propria moto...Pirsig parla a lungo anche di questo, sulle insidie nascoste nei libretti d'istruzione e nei manuali di manutenzione in genere, ma lo fa prendendo questo spunto per parlare anche d'altro: di filosofia, di sé, della vita e della morte, della follia, della Qualità...il tutto durante un coast to coast negli USA con un figlio di nove anni al seguito. Le descrizioni del viaggio - svelti e intensi paragrafi che parlano di cambi di rotta su strade secondarie, di bufere improvvise, camping improvvisati eccetera - in certi punti sono una vera e propria pausa rilassante dalla difficoltà di lettura del resto del libro, e a volte uno non vede l'ora che venga la successiva.
Già, perché il romanzo di Pirsig è bello complicato: è un libro su cui c'è da rompersi la testa. È anche  inquietante, soprattutto quando salta fuori l'ombra del protagonista che si scopre essere il suo passato di malato di mente che torna, a ondate, a insidiare la (relativa) normalità del presente, spingendolo a rimettere tutto in discussione, viaggio compreso.
E tanti motociclisti "poco abituati a leggere", tanto per usare un'espressione blanda, che non susciti nuove polemiche in questo nuovo mondo di permalosi, dopo quelle fatidiche 10 pagine lo hanno mollato e tanti saluti, conservando il ricordo di un'emerita fregatura.
Ora...dovremmo metterci in causa noi tutti, i motociclisti filosofi voglio dire, intellettuali o pseudo-intellettuali che, a suo tempo, lo abbiamo sbandierato come IL libro per chi si riteneva un VERO motociclista...perché anche noi eravamo lontani dall'averlo capito del tutto, e ancora lo siamo. Potevamo avere ammesso con gli altri che, sì, in effetti non era proprio un libro semplicissimo, e che in certi momenti la lettura ci era costata uno sforzo notevole. Io, da parte mia, confesso di avere a suo tempo persino saltato qualche pagina la prima volta, tanto il significato in quel punto mi era ignoto, e la lettura frustrante.... C'è da dire però, che quel che difendevamo allora era semplicemente la percezione di aver avuto tra le mani un libro differente, che per la prima volta suggeriva la possibilità che la vita potesse essere compresa ANCHE ATTRAVERSO la moto; o l'illusione di aver capito qualcosa di unico che Pirsig aveva deciso di trasmettere a noi MA ANCHE a chi di moto non se ne intendeva per nulla e magari non ne avrebbe mai guidato una: un modo di guardare la vita, forse; un modo d'essere nella vita, forse...un modo meno superficiale, più consapevole, più più più..."pensato".
E comunque: forse che abbiamo trovato qualche umile collega che, prima, dopo o durante un giro in moto ci ha chiesto: "Spiegami meglio. Cosa vuoi dire? Cosa credi che abbia voluto dire, il professore?" (Pirsig era professore; un'occupazione in genere non amata dai motociclisti ex-ultimi della classe). No, almeno io non ho mai incontrato un motociclista anche solo minimamente curioso di scandagliare un po' più le difficoltà oggettive di lettura di questo romanzo.
E in effetti , QUESTA è stata anche la fregatura, secondo me. Perché chissà, in due magari ce l'avremmo fatta a capire, e dopo saremmo andati avanti appaiati, senza più smettere d'imparare l'uno dall'altro...Utopie. Ma lasciamo perdere.
Oggi, io sento di dovergli tantissimo, a Robert Pirsig, 88enne morto nel Maine come un quasi sconosciuto...Non solo il libro in sé, gelosamente custodito tra i  libri di e sulla moto, romanzi, saggi, biografie...ma tutto un modo d'essere che, ripeto, ritengo di aver solo lontanamente percepito dalle sue riflessioni di allora.
...Come per esempio la scelta ostinata di muoversi sulle strade secondarie, nel suo caso, alla scoperta dell'America. Io potrei dire oggi "alla scoperta dell'Asturia"...È SEMPRE meglio muoversi sulle secondarie, perché lì sta la vita vera, gli imprevisti e gli incontri più autentici; perché dove nessuno sceglie di andare se non per sbaglio, la strada è sgombra tanto per guidare come per pensare. Grazie, Pirsig.
...O come anche l'importanza degli attrezzi con cui procedere ad una riparazione o correzione o messa a punto del proprio mezzo. E parlo, sottolineo, da quasi ignorante in materia. Rispetto il principio però: che gli attrezzi sono l'unica cosa di cui disponiamo PER RAGIONARE. Fanculo al libretto d'istruzioni, quello è fatto per non capire. No: ho degli attrezzi a disposizione, penso e agisco...Magari passo due ore IN CONTEMPLAZIONE, MEDITANDO...guardando la moto finché le risposte iniziano ad arrivare. E qui sta lo Zen; quelle tre letterine tanto trascurate, che per Pirsig avevano importanza dopo aver studiato la filosofia indu e vissuto in Oriente...Ho risolto più paragrafi io finora dei miei libri, restando a meditare di fronte ad una spiaggia asturiana, lavorando dentro di me, che un meccanico vero nella sua officina! Lavorare mentalmente, autonomamente, coi propri strumenti a disposizione, è la chiave per risolvere qualunque guasto. Ma dirò di più: a volte semplicemente l'atto di stare a guardare la mia moto da vicino mi è servito a capire meglio me stessa.
E poi c'è la Qualità....le sue parole: che tutti sanno cos'è e quindi nessuno lo sa. Cioè, che tutti credono di sapere il significato della parola "qualità" ma in realtà non è con il significato che si impara a vivere..La Qualità va cercata, costantemente. A volte ci sfugge, altre la intravediamo ma non possiamo raggiungerla. Altre ancora ci imbattiamo in essa, e di botto ci viene la voglia di mandare tutto il resto a quel paese pur di perseguirla, pur di farne lo scopo della nostra vita.
Ci vogliono anni per prendere il ritmo, e poi si va avanti così: alla ricerca costante della Qualità con la Q maiuscola. Mi chiedo se lui l'abbia raggiunta, alla fine...prima di precipitare nei problemi di salute inevitabili con la vecchiaia, e che alla fine hanno avuto la meglio. Anche se l'importante, in fondo, credo sia raggiungere delle "vette" di qualità; singoli momenti irripetibili che sommati gli uni agli altri nei casi migliori arrivano a ricostruire una vita all'insegna della Qualità. Ecco. Un momento per me, è stato la lettura di questo libro unico: l'incontro con il primo motociclista filosofo della mia vita che, da lì, mi ha sgombrato la strada, e spinto a procedere dando gas. Di testa, anche.