STORIE DAL MIO GARAGE

Cronache (vere, o ispirate dal vizio di scrivere) di una motociclista italiana emigrata dove i locali, se possono, se ne vanno altrove.


08 luglio 2012

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…Quanto tempo è passato?

Non un’esclamazione, ma una domanda, che normalmente, nel mio caso almeno, apre una pagina di seghe mentali. Del resto, quando ci vuole ci vuole.
On Any Sunday, 1970.
Quanto tempo è passato da quando mi si stampò nella mente, per sempre,  l’immagine di quell’amica di mio fratello, Antonella, mentre scuoteva la testa, sorridente, in sella alla sua piccola enduro, a Castagno d’Andrea, mentre una signora che passava di lì le chiedeva “Ma non hai paura?”. Pensai  solo “un giorno anch’io”, ma confesso che allora, forse, era soltanto perché mi inorgogliva l’idea di poter negare con lo stesso sorriso, a un estraneo, di avere paura.
Successe più o meno lo stesso quando vidi un’amica di una mia amica, a Castiglioncello, più o meno nello stesso periodo, mentre inforcava la sua due tempi da corsa. Provai un brivido, anche se la voce di quella moto, sentivo che non m’apparteneva, che non era quella che io avrei scelto per me. Già, ma quando? Quanto tempo è passato da allora?
On Any Sunday, 1970.
E quanto, esattamente, da quando il mio primo fidanzato mi propose di riconvertire la piccola eredità di mio nonno, un milione di di lire, in una Yamaha SR250, una moto facile con cui iniziare? E qui in parte sto mentendo, perché lo so bene che era il 1991, eppure centrarsi sulle date, a un certo punto, non serve più a stabilire le distanze. E questo fatto mi sembra ancora più remoto, se ci penso bene, forse perché quel mio fidanzato è morto tre anni fa, e i suoi 49 anni resteranno 49, e tra 7 io che ero più giovane di lui di 10 anni lo supererò, e sarò più vecchia di lui. Con un po’ di fortuna, morirò più vecchia e vivrò cose che lui ha potuto solo immaginarsi...Sì, i numeri mi hanno sempre confusa, bisogna dire anche questo.
Non racconterei nemmeno qui sul blog che oggi compio 42 anni se non fosse stata la rete a farmi sentire come non avrei mai voluto. 
Una volta ho scritto un articolo per Motociclismo Clásico, in Spagna,  su On Any Sunday. E mi venne spontaneo iniziarlo celebrando il fatto che il film risale all’anno in cui sono nata, e che anche solo per questo, io ritenevo di avere qualcosa di valido nel mio curriculum, già in partenza.... Nel 1970, Steve McQueen, con Malcom  Smith e l’altro pilota amico di cui ora non ricordo il nome, sono protagonisti di un’indimenticabile sequenza finale (in un film-documentario capolavoro) in cui giocano a rincorrersi tra le dune, sulle loro moto. Uno schiaffo al tempo, innanzitutto, alla morte. Un’omaggio a una giovinezza imperitura, a quella parte bambina che ci mantiene vivi, che mantiene vivi anche quelli che se ne sono andati, o che se ne andranno dopo aver vissuto con intensità. 
On Any Sunday, 1970
Beh, forse quella frase d'attacco, nel mio articolo, fu un po' egocentrica malgrado l'ironia...eppure ricordo che ero sicurissima di dover segnalare quella coincidenza fortuita, che era anche l'unica cosa che mi rendeva orgogoliosa del mio anno di nascita.

Ma per tornare al fatto: tre persone, oggi, mi hanno fatto gli auguri senza avermeli mai fatti prima, non perché non volessero, ma perché non sapevano. Come io non sapevo: che facebook segnala il compleanno dei suoi iscritti a chi figura nel proprio indirizzario, o come si chiama. Ma chi glielo ha chiesto?
Non sarebbe nemmeno una cosa da raccontare, se per l’appunto questi auguri non mi fossero arrivati prima di quelli delle persone (non me ne vogliano, gli altri..) che amo di più, per le ragioni più varie: impegni domenicali, frenesia, o problematiche più personali, che oggi mi fanno restare in attesa. 

Comunque, per me  è stata dura. Mi è rimbalzato più evidente che mai il fatto che questi nuovi sistemi nascono, tra gli altri motivi, per allontanare lo spauracchio della solitudine, il rischio di non sentirsi almeno un po’ importanti per qualcuno (illusione..). Purtroppo, e  non è colpa di queste persone tanto solerti ovviamente, io mi sono sentita più sola che mai.
E ho pensato al passato, perché di solito mi riconcilio con il tempo così, provando a me stessa che ho vissuto, e che malgrado i sacrifici e le fatiche attuali (meno moto, anche..) STO VIVENDO (cogli l’attimo, perché potrebbe non esserci il successivo).
La colpa, ho pensato, in fin dei conti è degli strumenti che via via abbiamo a disposizione. Il bianco e nero  dei vecchi film, per esempio, ne stabilisce un’età che solo apparentemente sembra rimontare a un sacco di tempo “prima” di quello effettivo. Stessa cosa per le foto: quanto più è vecchia la macchina, tanto più i soggetti dei dagherrotipi e poi delle “vecchie” foto di famiglia scavalcano le date e fanno pensare “quanto tempo è passato!” (esclamazione..non domanda).  Eppure, quelle persone che agivano nei primi film muti della storia, e anche dopo, i protagonisti dei film più amati in bianco e nero, non dovevano soffrire dubbi, fatiche e inquietudini tanto diverse dalle nostre, e questa è retorica. Comunque, i loro sentimenti non dovevano essere come il bianco e nero che li ha mascherati via via, da gente di un altro tempo, più seria (?), meno pazza o stupida (?), più inconsapevole, e questa forse è l’unica realtà, di quel che avrebbe combinato il progresso di lì a qualche anno.
 Ah! Per fortuna, almeno i miei genitori hanno battuto sul tempo i “facebookisti”, questa mattina. Mia madre perché è venuta a trovarmi da qualche giorno, e stamattina all’alba è uscita a raccogliere delle margherite per me. Mio padre perché ci ha raggiunti col fresco, già alle sette e mezzo, portando pasticcini per colazione. E quando mi hanno vista, senza troppi romanticismi ma un po’ per ridere, hanno rievocato la giornata per loro indimenticabile della mia nascita, come se fosse ieri. E la vecchiaia per un attimo gli è scivolata via di dosso. Gli anni sono sembrati uno scherzo.
Già, ma quanto tempo è passato?
Conservo in bella vista, nel mio soggiorno, una minuscola fotografia  di quando erano sposati da poco: mio padre ha gli sci ai piedi, mio fratello di forse 4 anni è sullo slittino accanto a loro, e sempre mio padre ” fa le corna” dietro la testa di mia madre mentre lei sorride, ignara. Il momento, l’atteggiamento, è prepotentemente attuale, ma la mancanza del colore invecchia inevitabilmente l’attimo. Quelle corna sono il dettaglio di una giovinezza e di un entusiasmo che travalicando “la tecnica” comunicano che il tempo, in fondo, è un mistero.


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