STORIE DAL MIO GARAGE

Cronache (vere, o ispirate dal vizio di scrivere) di una motociclista italiana emigrata dove i locali, se possono, se ne vanno altrove.


18 marzo 2013

Verso la giusta via?




Non ho paura di dire la mia sul nuovo Papa, da atea convinta, specie da quando ho saputo che il papa precedente sosteneva che proprio gli atei dimostrano spesso una spiritualità più autentica dei praticanti che si credono giustificati dalla propria fede dichiarata.
sposarsi sul sidecar..perché no?
Non posso negare che la prima vista di questo Francesco, e l’ascolto delle sue prime parole, mi ha rimandato spontaneamente al ricordo che conservo con affetto dentro di me, di un frate francescano che quando lavoravo in città incrociavo spesso in moto...io sulla mia Yamaha SR e lui sulla sua vecchia Guzzi (una V50, se non ricordo male). Guidava col saio addosso e i sandali, e al massimo metteva una giacca a vento azzurra sul saio, se proprio il tempo era di merda. Peccato che un vecchio integrale in testa mi abbia sempre impedito di vederlo in faccia. Ma era senza dubbio un essere “eccezionale” cioè:  faceva eccezione, non solo tra i frati, ma tra gli uomini. Un’immagine perfetta: con una moto dall’aspetto vissuto come un vecchio cane fedele, non dava l’idea di possedere un bene materiale inacettabile, ma solo uno strumento che evidentemente gli era comodo per le sue peregrinazioni in una società moderna e caotica. Pensandoci meglio, l’atteggiamento da outsider del nuovo Francesco mi ha ricordato anche quell’indimenticabile scena di uno dei primi film comici di Buster Keaton, The scarecrow, dove due fidanzati in fuga su un sidecar imbarcano casualmente un prete e lo incaricano di sposarli proprio mentre scappano: Buster, tenendo coi piedi il manubrio della Harley, svita un dado dal serbatoio e lo infila al dito della sposa nel carrozzino per sigillare l’atto, dopodiché finiscono a mollo dentro un fiume, senza che il prete faccia una piega, finendo di officiare la cerimonia in piedi, tra la moto e il carrozzino: degno, amorale, paziente, amabile.

Con questo, non che mi faccia troppe illusioni, ma nutro umanamente fiducia che quest’omino semplice possa mantenersi incorrotto, e risultare davvero un punto di svolta. Forse perché quel che è sempre apparsa immutabile come la mafia e la camorra, in Italia, incancrenita nei propri costumi ambigui, è la Chiesa, e la possibilità che si sia potuto insinuare qualcuno in grado di far tremare le fondamenta, è qualcosa che mi riempie di eccitazione.

Un gran modello di efficienza, poi, questa Chiesaccia: mentre grillini, vespe e calabroni si azzuffano nei loro ambienti e non riescono a venire a un accordo, vescovi e cardinali risolvono la questione in un lampo, e abbiamo prima il papa nuovo che un parlamento accettabile, in grado di tirarci su dal fango. Questo mi ricorda più una scena alla Peppone e Don Camillo, dal momento che i cattolici infestano l’ambiente politico, e i peggiori di loro hanno nel DNA proprio l’istinto di battibeccare con quelli di sinistra, ovvero: non di difendere i deboli, o i poveri, ma la Chiesa e il suo potere. Ricordo che da bambina ridevamo, mio padre e io, guardando gli episodi di Don Camillo e Peppone: in fondo erano due buoni diavoli entrambi, eppure, visti più da lontano, oggi, erano il più efficace ritratto di un paese tendenzialmente “al maschile”, votato all’infantilismo, all’individualismo, alla zuffa.
la moto di Peppone, rifatta dall'amico C. Frontalini
Naturalmente non posso dire di essermi fatta una cultura sul nuovo Papa, rivedendo sul web il suo intervento e le interviste, quanto ne dicono in Italia e in Spagna. Il linguaggio clericale mi annoia terribilmente, mi asfissia come il puzzo d’incenso nelle chiese. Ma mi sono fidata dell’istinto che me lo ha fatto trovare simpatico. Come quel frate motociclista, che farà sempre parte dei miei ricordi migliori di quando ero una giovane osservatrice  appassionata, impaziente, e non avevo ancora fatto crollare, in me, certi miti infantili che mi oscuravano il cammino per la giusta via...verso la transigenza, la tolleranza e l’autoironia. La via della rivoluzione, almeno nel mio caso (e che rivoluzione sia, quando non c'è alternativa).

Infine: sembra che cattolici e NON cattolici abbiano affollato la piazza per non perdersi “un avvenimento storico”, per sentirsi parte della Storia, ed è curiosa questa necessità, di assistere all’ascesa di un altro...anziché curarsi costantemente della propria ascesa, intesa come maturazione intellettuale. Come possiamo lamentarci dell’assenza protratta di un governo diverso, se noi stessi dimostriamo di non aver bisogno d’altro che di pecorai, che sappiano guidare il branco?

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