STORIE DAL MIO GARAGE

Cronache (vere, o ispirate dal vizio di scrivere) di una motociclista italiana emigrata dove i locali, se possono, se ne vanno altrove.


19 agosto 2012

To be...or not to be?



Premetto: questo è un discorso che avrei tanto voluto fare a voce, a mio fratello. Purtroppo - e mio malgrado - in questo momento ci separano anni luce di distanza, e quindi niente. Tuttavia, credo che il tema, o la scusa, possa essere di un certo interesse per motociclisti e non, e questo è il motivo per cui ne scrivo.
Anni di scrittura mi hanno fatto prestare sempre più viva attenzione alle parole. È importante come si usano le parole, in che circostanza e per quale scopo. Se non altro per non rischiare il fraintendimento.
Ora: l’altra mattina ho fatto la solita scappata sul Passo del Muraglione con la mia GS: nessuno in strada, aria fresca che snebbia la mente, senso di conquista della cima dopo una sfilza di belle curve (troppo belle per farle solo una volta ogni tanto..ma crescerà pure, ‘sta bambina mia..). Insomma: un buon quarto d’ora in salita, e un altrettanto buon quarto d’ora in discesa, un bel modo di iniziare la giornata.
Sono entrata nel bar solo per vedere l’ora: c’è una bella parete di foto con dedica a Giovanni da parte di motociclisti e piloti, e ho riconosciuto subito il logo e la mano di mio fratello nel piccolo manifesto di Curve & Tornanti (scuola federale di guida sicura su strada e fuoristrada, www.curveetornanti.it ) in cui si invitano gli interessati alla “EXIBITION” che si terrà proprio sul passo il 15-16 settembre prossimi.
...Exibition?
Theresa Wallace, istruttrice...
 Sì, mi pare di ricordare che ce ne siano state altre, gli anni passati, per ricominciare, diciamo così, l’”anno accademico” dei corsisti che si iscrivono alle lezioni di teoria e pratica su strada per imparare a guidare bene le loro moto. Ma perché questo termine? Nel migliore dei casi, e sottilineo, il migliore, immagino che si preveda qualche buon numero di trial o di fuoristrada forse, su un fetucciato improvvisato proprio lì, o nei dintorni; qualche spettacolo di bella guida, insomma, fatto dagli stessi professionisti che poi danno il meglio di sé come istruttori. Eppure, più ci penso e più dubito che si tratti solo di questo.
In stretto gergo motociclistico, qualsiasi “esibizione”, solitamente al’interno di fiere e circuiti, è prima di tutto quella di tette e culi di qualche bella ragazzotta, per attirare la marmaglia sotto il denominatore comune di “moto e donne” come strumenti dominabili. Sempre la solita pappa.
Se la mia è prevenzione, come si suol dire, “peste mi colga”...va detto però che, in tal caso, la colpa principale è da attribuire all’uso della parola incriminata, “exhibition”. Profondamente contraddittoria con le intenzioni assolutamente “nobili” di qualcuno che intende offrire i propri insegnamenti e la propria esperienza al dilettante (o all’umile, che si mette a disposizione per questo). Un istruttore motivato non ha alcun bisogno di ESIBIRSI, quanto semmai di “mostrare” e di  “trasmettere” quello che sa (e che, tra parentesi, ha anche lui imparato da qualcuno). In tutta umiltà, lui stesso..perché mica è nato con la scienza infusa!
Dico questo perché conosco i miei polli. E so che, nonostante la qualità indubbia di questi corsi e la bontà delle intenzioni iniziali, quella di certi motociclisti è innanzitutto una parata; l’esibizione, senza mezzi termini, del proprio presupposto (o reale) talento. Una caratteristica, senza dire un difetto per forza, prettamente maschile in quest’ambiente: goliardico dai tempi dei tempi, pieno di esempi di temerarietà e di vero coraggio, di quell’atmosfera “da pacca sulla spalla”, che se da un lato sembra solo ammirazione per il compagno, rispecchiamento del proprio essere “un vero maschio”, dall’altro svela una neanche troppo nascosta inclinazione omosessuale. Con questo: anche le donne hanno le loro patologie, in questo senso.
Ma la cosa peggiore è che se la vocazione primaria dell’insegnante/istruttore è la propria esibizione, la “missione” di istruire (che altro non è, l’insegnamento di qualsiasi disciplina, vista la responsabilità che comporta) è inevitabilmente sporca di protagonismo, e scarsa di rispetto per l’individuo, che appare in partenza un inferiore,  un inetto, schiacciato dal peso della propria ignoranza o goffaggine.
La passione diventa lavoro, e il lavoro diventa presto una frustrazione così, perché fatto in compagnia di individui (gli “studenti”) di cui, in sostanza, importa poco. Basta che paghino a fine corso, no? Che appaiano un po’ innamorati del carisma degli insegnanti (l’esibizione senza applauso  viene presto a noia!!), quanto basta magari per iscriversi una seconda volta; e che alla fine, incorrano in meno incidenti che in passato. E il gioco è fatto.
...perché non "raduno"? - Foto Tommaso Pini
Se ancora non si è capito, la vista di questa parola, “Exibition” mi ha fatto montare i nervi. È che  in sé non mi piace, estrapolata dal suo contesto teatrale, e soprattutto in quest’ambito. E poi perché in inglese?? Ci si sta riferendo, per caso, a un pubblico di smanettoni britannici?? O c’è bisogno di una prova di pronuncia per essere ammessi, all’ingresso?
Non era meglio, più semplicemente , qualcosa come “Festa”,  “Evento” o “Raduno”, quest’ultimo, tra l’altro, sempre dolcemente rievocativo quando si parla di due ruote con un po’ d’anima?
Vorrei sorvolare, infine, sulla presenza delle donne in tanga, visto che la mia è solo un’ipotesi, e magari mi sbaglio. Ma una cosa vorrei dirla. Chi spaccia la propria professione per “nobile”, dovrebbe sfidare il mercato, e avere il coraggio di  non andar dietro allo stile della maggioranza. In tutte le manifestazioni motociclistiche attuali ci sono le hostess in succinti costumini o con l’ombrellino e i tacchi a spillo, non sono certo nata ieri. Il fatto è che, in fin dei conti, si dà il presupposto che ci si stia rivolgendo a una massa di bufali...Ma allora....con che coraggio poi, in questo caso, si pretende che abbassino le orecchie  e vengano buoni buoni ad imparare a guidare? Non sarebbe più coerente esporre un diverso criterio, un approccio originale e un po’ più elegante al percorso che vuole arrivare a una guida pulita? Personalmente non vedo nessun rispetto qui, né per questi “studenti” potenziali, che non dovrebbero aver bisogno di esche simili, trite e ritrite, né per le donne in generale, sì: il mondo italiano della moto (eccetto pochissimi illuminati) di fatto “ammette”, o “tollera” la presenza di donne motocicliste (l’ho già scritto: insegnare loro, in questo senso, è un’altra forma di sottomissione, nient’altro).  E di questa arroganza ne ho piene le scatole.
Perché poi la realtà è questa: che il rispetto verso di noi è di fatto minore di quello che questi uomini attribuiscono alle proprie moto.

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