Premetto: questo
è un discorso che avrei tanto voluto fare a voce, a mio fratello. Purtroppo -
e mio malgrado - in questo momento ci separano anni luce di distanza, e quindi
niente. Tuttavia, credo che il tema, o la scusa, possa essere di un certo interesse
per motociclisti e non, e questo è il motivo per cui ne scrivo.
Anni di scrittura
mi hanno fatto prestare sempre più viva attenzione alle parole. È importante
come si usano le parole, in che circostanza e per quale scopo. Se non altro per
non rischiare il fraintendimento.
Ora: l’altra
mattina ho fatto la solita scappata sul Passo del Muraglione con la mia GS:
nessuno in strada, aria fresca che snebbia la mente, senso di conquista della
cima dopo una sfilza di belle curve (troppo belle per farle solo una volta ogni
tanto..ma crescerà pure, ‘sta bambina mia..). Insomma: un buon quarto d’ora in
salita, e un altrettanto buon quarto d’ora in discesa, un bel modo di iniziare
la giornata.
Sono entrata nel
bar solo per vedere l’ora: c’è una bella parete di foto con dedica a Giovanni da
parte di motociclisti e piloti, e ho riconosciuto subito il logo e la mano di
mio fratello nel piccolo manifesto di Curve & Tornanti (scuola federale di
guida sicura su strada e fuoristrada, www.curveetornanti.it ) in cui si invitano gli interessati alla “EXIBITION” che si terrà proprio
sul passo il 15-16 settembre prossimi.
...Exibition?
![]() |
Theresa Wallace, istruttrice... |
Sì, mi pare di ricordare che ce ne siano state
altre, gli anni passati, per ricominciare, diciamo così, l’”anno accademico”
dei corsisti che si iscrivono alle lezioni di teoria e pratica su strada per
imparare a guidare bene le loro moto. Ma perché questo termine? Nel migliore dei
casi, e sottilineo, il migliore, immagino che si preveda qualche buon numero di
trial o di fuoristrada forse, su un fetucciato improvvisato proprio lì, o nei
dintorni; qualche spettacolo di bella guida, insomma, fatto dagli stessi
professionisti che poi danno il meglio di sé come istruttori. Eppure, più ci
penso e più dubito che si tratti solo di questo.
In stretto gergo
motociclistico, qualsiasi “esibizione”, solitamente al’interno di fiere e
circuiti, è prima di tutto quella di tette e culi di qualche bella ragazzotta,
per attirare la marmaglia sotto il denominatore comune di “moto e donne” come
strumenti dominabili. Sempre la solita pappa.
Se la mia è
prevenzione, come si suol dire, “peste mi colga”...va detto però che, in tal
caso, la colpa principale è da attribuire all’uso della parola incriminata,
“exhibition”. Profondamente contraddittoria con le intenzioni assolutamente
“nobili” di qualcuno che intende offrire i propri insegnamenti e la propria
esperienza al dilettante (o all’umile, che si mette a disposizione per questo).
Un istruttore motivato non ha alcun bisogno di ESIBIRSI, quanto semmai di
“mostrare” e di “trasmettere” quello che
sa (e che, tra parentesi, ha anche lui imparato da qualcuno). In tutta umiltà,
lui stesso..perché mica è nato con la scienza infusa!
Dico questo
perché conosco i miei polli. E so che, nonostante la qualità indubbia di questi
corsi e la bontà delle intenzioni iniziali, quella di certi motociclisti è
innanzitutto una parata; l’esibizione, senza mezzi termini, del proprio
presupposto (o reale) talento. Una caratteristica, senza dire un difetto per
forza, prettamente maschile in quest’ambiente: goliardico dai tempi dei tempi, pieno
di esempi di temerarietà e di vero coraggio, di quell’atmosfera “da pacca sulla
spalla”, che se da un lato sembra solo ammirazione per il compagno, rispecchiamento
del proprio essere “un vero maschio”, dall’altro svela una neanche troppo
nascosta inclinazione omosessuale. Con questo: anche le donne hanno le loro
patologie, in questo senso.
Ma la cosa
peggiore è che se la vocazione primaria dell’insegnante/istruttore è la propria
esibizione, la “missione” di istruire (che altro non è, l’insegnamento di
qualsiasi disciplina, vista la responsabilità che comporta) è inevitabilmente
sporca di protagonismo, e scarsa di rispetto per l’individuo, che appare in
partenza un inferiore, un inetto, schiacciato
dal peso della propria ignoranza o goffaggine.
La passione
diventa lavoro, e il lavoro diventa presto una frustrazione così, perché fatto
in compagnia di individui (gli “studenti”) di cui, in sostanza, importa poco.
Basta che paghino a fine corso, no? Che appaiano un po’ innamorati del carisma
degli insegnanti (l’esibizione senza applauso
viene presto a noia!!), quanto basta magari per iscriversi una seconda
volta; e che alla fine, incorrano in meno incidenti che in passato. E il gioco
è fatto.
...perché non "raduno"? - Foto Tommaso Pini |
Se ancora non si
è capito, la vista di questa parola, “Exibition” mi ha fatto montare i nervi. È
che in sé non mi piace, estrapolata dal
suo contesto teatrale, e soprattutto in quest’ambito. E poi perché in inglese??
Ci si sta riferendo, per caso, a un pubblico di smanettoni britannici?? O c’è
bisogno di una prova di pronuncia per essere ammessi, all’ingresso?
Non era meglio,
più semplicemente , qualcosa come “Festa”,
“Evento” o “Raduno”, quest’ultimo, tra l’altro, sempre dolcemente
rievocativo quando si parla di due ruote con un po’ d’anima?
Vorrei sorvolare,
infine, sulla presenza delle donne in tanga, visto che la mia è solo
un’ipotesi, e magari mi sbaglio. Ma una cosa vorrei dirla. Chi spaccia la
propria professione per “nobile”, dovrebbe sfidare il mercato, e avere il coraggio
di non andar dietro allo stile della
maggioranza. In tutte le manifestazioni motociclistiche attuali ci sono le
hostess in succinti costumini o con l’ombrellino e i tacchi a spillo, non sono
certo nata ieri. Il fatto è che, in fin dei conti, si dà il presupposto che ci
si stia rivolgendo a una massa di bufali...Ma allora....con che coraggio poi,
in questo caso, si pretende che abbassino le orecchie e vengano buoni buoni ad imparare a guidare? Non
sarebbe più coerente esporre un diverso criterio, un approccio originale e un
po’ più elegante al percorso che vuole arrivare a una guida pulita?
Personalmente non vedo nessun rispetto qui, né per questi “studenti” potenziali,
che non dovrebbero aver bisogno di esche simili, trite e ritrite, né per le
donne in generale, sì: il mondo italiano della moto (eccetto pochissimi
illuminati) di fatto “ammette”, o “tollera” la presenza di donne motocicliste
(l’ho già scritto: insegnare loro, in questo senso, è un’altra forma di sottomissione,
nient’altro). E di questa arroganza ne
ho piene le scatole.
Perché poi la
realtà è questa: che il rispetto verso di noi è di fatto minore di quello che questi
uomini attribuiscono alle proprie moto.
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